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Palestina Intervista all'artista Yasmine Aljarb: «Vedi questo quadro? È un cielo di girandole rosse. Le persone mi dicevano: che bei fiori. Non sono fiori, sono bombe. Io dipingo la mia esperienza»

L'artista palestinese Yasmine Al-Jarb foto Alessandro Levati L'artista palestinese Yasmine Al-Jarb – Alessandro Levati

Giovedì pomeriggio nella sede di Micro, associazione di più gallerie indipendenti, nel quartiere Prati di Roma abbiamo incontrato l’artista palestinese di Gaza Yasmine Aljarb, durante la sua esibizione con dipinti e video dalla Striscia, iniziativa voluta dalla fondatrice di Micro, Paola Valori, come «racconto visivo di quello che è la situazione del suo paese».

La sua famiglia è a Gaza? Sta bene?

La mia famiglia sta bene. Nei primi mesi di guerra, quando hanno attaccato il mio campo profughi, hanno chiesto a tutti di abbandonarlo e di andare verso Rafah. La nostra casa è stata in parte distrutta. La mia famiglia ha iniziato a spostarsi lungo la Striscia per scappare ai bombardamenti. Poi sono tornati nella nostra casa danneggiata, molte famiglie si sono appoggiate a noi per cercare rifugio. Mio fratello ha mancato un bombardamento di qualche minuto ma una scheggia di metallo gli è entrata nella spalla. Non ci sono ospedali e non ha potuto toglierla.

Come ha vissuto questa guerra dall’Italia?

Sono arrivata a Milano grazie a una borsa di studio alla Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti. Quando c’è stato l’attacco palestinese in Israele i miei sentimenti erano contrastanti. Da una parte ero sbalordita, non capivo come avessero fatto. Dall’altra ero molto preoccupata: non sapevo cosa avrebbe comportato per Gaza, e lì c’è la mia famiglia. Mi chiedevo «cosa ci faccio qui? Devo tornare in Palestina». So cosa vuol dire la guerra, l’ho provata sulla mia pelle. In quel momento volevo stare nel mio paese anche con la guerra, non sentirmi una fuggitiva. Sono 15 mesi che penso costantemente alla mia famiglia, stare con loro mi renderebbe felice, riuscirei a ridere anche sotto le bombe. Mi dev concentrare sulla mia educazione, ma quello che Israele sta facendo è inaccettabile. Non è come le guerre precedenti, stanno distruggendo tutto, bombardano le case con le persone dentro, civili, donne, bambini: non è una guerra è una pulizia etnica, è un genocidio.

Qual è la sua sensazione sul modo in cui questo genocidio è visto fuori dalla Palestina?

All’inizio tutti mi chiedevano perché Hamas avesse compiuto l’attacco. Ma si è capito subito che gli obiettivi di Israele non erano i guerriglieri di Hamas ma tutti i palestinesi di Gaza. Le persone manifestano in sostegno della Palestina, sono iniziate raccolte fondi per aiutare ed è una cosa buona, ma soldi e solidarietà non fermeranno questo genocidio. Ci sono tanti che ci supportano, ma hanno le loro vite, non le vogliono fermare. Le nostre vite invece sono ferme, siamo soli.

Che potere ha l’arte?

Quando ho iniziato a dipingere, volevo rappresentare la Palestina che è nel mio cuore. Non ho avuto una vita normale abitando a Gaza, ho iniziato a dipingere quello che provavo. Quando sono venuta in Italia molti galleristi si sono rifiutati di farmi esporre, dicevano che la mia arte è troppo politica. Allora ho messo nei quadri quello che piace agli occidentali ma ho mantenuto il mio messaggio. Prendi questo quadro (ci mostra una tela con una tenda e il cielo pieno di girandole rosse e arancioni). Le persone dicevano: che bei fiori. Ma non sono fiori, sono bombe. Come artista non voglio imporre la mia visione, lo spettatore deve leggere l’opera secondo il suo personale background.

Pensa che la sua arte sia politica?

Sono nata in un paese che è sotto assedio, siamo cresciuti in un contesto dove la politica è la base. Non ci sono differenze tra la vita sociale e quella politica. Io dipingo la mia esperienza per quello che è: politica. Ho dipinto quello che vedete anche per non dimenticare quella violenza cieca.

Pensa che il cessate il fuoco funzionerà?

Non so esattamente quali sono i termini ma appena ho sentito di un possibile cessate il fuoco, ho pensato che stavolta avrebbe funzionato. So anche che fino a domenica, quando dovrebbe entrare in vigore, uccideranno più palestinesi possibile. È successo in tutte le guerre che ho vissuto: tra la firma e la messa in atto dell’accordo Israele fa tutto quello che può per uccidere più palestinesi possibile. Temo anche che ora la guerra verrà spostata in Cisgiordania, anche perché a Gaza non c’è più nulla. E in ogni caso non potremo riavere le persone scomparse.

Cosa pensa che succederà ora a Gaza?

Non lo so. Hanno detto che ci vorrà un mese per lo scambio degli ostaggi, non so se dopo questo tempo riprenderanno la guerra. Chi cresce oggi a Gaza non potrà diventare altro che un combattente dopo aver visto morire fratelli, padri e madri. Questa guerra ha creato un nuovo gruppo di giovani soli e che vogliono solo vendicarsi di Israele. Va capito che dobbiamo essere uniti come palestinesi se vogliamo la libertà. Abbiamo bisogno di un leader dietro cui unirci e Marwan Barghouti ha tutte le caratteristiche giuste.

Tornerà a Gaza?

Certo, se non ci saranno israeliani a Gaza ci tornerò.