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Dopo l’annuncio della tregua a Gaza resta l’inferno: i raid israeliani uccidono 87 palestinesi. A Tel Aviv l’ultradestra minaccia di lasciare il governo per l’accordo con Hamas e fa slittare il voto decisivo. Netanyahu rassicura: la guerra riprenderà dopo il rilascio degli ostaggi

La firma Sono 87 i palestinesi di Gaza morti sotto le bombe israeliane tra mercoledì e ieri. Il cessate il fuoco rischia di slittare a lunedì

Macerie di un edificio a Jabalia colpito da un attacco israeliano subito dopo il presunto accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas foto Hasan N. H. Alzaanin/Getty Macerie di un edificio a Jabalia colpito da un attacco israeliano subito dopo il presunto accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas – Hasan N. H. Alzaanin/Getty

I morti si accumulano a Gaza nell’attesa della tregua. I cacciabombardieri israeliani hanno ucciso almeno 87 palestinesi da quando mercoledì sera è stato annunciato in Qatar il cessate il fuoco tra Israele e Hamas che entrerà o dovrebbe entrare in vigore domenica. Almeno 40 persone sono state uccise dall’alba di ieri, tra 21 bambini e 25 donne.

UN MASSACRO DI CIVILI di ogni età che pensavano di essere scampati all’offensiva militare e alla fame e che forse speravano di tornare ai loro villaggi e alle loro case, anche se a Gaza la casa pochi sono riusciti a salvarla. La Striscia è una distesa di macerie. Rimuoverle richiederà tempo e finanziamenti generosi, solo dopo potrà partire la ricostruzione. E non sarà più facile rimettere in piedi il sistema sanitario. «Occorreranno più di 3 miliardi per il prossimo anno e mezzo e circa 10 miliardi per i prossimi 5-7 anni», ha previsto il rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per i territori palestinesi Rick Peppercorn.

Non è detto che i morti di ieri e mercoledì saranno le ultime vittime degli attacchi militari. Per placare i contestatori israeliani dell’accordo di tregua, il governo Netanyahu potrebbe dare via libera alle Forze armate fino all’ultimo minuto prima del cessate il fuoco. Il portavoce militare si è limitato a riferire che uno degli ultimi attacchi ha ucciso un comandante delle unità Nukhba di Hamas, coinvolto nell’attacco del 7 ottobre del 2023 e nella cattura di 250 ostaggi israeliani.

MENTRE FILE di camion di aiuti umanitari erano schierate nella città di confine egiziana di El-Arish, in attesa di entrare a Gaza, ieri per diverse ore la tregua è rimasta in bilico. Si è temuto il ripetersi delle situazioni già viste e vissute in passato, con l’accordo di tregua dato per fatto dai mediatori, americani in testa, e poi saltato per le nuove condizioni poste da Israele e Hamas, nella maggior parte dei casi da Benyamin Netanyahu intenzionato a continuare l’offensiva a Gaza. Ieri sera però le cose

sembravano essersi messe di nuovo nella direzione giusta. Una fonte di Hamas ha detto al sito d’informazione palestinese Shebakt Quds che sono state superate tutte le controversie. Conferme in quel senso sono venute anche dal ministro israeliano Aryeh Deri e da media locali. Il Segretario di Stato Usa Antony Blinken si è detto fiducioso che l’attuazione del cessate il fuoco a Gaza inizierà domenica.

Ieri sera si attendeva l’avvio della riunione del governo Netanyahu, convocata per votare l’accordo, congelata per ore dopo le notizie di complicazioni al tavolo delle trattative a Doha. Nella capitale del Qatar sono rimasti per ore l’inviato speciale dell’Amministrazione Biden, Brett McGurk, e il rappresentante del presidente eletto Donald Trump, Steve Witkoff, assieme ai mediatori egiziani e qatarioti per risolvere l’ultima controversia riguardante l’identità di diversi prigionieri di cui Hamas chiede il rilascio.

NETANYAHU ha rinviato la riunione del governo accusando il movimento islamico di aver avanzato richieste dell’ultimo minuto.  «Il governo non si riunirà finché i mediatori non notificheranno a Israele che Hamas ha accettato tutti gli elementi dell’accordo», ha tuonato il primo ministro. Netanyahu due giorni prima aveva ribadito che Israele resterà con i suoi soldati sul Corridoio Filadelfia e non rinuncerà al «diritto di veto» sull’inserimento nella lista di alcuni prigionieri palestinesi di primo piano. Pare certa l’esclusione del popolare detenuto politico Marwan Barghouti, che sconta in carcere cinque ergastoli, dall’elenco degli almeno mille prigionieri che Israele dovrà scarcerare per riavere gli ostaggi.

UNA FONTE PALESTINESE  ha spiegato al manifesto che Hamas ha «soltanto» chiesto maggiori garanzie sulla «amnistia israeliana, per evitare che i suoi dirigenti e militanti, vengano di nuovo arrestati una svolta scarcerati, come avvenuto per decine di palestinesi liberati nello scambio con il soldato Gilad Shalit, nel 2011. Tra i nomi dei detenuti più importanti che saranno scarcerati ci sono Nael Barghouti, Alaa Al Bazian, Samer Mahroum, Nidal Zaloum, Ayed Khalil. Ad oggi, 48 prigionieri scarcerati per l’accordo Shalit sono tornati nelle celle israeliane.

DOPO LA CONTROVERSIA dell’ultimo minuto esplosa a Doha, l’ala più estremista del governo di destra di Netanyahu ha sperato di bloccare l’accordo malgrado la maggioranza dei ministri sia a favore del cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi. A sostegno degli oltranzisti alcune migliaia di militanti di destra e coloni hanno manifestato a Gerusalemme. Il ministro Bezalel Smotrich (Sionismo religioso) ha ribadito che resterà nell’esecutivo soltanto se l’offensiva contro Gaza riprenderà alla fine della prima fase dell’accordo.

IL MINISTRO della Sicurezza, Itamar Ben-Gvir (Potere ebraico), ha convocato una conferenza stampa ieri sera per annunciare che si dimetterà dal governo se sarà dato il via libera alla tregua. Netanyahu ha avuto il sesto incontro in due giorni con Smotrich, per promettergli, secondo indiscrezioni, che la guerra non finirà prima che Hamas venga smantellata militarmente e in termini di capacità di governo. Promessa, spiegano alcuni, che contiene un nuovo obiettivo di guerra: distruggere Hamas in Cisgiordania. In ogni caso le dimissioni minacciate dai due ministri non bloccano l’approvazione dell’accordo di tregua prevista domani quando si riunirà il governo. La maggioranza però rischia di frantumarsi e Netanyahu è poco incline a formare un governo di minoranza con l’appoggio esterno dei centristi, perché finirebbe per affidare la sua sopravvivenza politica al rivale ed ex premier Yair Lapid (Yesh Atid)