Giustizia Passa alla Camera la separazione delle carriere, +Europa e Azione con la destra. Nordio: «Spezzeremo le correnti». Anno giudiziario e proteste. Md: «I magistrati escano quando parla il ministro»
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ieri alla Camera foto LaPresse
«Stiamo realizzando il sogno di Berlusconi». Lo ha detto il forzista Tommaso Calderone ieri alla Camera, mentre a larga maggioranza passava la riforma della giustizia, quella della separazione delle carriere della magistratura e dell’istituzione di un’alta corte per dirimere le questioni disciplinari. La dedica alla memoria del cavaliere, comunque, era già stata fatta quando lo scorso maggio il testo era stato licenziato dal consiglio dei ministri e verosimilmente questo refrain lo sentiremo ancora tante altre volte in futuro.
Il pallottoliere di Montecitorio, per la cronaca, si è fermato al di là dei confini della sola maggioranza: a favore della riforma infatti hanno votato anche + Europa e Azione, mentre Italia viva ha optato per l’astensione. Contrari Pd, M5s e Avs. Totale: 174 sì e 92 no. Il confine della maggioranza qualificata, i due terzi, è lontano e difficilmente verrà varcato nelle prossime letture. Dunque, trattandosi di materia costituzionale, il referendum è ormai pressoché una certezza.
NEL POMERIGGIO, al Senato, il ministro Nordio ha già offerto un primo assaggio di quella che sarà la battaglia. «I magistrati sono indipendenti dall’esecutivo, ma non lo sono dalla sedimentazione correntizia che li tiene sotto tutela», ha detto. E ancora, con enfasi crescente, sul Csm: «Spezzeremo il legame patologico che unisce elettore ed eletto e che trova la sua manifestazione più patologica nell’ambito della sezione disciplinare». Che in effetti è la sezione più importante del Csm, quantomeno quella che più spesso finisce nel dibattito pubblico, o per meglio dire nel mattatoio mediatico che la destra è solita organizzare per i giudici che non obbediscono agli ordini senza fiatare.
L’ultimo anno, infatti, dalle parti della disciplinare, è stato di quelli intensi, tra l’affaire Natoli – la consigliera protetta di Ignazio La Russa sospesa per aver dato troppi suggerimenti a una giudice siciliana sotto procedimento – e la pratica a tutela aperta per i giudici di Bologna attaccati da governo e affini per aver fatto il loro lavoro, cioè per aver presentato ricorso alla Corte di Giustizia Europea sui decreti migranti. Che non si dica però che l’esecutivo vorrebbe i magistrati sotto il suo controllo. Ci mancherebbe. «Not in my name – è la risposta di Nordio alle numerose obiezioni sul punto -, l’indipendenza della magistratura giudicante e requirente è inserita nella proposta di riforma: tutto il resto, come direbbe Shakespeare, è silenzio».
E SE LE ESULTANZE della maggioranza sono scontate, dalle parti dell’opposizione si parla di «riforma punitiva» (Serracchiani, Pd), «maggioranza che vuole sottrarsi anche al controllo di legalità» (Cafiero de Raho, M5s) e «svolta autoritaria» (Bonelli, Avs). Più sfumata la posizione di Renzi, che è sempre stato favorevole alla separazione delle carriere ma che non ha votato con la maggioranza perché vorrebbe alcune modifiche (quali non si sa). «Nordio torni quello di prima», ha aggiunto il leader di Iv, alludendo agli anni in cui l’attuale ministro della Giustizia faceva il commentatore garantista delle vicende giudiziarie italiane, mentre adesso finge di non accorgersi del fatto che il governo di cui fa parte ha inventato decine di nuovi reati in nemmeno due anni e mezzo di attività. Sul fronte dei giudici, alla vigilia delle elezioni che rinnoveranno il parlamentino dell’Anm, la contrarietà alla separazione delle carriere resta invece forte e diffusa.
«IL PARLAMENTO è sovrano, ma sono stupito dalla povertà del dibattito – dice Giovanni Zaccaro, segretario di Area democratica per la giustizia -. ho visto solo battute autoreferenziali, slogan ed omaggi postumi, mentre i cittadini avrebbero bisogno di processi che funzionino velocemente, di norme più chiare, di pene giuste ma umane e non di propaganda». Magistratura democratica, dal canto suo, invita le toghe alla protesta con «gesti visibili e determinati, in difesa della Costituzione». L’idea è che, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario in programma la settimana prossima nelle Corti d’appello e in Cassazione, «i magistrati, con toga indosso e copia della Costituzione alla mano, abbandonino l’aula, in forma composta, nel momento in cui il rappresentante del ministro prenderà la parola». Aggiunge il segretario Stefano Musolino: «Questa riforma rischia di determinare non solo un’alterazione del ruolo del pubblico ministero, trasformato da garante dei diritti dell’indagato ad avvocato della polizia giudiziaria, con un indagato ancora più debole durante la fase di indagine, ma determinerà anche un obiettivo indebolimento dell’autorevolezza del Csm che non sarà più scelto dai magistrati, ma sarà sorteggiato e potremmo perciò trovare al Csm colleghi che non hanno attitudini per svolgere quel ruolo».