Usa/Cuba Biden se ne va con un dono avvelenato a Trump e toglie L’Avana dall’elenco Usa dei paesi sponsor del terrorismo. E i cubani (mediatore il Vaticano) liberano 533 prigionieri. Ma l’embargo rimane
«È una decisione che va nella direzione positiva, seppur parziale e tardiva». È la risposta ufficiale di Cuba alla decisione, comunicata martedì, del presidente Joe Biden di eliminare Cuba dalla lista del Dipartimento di Stato dei paesi che patrocinano il terrorismo, oltre che sospendere il Titolo III della legge Helms- Burton (la quale autorizza i cittadini statunitensi a citare presso tribunali Usa istituzioni cubane che beneficino di proprietà confiscate dopo la rivoluzione del 1959) e infine di eliminare la cosidetta “Lista ristretta” di entità cubane (militari, ndr) con le quali le istituzioni statunitensi non possono realizzare transazioni finanziarie e di personalità cubane sottoposte a sanzioni.
TALI MISURE prese a sorpresa dal presidente uscente a soli sei giorni dall’intronizzazione di Donald Trump – sembra con il disaccordo del segretario di Stato Blinken – sono state qualificate dall’addetta stampa della Casa bianca come «gesti di buona volontà» per facilitare un accordo mediato dal Vaticano che porterà alla liberazione «di prigionieri politici, inclusi quelli che parteciparono alle manifestazioni dell’11 luglio 2021».
Da parte sua il governo cubano ha informato della decisione di liberare «in maniera graduale» 533 persone «condannate per vari delitti previsti dalla legge cubana» in segno di buona volontà. Negando in questo modo ogni relazione con le misure decise da Biden e soprattutto che si tratti di «prigionieri politici» in qualche modo indicati dalla Casa bianca.
Il ministero degli esteri cubano ha messo in chiaro che papa Francesco è stato informato della decisione di mettere in libertà i carcerati come un gesto «di carattere umanitario» e – si intuisce – di indulgenza legata al Giubileo.
L’ELIMINAZIONE di Cuba dalla lista nera (voluta da Trump poco prima della fine del suo mandato nel 2021) è sicuramente un fatto positivo, più che per gli effetti pratici (entrerà in vigore tra 45 giorni e dunque la nuova amministrazione Trump potrà riproporla) perché dimostra che l’accusa rivolta al governo cubano di appoggiare il terrorismo era (ed è) del tutto politica e aggressiva, non sostenuta da alcun fatto dimostrato (come ha riconosciuto lo stesso Dipartimento di Stato Usa lo scorso maggio) e volta a impedire di fatto investimenti esteri nell’isola, come pure possibilità di usare banche estere come intermediatrici.
CHE SI TRATTI di una misura parziale lo afferma con chiarezza il ministero degli esteri di Cuba il quale riferisce che «continuano le misure (dell’embargo) come la persecuzione illegale e aggressiva degli Usa contro il somministro di combustibile che Cuba ha il diritto di importare; si mantiene la persecuzione della cooperazione medica internazionale di Cuba (vi sono medici cubani anche in Italia, ndr) come pure le le transazioni finanziarie di Cuba (in dollari) sotto la minaccia di rappresaglie (multe da milioni di dollari,ndr). Infine le navi mercantili che attraccano in porti cubani per sei mesi non possono recarsi negli Stati uniti». Insomma, la «guerra economica» unilaterale degli Usa continua, con i suoi effetti devastanti per l’economia dell’isola.
IN “AMBIENTI bene informati” dell’Avana veniva dato ieri per certo che vi siano state trattative dirette tra la diplomazia dell’isola e il Vaticano, anche se non vi è altrettanta certezza della partecipazione di diplomatici statunitensi. Come detto, il governo cubano non si illude che gli effetti delle decisioni dell’ultimo istante di Biden abbiano conseguenza pratiche strategiche. Esse rappresentano però una vittoria politica, dimostrano che la ferocia della guerra economica che gli Usa conducono contro Cuba da più di sessant’anni è volta solo a procurare sofferenze alla popolazione per indurla a abbattere il governo socialista.
Inoltre la formula della «liberazione graduale» dei prigioneri darà la possibilità di valutare l’atteggiamento della prossima amministrazione Trump, della quale fanno parte ben cinque falchi cubano-americani, guidati dal prossimo segretario di Stato Marco Rubio. Il quale ieri doveva ricevere dal senato Usa il semaforo verde per assumere la carica di capo della diplomazia americana. Dunque fino a martedì è rimasto in silenzio. Ma hanno parlato suoi collaboratori – come i parlamentari repubblicani María Elvira Salazar, Mario Díaz-Balart e Carlos Giménez – i quali hanno detto chiaramente che Rubio intende riproporre le sanzioni eliminate o sospese da Biden.
«LA FESTA dei cubani durerà poco» hanno fatto sapere, mentre in rete gli esponenti dell’opposizione anticastrista esprimevano la loro «indignazione» per «il tradimento» di Biden. Vi sono pochi dubbi infatti che la mossa del presidente uscente abbia soprattutto una valenza di politica interna, per mettere in difficoltà l’inizio della presidenza Trump 2. Le decisioni di Biden sono state infatti salutate come «positive» dagli esponenti del progressismo latinoamericano, dal presidente colombiano Gustavo Petro a quello cileno Gabriel Boric (oltre che dagli alleati Venezuela e Nicaragua). Non solo, da più di dieci anni l’Assemblea generale dell’Onu condanna praticamente all’unanimità l’embargo Usa a Cuba. Una rapida reintroduzione di Cuba nella lista nera contro il terrorismo da parte di Trump avrà l’evidente marchio di una vendetta.
NEI GIORNI SCORSI negli Usa era in qualche modo trapelata la notizia di trattative in corso. Tanto che esponenti della destra repubblicana come pure dei gruppi anticastristi della Florida avevano tirato in ballo due delle “prove” della natura terroristica e aggressiva di Cuba. La prima i cosidetti “attacchi sonici” che nel 2016 avrebbero colpito diplomatici nordamericani dell’Ambasciata di Cuba. La seconda la partecipazione di «mercenari cubani» alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. La prima prova è stata smentita da ben cinque su sette agenzie di sicurezza degli Usa (le altre due riferiscono solo di una potenzialità di attacchi sonici, senza provare che vi siano stati). La seconda è di fatto una fake news perché secondo i dati più credibili si tratterebbe di poche decine di cubani indotti ad arruolarsi sia per i soldi che per la nazionalità offerti loro dalle autorità russe, con l’opposizione del governo cubano che ha condotto un’inchiesta per colpire eventuali “trafficanti” di mercenari. Tanto che nessuno, nemmeno la contra, di fatto ha potuto esibire prove di un’implicazione del governo cubano.