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Medio Oriente Parla Salih Muslim, del partito dell'unione democratica curda: La prospettiva di un assedio ci ha costretti a decidere di evacuare. Tra noi ci sono ezidi, armeni, assiri. Chiunque non sia arabo sunnita è in pericolo: evacuati anche gli sciiti

«La legittimazione rende Hts più pericolosa dell’Isis. Minoranze a rischio»

 

Ancora una volta la mezzaluna turca è tornata a sventolare sulla cittadella di Aleppo, esposta da un miliziano in posa dopo l’offensiva che ha portato la città nelle mani di Hayat Tahrir al-Sham (Hts). Una debacle militare dell’esercito siriano che ricorda la caduta di Mosul, avvenuta in una notte del giugno 2014 per mano dello stato Islamico.

«Hts è un’organizzazione ombrello sotto cui sono raccolti diversi gruppi ed elementi jihadisti – Spiega Salih Muslim, membro della presidenza del Partito dell’unione democratica (Pyd) – al suo interno si trovano salafiti passati per organizzazioni come Ahrar al-Sharqiya o il fronte daghestano, persino fuoriusciti di daesh. Un tempo erano noti come Jabhat al-Nusra».

IN SEGUITO alla cattura di Aleppo l’Esercito nazionale siriano (Sna) ha mobilitato le proprie forze e iniziato un’invasione su larga scala della regione di Shebah e la città di Tall Rifaat, completamente circondate in seguito alla fuga dell’Esercito Arabo Siriano (Saa). «In Hts almeno esiste una disciplina, loro sono bande di pazzi e criminali. Appena iniziati gli attacchi hanno iniziato a filmarsi mentre tagliano teste – commenta il politico curdo – Sono uno strumento nelle mani della Turchia, e sappiamo che la volontà del governo turco è l’annientamento dei curdi ovunque si trovino, per cui non sappiamo cosa faranno o dove si fermeranno».

LA RESISTENZA di Tall Rifaat è durata pochi giorni prima che la Daanes (Amministrazione Autonoma Democratica del Nord-Est della Siria) prendesse la decisione di concentrare gli sforzi nell’evacuazione dei civili: «La prospettiva di un assedio ci ha costretto a decidere di evacuare – spiega Muslim – tra noi ci sono ezidi, armeni, assiri e altri popoli, chiunque non sia arabo sunnita è in pericolo, anche i villaggi sciiti sono stati evacuati». Con Tall Rifaat sotto controllo, l’attenzione dell’Sna si è rivolta verso Manbij, bastione a maggioranza araba della Daanes a Ovest dell’Eufrate. La città fu liberata nel 2016 a seguito dell’operazione “Martire Abu Leyla”, intitolata all’omonimo fondatore del Battaglione del Sole del Nord, una delle molte fazioni dell’Esercito Libero Siriano che hanno rigettato l’ingerenza turca nella rivoluzione siriana. Da allora le pressioni turche non sono mai cessate e Manbij è divenuta uno degli obiettivi prioritari dell’esercito turco, seconda solo a Tall Rifaat. «La leadership turca ha sempre detto che vuole compiere il Misak-ı Millî – Sostiene Salih Muslim, riferendosi al Giuramento nazionale, una serie di decisioni prese dal morente parlamento ottomano che tracciò i confini rivendicati dai nazionalisti turchi – Questo è un pericolo per tutta la Siria».

In un comunicato del Consiglio memocratico siriano, organo parallelo alla Daanes responsabile del dialogo intersiriano, il regime di Damasco viene ritenuto principale responsabile dell’escalation, reo di aver rifiutato in tutti questi anni di impegnarsi in un dialogo che potesse aprire la strada alla transizione concludendo la guerra civile, preferendo piuttosto contare su forze esterne per imporre il suo dominio.

«HEZBOLLAH, gli iraniani, la Russia e altri gruppi avevano formato un equilibrio nella regione di Aleppo sostenendo l’Esercito arabo siriano. Nel momento in cui Hezbollah e gli iraniani si sono ritirati, il Saa da solo non è stato in grado di mantenere le posizioni»,spiega Muslim. «Al momento siamo impegnati militarmente per difendere la popolazione da un possibile genocidio, umanitariamente per accogliere e proteggere gli sfollati, politicamente per aprire un canale con Hts affinché non succeda niente ai civili, specialmente a Sheikh Meqsoud – spiega Muslim riferendosi al quartiere curdo di Aleppo in stato di assedio – Se rispettano l’autonomia del quartiere possiamo convivere, ma se sfollano le persone come ad Afrin, le opprimono e torturano come ha fatto daesh, non lo accetteremo. In questi quartieri vivono quasi 400.000 tra curdi, cristiani e altre minoranze che vi hanno trovato rifugio, non vogliamo siano costretti ad abbandonare le proprie case».

Il leader di Hts Abu Muhammad al-Jolani ha lanciato una campagna di immagine volta a far dimenticare il suo passato al fianco di Abu Bakr al-Baghdadi e guadagnare legittimità agli occhi della comunità internazionale. Il leader jihadista si è prodigato nel rassicurare le minoranze per mezzo stampa, siano essi cristiani, curdi o persino gli odiati alawiti a cui appartiene lo stesso Bashar al-Assad. Nonostante l’efficace manovra comunicativa, nella Siria del Nord l’esperienza di Afrin, in cui alle stesse rassicurazioni sono seguiti sei anni di terrore, queste dichiarazioni vengono accolte con non poco scetticismo.

«L’OPINIONE pubblica deve conoscere queste forze, alcuni pensano si tratti di gruppi di opposizione ma non è così, l’essere legittimati li rende forse più pericolosi dell’Isis – Conclude Salih Muslim – noi li conosciamo bene, abbiamo visto e subito i loro massacri, in passato la comunità internazionale ci ha lasciati soli, speriamo non sia così anche questa volta».