Crisi di governo in Grecia.
Si dimette Panos Kammenos, leader di ANEL e ministro della Difesa ma Tsipras va avanti.
Si è dimesso Panos Kammenos, leader del partito di destra ANEL, alleato di SYRIZA e ministro della Difesa.
Kammenos ha annunciato anche il ritiro dei membri del suo partito dal governo. Come è noto ANEL è partner di minoranza nell'esecutivo guidato da Tsipras.
Le dimissioni sono una conseguenza dell'accordo di Prespes, stipulato per porre fine ad un annoso braccio di ferro fra Grecia e FYROM ( ex Repubblica Jugoslava di Macedonia). L'accordo è stato approvato ieri dal parlamento macedone e nei prossimi giorni sarà sottoposto al voto del parlamento greco.
In seguito all'annuncio delle dimissioni di Kammenos, Alexis Tsipras ha annunciato che chiederà il voto di fiducia alla Camera mercoledì prossimo e contemporaneamente ha nominato il nuovo ministro della Difesa, l'ammiraglio Evanghelos Apostolakis.
Da parte sua Panos Kammenos in conferenza stampa ha dichiarato che lascia il governo perchè non approva l'accordo di Prespes che ha stabilito che da ora in poi l'ex repubblica jugoslava si chiamerà Macedonia del Nord e non semplicemente Macedonia. Oltre al cambio di nome l'accordo prevede che l'ex repubblica macedone rinunci ad ogni pretesa irredentista nei confronti della Macedonia greca e ponga fine ai tentativi di usurpazione delle sue radici storiche -culturali.
A tale scopo si impegna a procedere alle necessarie modifiche costituzionali, al cambio di nome dell'autostrada e dell'aeroporto, alle dovute correzioni dei libri di storia, all'abbattimento delle mastodontiche statue di Alessandro Magno sparse per il paese e in generale a rinunciare a tutti i simboli che fanno riferimento al patrimonio storico -culturale della Grecia, insomma a sgombrare il campo da ogni equivoco sull'identità di questa piccola nazione e sulle radici slave della sua lingua. Ma per Kammenos tutto questo non è sufficiente. Preoccupato evidentemente dei prossimi risultati elettorali e della possibilità di perdita di consensi a destra, il dimissionario ministro della Difesa ha dichiarato che i suoi sentimenti patriottici non gli consentono di accettare nessuna denominazione che comprenda la parola "Macedonia". Questa d'altronde è la posizione che ufficialmente hanno assunto tutti gli altri partiti presenti in parlamento, dal KKE ad Alba Dorata.
Il divorzio fra SYRIZA e ANEL era nell'aria da un po' di tempo e nel separarsi entrambi i leader hanno espresso parole di stima e apprezzamento reciproci. La loro alleanza è nata nel gennaio 2015, dopo che il risultato elettorale consegnò la vittoria a SYRIZA senza però garantirle l'autosufficienza per governare. SYRIZA e ANEL, due partiti profondamenti diversi e appartenenti a schieramenti opposti, di fronte alla gravità della situazione in cui versava il Paese, si allearono con la promessa di portare la Grecia fuori dalla crisi e di liberarla dai memoranda.
In questi quattro anni di governo hanno collaborato su molte cose, su altre sono emerse invece le differenze di vedute e la diversa provenienza politica. Per esempio in tema di diritti civili come è stato per le unioni omosessuali e per la libertà di scelta dell'identità di genere, ma anche e soprattutto per i rapporti fra Stato e Chiesa.
Fra SYRIZA e ANEL, ovviamente, esistono differenze anche in politica estera e i contrasti sull'accordo di Prespes ne sono conseguenza. Da parte di SYRIZA c'è la convinzione che la questione "SKOPJE" non era più rinviabile perchè
è nell'interesse della Grecia e di tutta la regione balcanica creare condizioni per una pacifica convivenza fra i due paesi e per sviluppare rapporti di buon vicinato. La Grecia con questo accordo punta a risolvere l'annosa questione del nome da attribuire all'ex Repubblica jugoslava ma non solo, intende sfrutterlo per guadagnare un ruolo di primo piano nell'area balcanica, per sviluppare nuovi rapporti commerciali, per usufruire di più rapidi collegamenti via terra con l'Europa centro orientale.
Inoltre nessuno può negare che l'accordo e la normalizzazione dei rapporti con la Macedonia del Nord, consentiranno alla Grecia di riservare e concentrare le sue energie per risolvere l'altro e più serio conflitto di "vicinato", quello con la Turchia.
Panos Kammenos, pur dichiarando di auspicare rispetto e collaborazione reciproci con la Macedonia del Nord, non rimane indifferente alle pressioni di quella parte di opinione pubblica che, alimentata ad arte dalla stampa anti SYRIZA e dalle prese di posizione demagogiche e populiste assunte dalla maggior parte dei partiti dell'opposizione, ritiene l'accordo di Prespes un arretramento e un "tradimento" degli ideali nazionali.
A questo proposito bisogna ricordare che Kammenos ha detto in passato, e oggi lo ha ripetuto, che l'alleanza con SYRIZA è scaturita dall'eccezionalità della situazione greca e che una volta compiuta la missione di portare in salvo il Paese ognuno avrebbe poi ripreso la sua strada.
Per quanto riguarda il futuro del governo, le dimissioni di Kammenos e il ritiro del suo partito dalla compagine governativa non dovrebbero causare problemi all'esecutivo.
La Costituzione greca prevede due maggioranze diverse per il voto di fiducia e per il voto di sfiducia. Nel caso della fiducia sono necessari i 2/5 dei voti, quindi su un totale di 300 deputati teoricamente basterebbero 120 voti.
Sotto i 151 voti però il governo diventa di minoranza. E' stato subito chiaro che Alexis Tsipras non auspica diventare il premier di un governo di minoranza. Più volte intervistato in questi giorni, ha dichiarato che vuole portare a termine la legislatura con un governo nel pieno dei suoi poteri e che per questo motivo chiederà in parlamento la fiducia puntando alla metà più uno dei voti. Quindi non meno di 151 voti. Riuscirà ad ottenerli? Sembra proprio di sì.
Stando alle dichiarazioni dei vari deputati, mercoledì prossimo il governo potrà contare sul voto dei 145 deputati di SYRIZA.
A questi dovrebbe aggiungersi il voto di quattro dei sette deputati di ANEL (due di loro sono anche ministri), malgrado il procedimento di espulsione annunciato da Panos Kamenos nei loro confronti .
Poi ci sarà il voto favorevole di Katerina Papakosta, una deputata uscita da Nea Dimokratia ed oggi viceministro del governo Tsipras e quello del deputato del Potami, Danellis.
Si tratta in totale di 151 voti.
Non è chiaro invece se voteranno a favore della fiducia altri due deputati non appartenenti alla maggioranza di governo, Thanasis Theocharopoulos di DIMAR e Yannis Saridis dell'Unione di Centro.
Comunque vada, sembra scongiurato il pericolo di scioglimento anticipato del parlamento con buona pace del leader di Nea Dimokratia, Kyriakos Mitsotakis che dovrà pazientare ancora un poco prima che vengano indette nuove elezioni.