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  • Turchia Enorme manifestazione a Istanbul contro l’arresto del sindaco, primo avversario di Erdogan. In manette anche giornalisti e centinaia di oppositori. Curdi, sinistra e kemalisti uniti contro la repressione: «Siamo due milioni». Ma le tv turche censurano e parte il boicottaggio
  • Turchia Grande manifestazione ieri per chiedere la liberazione del sindaco Imamoglu. Che a sorpresa appare grazie all’intelligenza artificiale
  • L'oceanica protesta in supporto al sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu foto Francisco Seco/Ap L'oceanica protesta in supporto al sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu – Francisco Seco/Ap
  • A Istanbul, quella di ieri è stata una delle manifestazioni più grandi nella storia della Repubblica di Turchia. Secondo la principale forza di opposizione turca, il Partito popolare repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi, Chp), in piazza Maltepe c’erano più di due milioni di persone. La manifestazione, organizzata in solidarietà con il sindaco della città, Ekrem Imamoglu, detenuto dal 19 marzo, è stata soprattutto un’occasione per protestare contro il governo centrale.

    «QUELLO CHE HANNO FATTO a Imamoglu e ai suoi colleghi è un golpe. Siamo qui per difendere la nostra democrazia con coraggio» sono le parole di Özgür Özel, il leader del Chp, che ha parlato dal palco davanti a centinaia di migliaia di persone. Il suo discorso, durato quasi un’ora, è stato spesso interrotto da questa massa oceanica con lo slogan «Tayyip dimissioni», rivolto direttamente al presidente della Repubblica, Tayyip Recep Erdogan.

    Nel suo lungo discorso, Özel ha usato un linguaggio inclusivo e ha promesso che la lotta non si fermerà finché non ci saranno elezioni anticipate: «Da domani invito tutti a sostenere la nostra campagna per andare al voto. Siamo pronti a governare insieme a tutti: curdi, turchi, sunniti o aleviti. Costruiremo un futuro migliore. Non abbiamo paura perché le persone coraggiose come voi muoiono una volta, mentre i codardi come Erdogan muoiono ogni giorno».

    Non abbiamo paura perché le persone coraggiose come voi muoiono una volta, mentre i codardi come Erdogan muoiono ogni giornoÖzgür Özel

    PER CHI ERA A MALTEPE IERI, c’è stata anche una sorpresa: un video messaggio del sindaco Ekrem Imamoglu, prodotto con l’intelligenza artificiale, che invitava le persone a continuare a resistere e lottare.

    Il leader del Chp, Özel, ha sottolineato di nuovo l’importanza della campagna di boicottaggio lanciata qualche giorno fa dal suo partito, un’iniziativa che prende di mira una serie di aziende direttamente collegate alla

    famiglia del presidente della Repubblica o che obbediscono agli ordini del governo. Özel, dal palco, ha mostrato le trasmissioni in diretta di otto importanti canali televisivi turchi che non stavano coprendo la massiccia manifestazione: «Se ancora per dieci minuti non vediamo le nostre immagini, annunceremo l’allargamento del boicottaggio nei confronti delle aziende affiliate a questi canali».

    DOPO LE PAROLE DI ÖZEL, il canale televisivo HaberTurk ha iniziato a trasmettere immagini dalla piazza, mentre un altro, Ntv, ha mantenuto il silenzio. Quindi Özel ha invitato tutte le persone a boicottare i prodotti del gruppo Dogus, proprietario di Ntv. E alla fine del suo discorso ha ribadito: «La nostra lotta continuerà in piazza. Da oggi, ogni fine settimana saremo in una piazza diversa a Istanbul per chiedere il ritorno del nostro sindaco e le elezioni anticipate».

    Le piazze della Turchia in genere continueranno a essere riempite dai manifestanti nei prossimi giorni. Probabilmente non mancherà neanche la violenza della polizia, di cui si è parlato molto grazie alle prove visive fornite dai manifestanti: occhi gonfi, fratture, timpani danneggiati, mozziconi spenti sul corpo e molestie sessuali durante la detenzione sono alcuni degli elementi citati nelle denunce avanzate. Quest’ultima questione è stata sollevata anche dall’avvocata Eren Keskin in un’intervista ad ArtiGerçek: «Sono forme di chiara tortura sessuale che la polizia usa da anni in Turchia».

    Dal 19 marzo sono state fermate quasi 2000 persone, di cui 263 arrestate. L’inizio dei processi è previsto per i primi giorni di aprile. Le detenzioni colpiscono soprattutto i giovani, con accuse inesistenti o legate alla limitazione delle libertà. Tra loro, Yagmur Taylan, presidente del Consiglio rappresentativo degli studenti di Bogaziçi e la diciannovenne Eren Ögetürk, portati via all’alba per aver partecipato alle proteste. Molti altri giovani restano in carcere, mentre i loro genitori presidiano da giorni il Palazzo di Giustizia di Çaglayan. a Istanbul.

    TRA I FERMATI poi rilasciati c’è anche Mehmet Pehlivan, avvocato del sindaco Ekrem Imamoglu. Dopo il suo rilascio, ha denunciato il modo in cui «le dichiarazioni di testimoni anonimi vengono utilizzate per giustificare la detenzione e aprire il processo. Uno di questi testimoni – prosegue Pehlivan – ha più di cento casi penali alle spalle. Risulta che i procuratori abbiano minacciato alcuni detenuti perché rilasciassero dichiarazioni contro il sindaco. Ci sono varie carte non firmate, ma sostenute da lettere e dichiarazioni verosimilmente scritte dal sindaco».

    La crociata politica contro Imamoglu e la sua amministrazione ha colpito anche altre 14 persone e 12 aziende. La Procura generale di Istanbul ha deciso di confiscare i beni di queste persone e di queste aziende solo perché hanno collaborato ad alcuni progetti con il Comune della città.
    La repressione continua a colpire anche i giornalisti. Kaj Joakim Medin, reporter svedese del giornale Dagens ETC, è stato fermato il 27 marzo al suo arrivo in Turchia e arrestato due giorni dopo.

    ANDREAS GUSTAVSSON, caporedattore della sua testata, ha fatto sapere che Medin doveva documentare le manifestazioni e che il motivo dell’arresto non gli è ancora stato comunicato. Secondo l’agenzia Reuters sarebbe da ricondurre a un’indagine avviata dopo le proteste anti-Ankara organizzate a Stoccolma nel gennaio 2023. La situazione in Turchia continua a deteriorarsi, con crescenti violazioni dei diritti umani e repressione politica, mentre il Paese si avvia verso una vera rivolta popolare.