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Siria L’Aanes curda proclama l’appartenenza al popolo siriano. La Turchia non si lascia impressionare e ripete che non permetterà l’esistenza di una entità curda nel paese arabo

Nel Rojava ora sventola la bandiera con tre stelle. Al Julani sospende la Costituzione Bombardamenti in Siria – Archivio Ap

Nel Rojava curdo è stato issato il tricolore con le tre stelle sventolato dai jihadisti e oppositori di Bashar Assad che domenica hanno costretto alla fuga il presidente siriano. «Siamo parte della Siria unita e del popolo siriano», affermavano ieri le Forze democratiche siriane (Sdf), ombrello di gruppi armati curdi e filo-curdi nel nord-est della Siria. «Le regioni dell’Amministrazione Autonoma Democratica nel nord e nell’est della Siria (Aanes) – hanno proseguito le Sdf – sono parte integrante della geografia siriana e gli abitanti di queste regioni appartengono alle componenti autentiche del popolo siriano. Perciò il Consiglio dei Popoli Democratici ha deciso di issare la bandiera siriana sui consigli, istituzioni, amministrazioni e strutture appartenenti all’Amministrazione Autonoma in tutte le province della regione».

Una voglia di far parte della Siria che, si spera, spingerà la Aanes a condividere le risorse del territorio sotto il suo controllo, a cominciare dai giacimenti di petrolio che sfrutta unilateralmente con l’aiuto e la benedizione di Washington mentre da anni la popolazione siriana fa i conti con la penuria di carburante, non solo per la corruzione del regime di Assad. Ma la bandiera con le tre stelle sventola nel Rojava perché la Aanes proclamandosi «parte della Siria» e abbassando i toni sull’autonomia conta di dissuadere la Turchia dal lanciare nuove sanguinose operazioni militari contro le regioni curde. I segnali in quella direzione sono arrivati subito quando si è sgretolato il potere di Assad. I mercenari del sedicente Esercito nazionale siriano al servizio di Ankara si sono lanciati all’attacco e hanno già provocato lo sfollamento dall’area di Aleppo di circa 100mila civili che ora cercano aiuto e assistenza nel Rojava.

Anche ieri la Turchia ha ripetuto che non permetterà «ad elementi terroristici» di trarre vantaggio «dall’incertezza nella regione e di prendere di mira la sovranità e l’integrità territoriale della Siria, la nostra posizione è chiara e determinata nella lotta contro le organizzazioni terroristiche». Quando parla di terroristi, il regime di Recep Tayyip Erdogan non si riferisce ai qaedisti di Hay’at Tahrir al Sham e agli altri gruppi che, grazie alla sua protezione, hanno potuto crescere e rafforzarsi nella regione siriana di Idlib, bensì alle forze curde siriane. Il Segretario di stato uscente Antony Blinken ha programmato un incontro con l’omologo turco, Hakan Fidan – giunto ieri a Damasco in visita ufficiale, ha riferito Al Jazeera – volto proprio frenare le intenzioni turche contro gli alleati curdi, sottolineando il ruolo fondamentale che i combattenti delle Sdf hanno avuto e ancora hanno contro l’Isis che sta rialzando la testa nella Siria orientale.

Il fascino del «jihadista buono» Abu Mohammad Al Julani (Ahmad Sharaa), intanto ha già conquistato il G7 e l’Europa, incluso il ministro degli Esteri italiano Tajani, che già si dicono disponibili a collaborare con le nuove autorità siriane, perché «i primi segnali sono positivi». E Al Julani, che ha sospeso la Costituzione e il Parlamento per tre mesi, fa il possibile per affermare la sua presunta «svolta moderata e inclusiva» in linea. Il G7 ieri si è detto pronto a sostenere un processo di transizione in Siria che «conduca a un governo credibile, inclusivo e non settario, che garantisca il rispetto dello stato di diritto, dei diritti umani universali, compresi i diritti delle donne, la protezione di tutti i siriani, incluse le minoranze religiose ed etniche». I suoi uomini nell’Amministrazione delle Operazioni Militari ripetono che non ci saranno restrizioni o limitazioni per nessuno nella «nuova Siria» e le minoranze saranno rispettate. Ma il modo in cui Hts ha plasmato il nuovo governo ad interim, portando a Damasco alti dirigenti dalla lontana Idlib, ha causato non poche preoccupazioni tra i siriani, inclusi alcuni simpatizzanti dell’opposizione anti-Assad laica. Al Julani continua a parlare di sicurezza e di punizioni – mercoledì ha detto che scioglierà i servizi segreti, chiuderà le prigioni e darà la caccia a chiunque sia stato coinvolto nella tortura e nell’uccisione dei detenuti -, ma non si è sbilanciato sulle politiche del futuro governo del premier ad interim Mohammed Bashir. Zakaria Malahifji, segretario generale del Movimento nazionale, descrive la mancanza di consultazione nella formazione di un governo ad interim come un passo falso. «Stanno nominando ministri di un solo colore, persino i poliziotti vengono da Idlib, ma la società siriana è diversificata in termini di culture, etnie, quindi francamente questo è preoccupante, ha detto.

Intanto è un turista americano, identificato come Travis Timmerman, l’uomo ritrovato ieri in Siria e inizialmente confuso col giornalista statunitense Austin Tice, arrestato dai servizi segreti siriani nel 2012 e ancora introvabile. Timmerman, rimasto in carcere alcuni mesi, sarà rimpatriato al più presto.