INTERVISTA. Fabrizio Barca (Forum Disuguaglianze e Diversità): "Un viaggio di più di cento tappe in Italia per la giustizia sociale e ambientale. Meloni dice che il progetto Ue sulla transizione ecologica è "disumano". La sinistra dovrebbe rispondere che è il sistema di produzione a frenare la trasformazione"
Fabrizio Barca (Forum Disuguaglianze e Diversità) - Aleandro Biagianti
Fabrizio Barca, co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, è con molti altri membri del Forum impegnato in un tour di presentazione del volume Quale Europa (Donzelli), scritto in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno.
Le tappe saranno più di cento. Quale Italia sta incontrando in questo viaggio?
Un’Italia viva, non a caso. Ci invitano i grumi del formicolio produttivo e sociale esistente nel paese. Dal Friuli alla Sicilia ci sono isole di diritti auto-costruiti che agiscono in molti settori, dal fare impresa sociale e industriale ai servizi. Sono impegnate di fatto ad attuare l’articolo tre della Costituzione, rimuovere gli ostacoli dello sviluppo della persona umana. Emerge un dato.
Quale?
C’è una consapevolezza della scarsa conoscenza di ciò che avviene nel parlamento europeo e una sfiducia nel potere, e nel volere, contare in Europa. Una lontananza forte dalle sue istituzioni che rispecchia la situazione attestata anche da un sondaggio dell’Eurobarometro.
Come lo spiega?
Con la solitudine. Oggi sono soli i cittadini, che votano sempre meno. Ed è solo anche chi è eletto a Bruxelles perché perde il rapporto con la società. Noi cerchiamo di riannodare i fili. Stimiamo che, in questo viaggio, parleremo con 7 mila persone. Se ciascuno discutesse con altre 15 potremmo coinvolgere 100 mila persone sulle questioni della giustizia sociale e ambientale affrontate nel libro. Tireremo le conclusioni al festival «Desiderabili futuri», organizzato con Legacoop a Oristano dal 26 al 29 giugno.
Nel libro ci sono tredici proposte offerte come strumento per scegliere chi eleggere. Di cosa si tratta?
Di rovesciare il modo di votare. L’Europa è in bilico tra distopia e eutopia; quelle proposte fanno la differenza. E allora noi suggeriamo di partire da lì, da bandiere che vorremmo veder portate in Parlamento europeo e poi pescare dalle liste chi può farlo. A usare il libro così è anche la rete paneuropea coordinata dalla tedesca Brand New Bundestag. Chiamando in 10 Stati membri candidate e candidati a esprimersi, ne hanno selezionati cento, in diversi partiti. Quindici sono italiani. Nel nostro paese il nodo della rete è «Ti Candido».
Il progetto di Meloni è creare una nuova maggioranza «per cambiare l’Europa». Che tipo di Europa sarebbe?
Quella che purtroppo si profila, ma peggiore. Esiste un moto reazionario che ha già spostato l’asse politico. La coalizione moderata che ha governato fino ad ora, e il modo in cui ha reagito nell’ultimo periodo alle pressioni della destra, è già la prefigurazione di una distopia. La frenata sul Green Deal è avvenuta. Si ipotizza un debito pubblico europeo per aumentare la spesa per la difesa e non per la ricerca. È stato sospeso il patto di stabilità per il Covid, ma poi è stato reintrodotto. Nella pandemia Sudafrica e India hanno chiesto di sospendere i diritti intellettuali sui vaccini, il Parlamento europeo si è espresso in maniera favorevole, ma la Commissione ha rifiutato.
Le sinistre le sembrano all’altezza?
No. Non vedo la risposta giusta quando la Presidente Meloni accusa il progetto di trasformazione ambientale di essere «disumano».
Perché il messaggio passa?
Perché lei coglie il tratto dirigista del progetto e la disattenzione per il suo impatto sulle persone. Il blocco che governa l’Europa ha avuto il gran merito di avere impostato questo progetto, ma ha trascurato la società, lo ha attuato senza il dialogo sociale che ti consente di adattarlo ai contesti, di farlo diventare di proprietà delle persone più vulnerabili.
Come si risponde, a suo avviso, alla critica di Meloni?
Dicendo che la responsabilità è del sistema di produzione e non delle persone, puntando alla sua trasformazione e dicendo che a essere «disumano», a colpire l’umanità, è chi frena questa trasformazione.
Manfred Weber, il leader dei popolari europei, ha accusato il Pd di non avere votato il patto europeo sulle migrazioni sul quale si trova d’accordo con i conservatori e una parte dei socialisti.
A me sembra invece che Elly Schlein abbia fatto bene a rigettare una soluzione deprecabile che mostra un approccio neocoloniale con l’Africa, un continente che ci disprezza per gli abusi compiuti per secoli. Senza contare che il testo usa la cooperazione internazionale come strumento repressivo. Almeno su questo il centro-sinistra italiano ha fatto centro.
Le speranze di una ripresa in Italia sono state legate ai soldi europei del Pnrr. Riuscirà a mantenere le promesse?
Mi auguro che si possa fare il meglio possibile, ma il metodo di attuazione è vecchio. Rivela un dirigismo benevolo: miri a migliorare la sanità o la pubblica amministrazione, ma non intercetti i saperi delle persone nei territori. Piombi sulla loro testa. È una boccata di ossigeno, ma dopo che succede?
Il governo dice che sta andando tutto bene…
Non è proprio così, a cominciare dalla mancanza delle informazioni sui progetti. Come Forum abbiamo denunciato dall’inizio l’assoluta inadeguatezza del sistema di monitoraggio. Abbiamo suggerito alla Commissione di adottare il sistema che esiste per i fondi di coesione europei, OpenCoesione. E invece si è andati indietro, non abbiamo una fotografia adeguata della situazione. È fondamentale coinvolgere i cittadini nella gestione delle risorse europee. Non ci si può ricordare di loro solo quando si vota