È fin troppo facile prevedere che quando si chiuderanno le urne nella tarda serata di domenica 23 novembre – si vota per l’elezione del presidente e per il rinnovo del Consiglio regionale – l’astensione risulterà altissima.
Ai tanti che non votano da tempo e le cui ragioni meriterebbero in ogni caso maggiore attenzione, questa volta potrebbero aggiungersi persone che, al contrario, hanno alle spalle un lungo impegno di partecipazione. Sono gli elettori che non vedono nelle politiche del governo guidato da Renzi le giuste risposte all’effettiva necessità di un profondo cambiamento. Che soffrono le divisioni fra le organizzazioni e i movimenti della sinistra. Che avvertono il discredito che grava, anche in Emilia Romagna, sulla politica e su tanti suoi protagonisti.
Sta avanzando a tappe forzate un progetto di società in cui i leader dirigono un popolo imbonito e frastornato dagli slogan. Un progetto che esclude il ruolo di rappresentanza e di mediazione di partiti, sindacati, associazioni, persino di strutture istituzionali. Un progetto che accentua le disuguaglianze e che non mette in discussione le cause vere della crisi, materiale e morale, che sta travolgendo tutto e tutti.
Una risposta va data. Bisogna riappropriarsi del diritto-dovere di partecipare. Un’altra politica è possibile.
Stare dalla parte dei lavoratori, dei giovani che non trovano lavoro e ai quali è negato un futuro, di tanti anziani ricacciati ai margini della società, vuol dire essere parte attiva di un rinnovato impegno civile e democratico.
Votare domenica 23 è anche l’occasione per contribuire alla costruzione di una sinistra forte e unita.