Ricordare la strage: per chi ha vissuto quegli anni già adulto è un esercizio sempre più faticoso e per alcuni aspetti straziante. Ma è anche un dovere: un obbligo morale e un dovere politico. Per le generazioni successive che oramai costituiscono la maggioranza degli italiani, per loro dobbiamo farlo, e per le vittime di quell'ignobile attentato. Cittadini qualunque, gente come noi, furono le vittime di quell'atto terroristico: vittime innocenti si suole dire; ma quando mai le vittime del terrorismo non sono innocenti? Quasi che le motivazioni personali di questa o quella organizzazione terroristica (anche quando si tratta di uno stato) possano giustificare le uccisioni o le stragi.
Dunque innocenti in ogni senso e in quella occasione anche scelti a caso. Oramai specie dopo l'esplosione dello stragismo d'ispirazione islamista, dopo l'11 settembre, ci si è fatta l'abitudine ed appare quasi normale. Ma allora, nel '69, nel '74, nel '80, nel '92 non lo era e non lo appariva affatto.
Gli italiani di allora, negli anni 70 e soprattutto dopo la strage di Bologna fecero la loro parte: non si lasciarono intimidire. E' una frase che i governanti usano oggi con facilità ed a volte con ingiustificata spocchia, ma che per le persone comuni significò allora scendere in piazza, non cedere alla paura, rischiare a volte il posto di lavoro o la carriera, spesso rischiare di prenderle, facendo argine come cittadini a quel progetto fascista denominato “strategia della tensione” che si basava proprio sulla scommessa che la gente comune si sarebbe chiusa in casa per la paura, e che lo stato, sempre depistatore, ed a volte complice, avrebbe reagito riducendo le libertà e favorendo quella svolta autoritaria che oramai è storicamente provato, molti nostri alleati (USA e Gran Bretagna innanzitutto) auspicavano e attraverso i servizi segreti tramavano per realizzare.
I cittadini fecero la loro parte, e salvarono la democrazia in Italia, ed i governi? Anche i governi, a modo loro: depistarono, coprirono, inquinarono; attraverso i servizi a volte manovrati e spesso manovratori fecero di tutto per impedire ai giudici di scoprire la verità. E' per questo, notoriamente, che per la maggior parte delle stragi fasciste non ci sono state condanne e colpevoli giudiziariamente accertati. Ma per la strage di Bologna no, lì c'è stata una sentenza definitiva dopo tre gradi di giudizio, e che dice tre cose: quale fu la matrice politica: fascista. Chi furono gli autori materiali: Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Chi coprì e depistò: i servizi segreti italiani, deviati o meno, che fecero di tutto per impedire l'accertamento della verità.
Certamente si è trattato di un processo indiziario e ci sono ampie zone d'ombra, soprattutto per quanto concerne i mandanti ed i rapporti fra fascisti e loggia P2 e massoneria deviata in genere, ed allora molti, ancora oggi, per ricordare quella strage non riescono a fare di meglio che continuare l'opera dei servizi deviati rispolverando la pista palestinese che l'irresponsabile Cossiga, nel tentativo di allontanare i sospetti dall'amata massoneria, a suo tempo sollevò. Lo fa ad esempio Il Resto del Carlino del 1 agosto con un'intervista al giudice Priore (in pensione) evidentemente non ancora soddisfatto per il suo operare in occasione delle indagini sulla strage di Ustica (per la quale fu l'inconcludente giudice istruttore). Forse è bene ricordarlo, anche se il Carlino si guarda bene dal farlo: quella “pista” è stata indagata a lungo dalla magistratura bolognese che nel febbraio di questo anno ha archiviato l'indagine per manifesta infondatezza. Ma non è un caso che Cossiga prima, il Tempo ed i giornali della destra periodicamente tornino alla carica; il loro scopo è chiaro: smacchiare la destra italiana dalla sua contiguità con una così tremenda strage ed allontanare lo stragismo dal ruolo della massoneria e dei servizi segreti italiani.
E' l'Associazione dei famigliari delle vittime delle stragi, con il suo presidente, Bolognesi, a chiedere invece di continuare ed approfondire le indagini, perché quello che tutti vogliamo è sapere chi furono i mandanti e quale fu la trama politica. Dice Bolognesi nell'intervista rilasciata a Loris Mezzetti sul Fatto Quotidiano del 31 luglio, che anche l'attuale governo mostra limiti e reticenze che non si aspettava: “Renzi era partito bene, quando nel 2014 fece declassificare i documenti delle stragi dal 1969 al 1984. La direttiva non doveva essere lasciata andare al caso”. Secondo Bolognesi il governo
avrebbe dovuto seguirla anche nei minimi dettagli, e ad applicarla non dovrebbero essere gli stessi uomini che nel passato avevano nascosto gli atti. Non esiste un elenco consultabile e i documenti che vengono consegnati sono a discrezione dei singoli ministeri. “Mi sembra una barzelletta. Avevamo consegnato 70 domande ai servizi segreti, dopo un anno hanno risposto solo a 4: sui rapporti tra Fioravanti, Gelli e la P2, ci hanno risposto che non c’è nulla”. Vi è un'altra promessa disattesa da parte del governo che riguarda l'introduzione nel codice penale del reato di depistaggio e inquinamento processuale. Nel 2013 DelRio disse “Costruiremo una corsia preferenziale per approvarla al più presto”. La legge è stata votata alla Camera nell'autunno del 2014, grazie al lavoro in parlamento di Bolognesi, poi insabbiata al Senato.
Renzi come tutti gli altri? Cose del passato, non ci interessano, rottamiamole? A chi interessa la verità?
Ai cittadini ed alla democrazia italiana interessano affinché i giovani di domani non rispondano come spesso quelli di oggi: che le stragi degli anni '70 le hanno fatte le Brigate rosse o magari, domani, gli estremisti islamici o l'Isis o in futuro chissà quale fantomatica organizzazione terroristica.
Eh no, la verità storica la conosciamo tutti, ma vogliamo anche, com'è giusto e necessario in una democrazia, quella giudiziaria. Come ci sarebbe potuta essere per piazza Fontana, come forse ci sarà (se la sentenza dei giorni scorsi verrà confermata) per la strage di Brescia. Come c'è stata per la strage di Bologna, della quale vogliamo scoprire ogni aspetto e complicità. Bisogna esserci a Bologna, e se il Governo di turno ci sarà e agirà in questa direzione lo applaudiremo, se continuerà a coprire, rinviare, fare solo propaganda, lo fischieremo. Nessuna motivazione “politica”! Renzi o non Renzi, vogliamo la verità! Per le vittime e per i nostri figli!
Alessandro Messina