Con questo intervento "a caldo" di Jacopo Lorenzini ci auguriamo che si apra un dibattito sugli scenari che si prospettano dopo il risultato elettorale del primo turno delle amministrative. Gli equilibri politici appaiono fragili e precari e le scadenze sono segnate dall'ormai prossimo referendum costituzionale: un momento di riflessione nell'area della sinistra non sarebbe fuori luogo!!
Chi ha vinto, chi ha perso, chi vincerà e perderà, e l'unica cosa davvero importante.
di Jacopo Lorenzini
Per sapere chi ha vinto queste elezioni amministrative, com'era ampiamente prevedibile, bisognerà aspettare altre due settimane – e toccherà sorbirci altri quattordici giorni di campagne elettorali che fin qui sono state di un grottesco imbarazzante. Ma quello che possiamo sapere già adesso, è chi le ha perse.
Il problema è che viviamo una realtà virtuale, nella quale i dati non sono dati – o meglio nella quale, a quanto pare, i dati possono essere messi in discussione sulla base di considerazioni soggettive e per lo più arbitrarie.
E dunque il Movimento 5Stelle che a parte Roma e Torino non conquista non dico un capoluogo, ma nemmeno un ballottaggio, è il nuovo che avanza o che addirittura «sfonda» (Repubblica.it) o consegue un risultato «storico» (Grillo). Per carità, Roma e Torino sono due città importanti, importantissime, e il Movimento ha buone probabilità di portarle a casa tra due settimane se non combina vaccate. Ma, così, per dire, la destra, pur divisa quasi ovunque, va al ballottaggio in tutti gli altri capoluoghi e ne conquista uno già al primo turno. In città come Bologna o Ravenna i grillini prendono sonore tramvate dai candidati leghisti e non si avvicinano nemmeno al 20%. Come a Faenza un anno fa, del resto, e come in tutte le altre città capoluogo a parte Savona – dove il Movimento prende il 25%, ma al ballottaggio ci va comunque la Lega col 26.
Chi è che sfonda quindi, come avversario principe del partitone renziano sul territorio: il Movimento o Lega ed ex-PDL, pur divisi e litiganti? Più i secondi che il primo, e personalmente ci aggiungo un purtroppo. La verità è che il Movimento 5Stelle ha qualche speranza di fare risultato solo dove i due avversari principali (PD e destre assortite) si suicidano combinando dei disastri epocali – il golpe contro Marino a Roma o la candidatura di due carneadi senza un briciolo di carisma a valle dell'ingloriosa fine di Cota a Torino, per esempio. La verità è che il massimo risultato che i grillini potranno ottenere alla fine di questa tornata elettorale è di 2 città capoluogo su 25, mentre la destre ne hanno già ottenuta una e potrebbe potenzialmente conquistarne altre 19. Ed è una verità amara della quale i grillini farebbero bene a comprendere le cause, invece di festeggiare (anzitempo, tra l'altro) la Raggi e la Appendino.
Ma per quanto sia vero che il partito di governo paga sempre dazio alle amministrative, il PD potrebbe essere il vero sconfitto di queste elezioni. Come le destre, può ancora conquistare praticamente l'intera posta in gioco, tra l'altro col vantaggio di avere già in saccoccia tre capoluoghi invece che uno. Ma, a parte il fatto che arrivava da un solido risultato di 21 a 4, la mattina del 20 giugno potrebbe anche svegliarsi in un incubo, mentre fino a pochi anni fa alcune regioni (tra le quali la nostra) garantivano la certezza di arrivare al secondo turno con metà della fatta. La verità è che, come diceva Giovanni Lindo, non c'è più nessuna garanzia per nessuno. Peccato per gli amministratori locali del PD, che su quella garanzia hanno giocato una carriera, e a volte un'intera esistenza, e che oggi sembrano in preda al panico o beatamente inconsapevoli, in ogni caso totalmente incapaci di reagire ad una realtà che è cambiata, e radicalmente. Tra l'altro, se invece il 20 si dovessero svegliare salvi per il rotto della cuffia, come a Faenza un anno fa, con ogni probabilità festeggeranno come i grillini (nel caso) senza interrogarsi sul perché avranno rischiato di perdere contro dei personaggi che cinque anni fa sarebbero stati considerati impresentabili folcloristici da 5% di risultato massimo. Auguri a loro, dunque, ché ne hanno bisogno.
E Renzi?
Renzi, malgrado quello che già dicono un po' tutti da Grillo e Salvini in giù, non ha perso queste elezioni e non le perderà nemmeno in caso di disastro PD il 19 giugno. Non le perderà semplicemente perché delle elezioni locali (come del PD) gliene frega meno di zero: il suo unico obiettivo è il referendum di ottobre, come ampiamente dimostrato dall'(apparentemente) incredibile scelta di parlare solo di quello per tutto l'ultimo mese, lasciando più o meno a sé stessi (e alla loro generale pochezza) i candidati PD sul territorio. Perché la questione è che Renzi sta giocando un'altra partita, che si svolge esclusivamente sul piano nazionale e ha il suo cuore nel referendum di ottobre. Renzi sa benissimo che al netto di tutta la retorica sul sindaco d'Italia, un sindaco ostile si commissaria, si fa dimettere, o si caccia senza tanti complimenti, alla Marino. L'unica cosa che interessa a Renzi è che passi quella sciagurata modifica costituzionale che abbinata all'Italicum permette ad un solo partito di vincere le elezioni col 30% dei voti (o meno) e di governare indisturbato e senza alcun tipo di freno: a quel punto, a chi importerebbe di avere un sindaco in più o in meno? Di più: a cosa servirebbero sindaci, presidenti di regione, e qualsiasi altro organo intermedio dello stato (partiti compresi) se non a ratificare ed eseguire gli ordini di un governo onnipotente? Renzi questo lo sa, e se ci pensate bene lo sapete anche voi.
Il bello, si fa per dire, è che il rischio indissolubilmente legato a questa operazione è che, alla fine, le eventuali elezioni con la nuova legge e la nuova costituzione le vinca qualcun altro. Qualcuno come Salvini
o Berlusconi, per esempio – e non è un caso che le televisioni berlusconiane per ora non abbiano sparato un solo colpo contro il referendum renziano. Oppure qualcuno come Grillo o chi per lui – e sarà per questo che i 5Stelle non stanno facendo del referendum costituzionale il loro primo argomento di attacco al governo. Invertendo i fattori, il risultato non cambia: chiunque le vinca potrà fregarsene allegramente del restante 70% di italiani che non l'ha votato, e dei molti altri che nemmeno votano più.
Ci hanno riempito la testa col concetto che la cosa più importante sia sapere chi ha vinto la mattina dopo il voto: io dico invece che la cosa più importante è che chi vince, chiunque sia, non sia libero di calpestare i diritti di chi ha perso, a maggior ragione se a perdere è, comunque vada, la stragrande maggioranza degli italiani. La cosa importante è che chi vince sia tenuto a confrontarsi con qualcuno che non la pensa come lui per poter governare, di modo da impedire che quel qualcuno pensi di poter fare quello che vuole – e possa davvero farlo.
Se ci pensate un attimo, se vi fermate anche solo un secondo e chiudete occhi e orecchie all'incessante flusso di storytelling – una volta si chiamavano stronzate, ma ora siamo moderni – vi accorgerete che no, davvero no, non volete che uno come Renzi, Grillo o Salvini, o chiunque altro se è per questo, possa decidere senza alcun confronto, senza alcun freno, senza alcun limite cosa fare di voi e della vostra vita.
Se no facciamo una cosa, che facciamo prima e siamo un po' più onesti con noi stessi: aboliamo direttamente la democrazia e sostituiamola con un plebiscito ogni cinque anni. Come facevano Napoleone III nell'ottocento, e un altro tizio pelato più di recente.
Comunque, è per questo che Renzi non ha perso né perderà queste elezioni amministrative. Avrete notato che non ho parlato della sinistra.
Della sinistra non parlo perché mi viene l'amarezza.
Dico solo che finché resteremo succubi di logiche vecchie di vent'anni (quando va bene, perché di norma sembra di essere nel 1921) non potremo aspettarci nulla di meglio di Fassina che prende il 4,47% in una città nella quale il principale competitor (o quello che dovrebbe esserlo, cioè il PD) si è letteralmente suicidato.
Soluzioni immediate, semplicemente, non ce ne sono – ed è quindi inutile e masochista sprecare energie a discutere se la responsabilità sia di chi ha la falce e martello più o meno grossa o di chi è andato col PD e di chi no o delle ruote di mio nonno carriola. L'unica è impegnarsi a fondo a votare e far votare no al referendum di ottobre, perché se dovesse vincere il sì sarebbe il trionfo di Renzi, Grillo e Salvini e della loro logica puramente nazionale e totalizzante da one-man-show e voto pigliatutto una volta ogni cinque anni, sulla pelle tra l'altro (come si sta vedendo e vedrebbero anche loro, avessero occhi propri) dei rispettivi attivisti sul territorio.
E sarebbe la fine di qualsiasi discorso sulla sinistra in Italia, certamente per anni, forse per sempre.