Lo hanno annunciato in conferenza stampa i leader di Cgil e Uil, Landini e Bombardieri. Otto ore di stop e manifestazioni territoriali. “Chiediamo cambiamenti profondi e radicali”
Sarà scioperò generale, venerdì 29 novembre. Otto ore di stop, per l’intera giornata, con manifestazioni territoriali. L’hanno proclamato oggi Cgil e Uil. Una mobilitazione contro le politiche economiche del governo annunciata in conferenza stampa a Roma dai segretari generali di Cgil e Uil, Maurizio Landini e PierPaolo Bombardieri. Le due confederazioni – hanno spiegato i leader sindacali durante l’incontro con la stampa nella sede della Uil – chiedono di cambiare la manovra di bilancio, considerata del tutto inadeguata a risolvere i problemi del Paese, e scendono in piazza per “rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali”.
Il video integrale della conferenza stampa
"Cambiamenti profondi e radicali”
“Chiediamo cambiamenti profondi e radicali per questa manovra – ha detto Landini illustrando le ragioni dello sciopero generale –, non semplici emendamenti. È necessario un cambiamento di indirizzo sostanziale, a partire da una vera riforma fiscale, che attualmente il governo non sta realizzando; anzi, sta facendo esattamente il contrario attraverso condoni e agevolazioni elettorali. Stiamo parlando di misure che mettono a rischio il futuro del nostro Paese, a cominciare dal suo settore industriale e manifatturiero”.
Sette anni di tagli
“Il governo – ricorda sempre Landini – ha presentato all'Europa un piano strutturale di bilancio che vincola il Paese a sette anni di tagli alla spesa pubblica. Noi sindacati abbiamo manifestato a Bruxelles e scritto al Parlamento europeo affinché si ponga fine all’austerità e si apra una nuova fase di politica economica e sociale, basata sugli investimenti e non sui tagli alla spesa sociale”.
Intervenire sulle entrate
L’obiezione di fondo dei sindacati, prosegue Landini, “è che, per ridurre il debito, si può intervenire anche sulle entrate, non solo tagliando la spesa. Agire sulle entrate significa, prima di tutto, fare una riforma fiscale opposta a quella che sta portando avanti l'attuale governo, che non ha discusso né con il Parlamento né con le forze sindacali. Noi rivendichiamo il diritto di partecipare a questa discussione, perché quando il 90% delle entrate Irpef proviene dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, la riforma fiscale deve essere discussa con chi effettivamente paga le tasse”.
Per il leader della Cgil “intervenire sulle entrate è essenziale per fare scelte di politica economica e sociale necessarie, poiché le risorse per aumentare i salari e la spesa pubblica sono lì, così come quelle per investire nella sanità pubblica, nell’istruzione, nelle scuole e negli asili. Ci sono le risorse per le politiche di investimento industriale di cui il Paese ha bisogno. Questo è un punto cruciale”. Il governo ha convocato i sindacati la prossima settimana, “ma a cose già fatte, poiché la manovra è già stata presentata al Parlamento, limitando così ogni margine di modifica”.
15 miliardi da restituire a lavoratori e pensionati
“Le entrate fiscali del 2023 – ricorda Landini motivando le ragioni dello sciopero generale – sono in aumento, e, se guardiamo i numeri, quasi metà di queste entrate provengono dall'Irpef. Ciò significa che i lavoratori dipendenti e i pensionati pagheranno quest'anno 15 miliardi di euro in più, oltre ai 6-7 miliardi in più derivanti dall'Iva”.
Prosegue il numero uno della Cgil: “Abbiamo fatto presente al ministro Giorgetti che queste entrate aggiuntive provengono dalle tasche dei lavoratori e dei pensionati. Abbiamo chiesto espressamente che i 15 miliardi in più siano restituiti a loro e vengano destinati anche ad aumentare la spesa per la sanità, per finanziare la legge sulla non autosufficienza, per investire nella scuola pubblica, negli asili e nei servizi fondamentali”.
Inaccettabile il taglio all’automotive
Inoltre, per tornare al manifatturiero e all’industria, “dentro la finanziaria, il taglio di 4,6 miliardi di euro al fondo automotive è inaccettabile. Non è un colpo solo a Stellantis, ma a tutto il settore automotive e della componentistica”, ha detto Landini. “Siamo pronti a collaborare con le categorie - continua - e chiediamo alla presidenza del Consiglio di convocare le imprese, Stellantis, i sindacati e le associazioni di categoria, poiché è una questione che riguarda tutto il Paese”.
Uno sciopero per il lavoro
“Questa è una giornata di sciopero che i lavoratori pagano di tasca propria – ha ricordato invece Bombardieri –. Non si tratta di una mobilitazione di sabato: chi sciopera in questa giornata rinuncia a una giornata di stipendio per sostenere queste proposte, che riguardano, innanzitutto, il lavoro”.
“Come sindacati – precisa Bomardieri – non possiamo dire che le cose vanno bene quando i salari non aumentano. Un sindacato deve rivendicare aumenti salariali e una redistribuzione equa della ricchezza prodotta dal lavoro. Per questo motivo, continuiamo a sostenere la necessità di recuperare il potere d’acquisto perso a causa dell’inflazione degli ultimi anni”.
Il taglio del cuneo fiscale non aumenterà le buste paga
Il taglio del cuneo fiscale, reso strutturale dal governo, per Bombardieri “non comporta alcun aumento di stipendio a gennaio 2025, neanche di un euro. Quindi, non posso essere soddisfatto semplicemente perché non ci sono stati peggioramenti. Al contrario, noi vogliamo che i salari aumentino, e questo significa, per noi, rinnovare i contratti. Avevamo richiesto al governo la detassazione degli aumenti contrattuali, ma su questo non è stata data alcuna risposta”.
Niente per la sicurezza
“Un altro tema cruciale è quello della sicurezza sul lavoro. Nonostante le celebrazioni ufficiali alla Camera e al Senato dedicate alla sicurezza, dove parlano tutti tranne le parti sociali – denuncia Bombardieri –, la situazione non cambia: i morti sul lavoro continuano ad aumentare. In questa manovra, da quanto abbiamo potuto osservare, non è previsto neanche un euro di investimento per migliorare la sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Sanità pubblica definanziata
Sulla sanità, Bombardieri ricorda che ciò che conta è “il rapporto tra quanto viene investito e il Pil. In Italia, rispetto alla spesa sanitaria, questo valore si aggira intorno al 2%, e i dati parlano chiaro: gli investimenti nella sanità pubblica sono in diminuzione”.
“Per chi avesse ancora dubbi – incalza Bombardieri –, sfido i nostri politici a fare esperienza diretta: quando necessitano di una visita o di un medico, anziché rivolgersi a conoscenti o a primari, provino a prenotare tramite Cup o a recarsi in un pronto soccorso. Questa esperienza basterebbe per capire le difficoltà in cui versa la sanità pubblica”. La verità, insomma, è che “in Italia, la sanità pubblica sta venendo progressivamente definanziata a vantaggio di quella privata, un dato di fatto che non può essere ignorato”.
No al dumping contrattuale
“A proposito di contratti – denuncia Bombardieri -, abbiamo la netta impressione che questo governo e la maggioranza politica abbiano intenzione di delegittimare il sistema di relazioni industriali e la rappresentanza sindacale nel nostro Paese. Quando vediamo il ministro del Lavoro presente alla firma di contratti pirata siglati da sindacati non rappresentativi e da associazioni datoriali senza reale rappresentanza, che riducono sia le tutele che le condizioni economiche dei lavoratori, la sensazione è che il governo voglia incentivare accordi con chi paga e tutela meno i lavoratori”. Magari dando un colpo ai “sindacati che danno fastidio”.