Trivelle. Nel referendum del 17 aprile c'è ben di più di una semplice questione di petrolio si o petrolio no. C'è da scegliere se il territorio/ambiente (quale principale bene comune di un intero popolo globale) è oggetto da sfruttare, sottraendolo alla nostra come alle future generazioni. Oppure se è patrimonio comune, da difendere dall'egoismo privato e conservarlo come una parte irrinunciabile e integrante della vita umana e di quella ambientale. Nel conflitto, i risvolti economici, sono i meno importanti. Il voto SI contro le trivelle è anche un voto contro chi corrompe o compromette le istituzioni, per aver soddisfazione di interessi, oltretutto, illegittimi e non difendibili con un'etica pulita. L'esempio del “caso Guidi/Gemelli”, ma ancor più, della stessa insistenza del presidente del consiglio di difendere la natura di quell'atto pubblico. Cioè, l'emendamento, già bocciato dalla competente commissione parlamentare e inserito a viva forza dal governo. Etica pubblica dunque. La politica a cui assistiamo, la sta cancellando dalla norma comportamentale del governo e induce il popolo a ritenere le istituzioni, l'avversario invece che la rappresentanza dei propri interessi. Si tradisce quell'etica anche considerando normale averla sporcata. (Ma quanto è corretta e brava la ministra Guidi a dare le dimissioni!?)
È un voto – quello del 17 aprile - per l' interesse pubblico, cioè dei cittadini, contro quello dei pochi speculatori sulla vita. Il fabbisogno di energie è altra cosa. In altro modo va risolto. Come è altra cosa la difesa del posto di lavoro. L'uno e l'altro hanno ben altro terreno di soddisfazione.
Tra l'altro, il meccanismo truffaldino della durata della concessioni, oltre il tempo contrattuale della concessione stessa, che gli antireferendari vogliono permettere, consente alle compagnie petrolifere, con la regola che fino ad una certa quantità di estrazione, non paga le "royalties", (imposta sulla estrazione), di estrarre strumentalmente e furbescamente poco petrolio nel periodo dato, facendo durare la riserva, appunto, oltre il tempo della durata della concessione. Fino allo svuotamento totale del sito. In sostanza, opera una “franchigia annuale” e diventa l'unica attività economica che sfrutta risorse pubbliche naturali, per le quali non si pagano imposte. Ecco altra questione di etica. Si tenga anche conto che, queste concessioni, non hanno durata breve. Sono infatti trentennali. Un governo che si inventa un meccanismo per non riscuotere imposte eque e legittime, tutta al più su una risorsa naturale e pubblica, aiuta a costruire un giudizio dal quale ne consegue che sia un governo che lascia presupporre altre convenienze, ma non pubbliche. Quindi, personali dei suoi membri, amici e parenti.
Senza contare poi sulla ricaduta positiva di una politica energetica non fossile, sul risparmio della spesa sanitaria, in quanto non esiste nulla di più incisivo della prevenzione alle malattie, nel contesto della lotta agli sprechi di risorse. E' arcinota ogni conseguenza sulla salute, oltre che sull'ambiente, di ogni emissioni di sostanze inquinanti da petrolio e derivati. Ma questo è altro capitolo.
Anche l'atteggiamento del governo di indicare che i cittadini non vadano a votare, non è questione di "libertà di scelta". Non partecipare personalmente da parte di un qualsiasi membro del governo, può essere una scelta libera e legittima. Ma indicarlo con ufficialità è una violazione del diritto-dovere di partecipare al concorso democratico-popolare del nostro comune futuro.
Infine, per dare altro argomento per andare a votare, e votare SI il 17 aprile, è importante (e altrettanto allarmante) valutare la segnalazione scientifica di ieri da parte della NASA. Secondo cui, i cambiamenti climatici prodotti dal surriscaldamento e relativo disgelo, protagonista principale - l'energia fossile - fa “barcollare la Terra”. Una rottura del suo equilibrio che produce variazioni nella sua rotazione. Scusate se è poco!
Germano Zanzi
10 aprile 2016