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Questa lettera era stata inviata al settimanale SetteSereQui, che, fino ad oggi, non l'ha pubblicata.

…replicando all’intervento in Senato del sen. Stefano Collina
L’importante è pedalare,……dove si arriva non importa

E’ ciò che si coglie dall’intervento del senatore Collina, fatto in Senato il 17 settembre, dove il leitmotiv è: queste riforme istituzionali servono per “uscire dalle logiche dell’emergenza, […] mettere le istituzioni e la politica in condizione, […] di fare un grande passo in avanti in termini di adeguatezza e di modernizzazione del nostro Paese”.
Tutto il discorso non entra nel merito dell’oggetto in causa – d’altronde a cosa servirebbe – ma usa la tattica del far proprie le critiche altrui, guardandosi bene dall’affrontare dialetticamente le argomentazioni.
Colpiscono in particolare alcuni passaggi:

  • Si accusa la nostra democrazia di “non andare mai a fondo nelle questioni”, come se i costituenti avessero pensato al Senato come a un organo che permetta ai parlamentari di non legiferare.
    Fortuna che sono arrivati i nostri eroi che hanno capito cosa non funziona nella Costituzione e che, pur di fare, accettano l’umiliazione del Parlamento approvando un disegno di legge la cui origine è frutto dell’iniziativa del Governo, unico potere dello Stato che in materia di revisione costituzionale dovrebbe rimanere estraneo su ogni proposta di riforma. E proprio il non voler andare a fondo nella questione ha caratterizzato l’atteggiamento di chi appoggia tale cambiamento.
  • Ci si sente investiti di un impegno che deve a tutti costi caratterizzare questa legislatura, che si avvale , però, di un Parlamento la cui composizione è stata giudicata illegittima dalla Corte Costituzionale, perché non rispecchia la volontà espressa dagli elettori.
  • Si dice che si va verso un “ sostanziale monocameralismo, cui aggiungiamo una nuova Camera che si chiama Senato (allo stesso modo), con la quale cerchiamo di raccogliere la realtà di un’articolazione delle istituzioni locali e territoriali che in questi anni si è abbondantemente strutturata.”. Ormai credo che nessuno voglia difendere il bicameralismo paritario che rispondeva a determinate contingenze storiche in parte superate e ha dimostrato i suoi limiti, ma ci si rende conto che dal mixer della riforma elettorale con questa riforma costituzionale, che elimina il Senato come organo eletto dai cittadini e rappresentativo della sovranità popolare, toglie alle Regioni il governo del territorio, ne esce un “premierato assoluto”, per la concentrazione di potere nelle mani del Governo e del Primo Ministro, attribuendo di fatto ad un unico partito - che potrebbe anche essere espressione di una non ampia minoranza di elettori - sia il potere esecutivo, sia quello legislativo, condizionando, di conseguenza, la nomina del Presidente della Repubblica, dei componenti della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura, che sono organismi di garanzia fondamentali per la vita della democrazia?
  • Si afferma che “ Istituire oggi il Senato delle Regioni significa creare un luogo dove le forbici del nostro Paese possono essere ridotte ed affrontate in modo positivo, proprio grazie al confronto costante da parte dei rappresentanti provenienti dalle Regioni e dalle città”. In realtà, se il Senato verrà trasformato in una Camera della autonomie locali, c’è il rischio che diventi un’istituzione simile alla Conferenza tra Stato e Regioni, che già esiste e dovrebbe assolvere al compito declamato dal Senatore per il nuovo Senato.
  • In ultimo, si sostiene che ”per quanto riguarda “ i Comuni e le Regioni, c’è piena consapevolezza di quanto sia elevato il livello di maturità della cittadinanza e delle istituzioni, […] così da poter tornare dai cittadini a chiedere un loro giudizio di conferma o di disapprovazione.” E qui ancora una volta si evidenzia la frattura fra classe politica e cittadini. L’informazione, non solo non passa in modo corretto, ma non c’è neppure discussione in quei luoghi deputati territorialmente per il confronto. Mi riferisco allo stesso partito e quindi ai circoli, che dovevano essere il fiore all’occhiello della partecipazione democratica. Circola infatti anche a Faenza un documento in cui si lamenta il mancato confronto. L’informazione è sempre a senso unico e non si entra nel merito dell’impianto generale di una riforma che modifica sostanzialmente la seconda parte della nostra Costituzione che, torno a ripetere, va rivista, ma nello spirito democratico che l’ha fondata. Oggi si procede per compartimenti stagni: riforma del Senato, riforma dell’art. V, riforma della legge elettorale (in quest’ultimo caso con un risultato che, a detta di molti costituzionalisti, è peggiore del Porcellum) senza tener conto, o non volendo tener conto di quello che sarà il risultato finale.

Se poi, per “tornare dai cittadini a chiedere un loro giudizio di conferma o di disapprovazione”, il Senatore si riferisce a un referendum, gli ricordiamo che questo non può essere richiesto dal Governo e non è previsto dalla Costituzione nel caso la riforma passasse con i due terzi.
Finita l’ebrezza del potere e quando nel corso del tempo una forza di destra governerà, i fautori di questa riforma si renderanno conto degli errori fatti, ma allora sarà troppo tardi! 

Antonella Baccarini