Parlando del forte astensionismo nelle regionali del 23 novembre, drammaticamente alto in Emilia Romagna, il professor Piergiorgio Odifreddi ha proposto una riflessione che condivido. Tradotto in breve, ha detto che a disertare le urne sono stati questa volta tanti elettori di sinistra che “hanno perso la speranza”.
L’astensionismo non è un fenomeno inedito, si alimenta di volta in volta di motivazioni nuove e diverse. Ritengo debba preoccupare sempre chi ha a cuore la partecipazione quale essenza della democrazia. E che ne vadano capite le ragioni. Una modesta quota di elettorato che non vota
può essere considerata fisiologica, quando si arriva a due elettori su tre si tratta di ben altro.
Liquidare il tema quale “problema secondario”, come ha fatto Renzi, si traduce in tracotanza e miopia. Tentare di spiegarlo con argomentazioni inconsistenti - si votava solo qui, poca informazione, esito scontato e via banalizzando - o cavarsela con un “mal comune mezzo gaudio” (l’astensionismo ha colpito tutti i partiti), vuol dire rinunciare a capire e, quindi, ad adoperarsi per risalire la china.
C’è in Emilia Romagna, forse più che in altre regioni, una parte grande della società che continua a essere di sinistra, che rivendica rispetto e coerenza per le lotte politiche e sociali che hanno consentito la conquista dei diritti, la coesione sociale, l’affermazione di un alto senso civico, un diffuso impegno democratico. È il popolo che qui, in questa regione, ha sbarrato la strada al berlusconismo e alle pulsioni demagogiche e razziste. E che ha agito concretamente - nella politica, nel sindacato, nel volontariato, nei movimenti - dando sostanza ad una società migliore rispetto ad altre aree del Paese, anche se non esente da limiti ed errori.
È un popolo che oggi non si riconosce nelle politiche, nei metodi e nell’idea di futuro che Renzi sta perseguendo. Che non accetta la “rottamazione” di una storia costruita e difesa con l’impegno e i sacrifici di tanti uomini e donne. Che rifiuta la guerra tra poveri e tra generazioni mentre permangono insopportabili privilegi ed ingiustizie. E che non è disposto a saltare il fosso per accodarsi, come altri hanno fatto, al pifferaio di turno.
Ecco, molti non sono andati a votare perché ormai sentono lontano ed estraneo questo Pd e perché hanno giudicato - a ragione - inadeguata e insufficiente l’offerta politica a sinistra del Pd. Perché “hanno perso la speranza”.
Chi non lo capisce, soprattutto fra quanti ricoprono ruoli nella politica e si dicono di sinistra, commette un errore imperdonabile.
E’ anche da qui che si deve ripartire per costruire una sinistra nuova, unita, forte dei suoi ideali di uguaglianza e solidarietà, capace di abbattere vecchi recinti e al tempo stesso di interpretare il profondo bisogno di cambiamento autentico, sia sul piano programmatico che etico. E di dare voce e restituire speranza a quanti continuano a credere che un’alternativa sia necessaria e possibile.
Angelo Emiliani