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"La situazione è grave, servono misure strutturali e continuative. Il governo deve saper ascoltare, occorre cambiare metodo". Lo afferma Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, commentando la fiducia che il decreto Aiuti ha ottenuto alla Camera

 Foto: Marco Merlini

Via libera dell'Aula della Camera al dl Aiuti. Il testo, approvato a Montecitorio con 266 voti a favore e 47 contrari, passa al Senato, dove dovrà essere approvato, pena la decadenza, entro questa settimana. Il decreto contiene, tra l'altro, il bonus 200 euro per una parte di lavoratori e pensionati. Ne parliamo con Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil.

Cominciamo dal metodo: chiusura totale ad accogliere qualunque correzione sia del Parlamento che delle parti sociali. Una sorta di autoritarismo governativo?
Il metodo non funziona, soprattutto in una fase così complessa, con tanti problemi che si stanno accavallando. In particolare sul decreto Aiuti non funziona, perché il risultato del non ascolto, sia degli emendamenti che avevamo proposto noi e fatti propri da alcune forze politiche, sia di quelli di origine parlamentare, ha come conseguenza una cosa molto semplice: le persone che si trovano in condizione di maggiore fragilità non potranno fruire del bonus di 200 euro. Uno strumento che dovrebbe aiutare chi è in maggiore difficoltà, ma proprio a loro viene negato. In questo modo si contraddice l'obiettivo stesso del provvedimento: dare una prima risposta, ancorché insufficiente, all'aumento del costo della vita, all'aumento dei beni energetici. Questo modo di procedere non funziona. Oltretutto tutto, questa modalità si somma a un profluvio di decreti legge per cui lo stesso Parlamento non ha neanche modo di approfondire i contenuti dei provvedimenti, di fare una valutazione compiuta. Inevitabilmente si commettono errori. Un esempio per tutti: nel decreto Pnrr è stata introdotta una modifica del Codice Civile per il settore della logistica che ha come effetto la ulteriore riduzione delle tutele per lavoratori e lavoratrici

Veniamo al merito del decreto Aiuti: cosa non va nel testo che ha appena ricevuto la fiducia della Camera e che deve passare al Senato?
Insieme a Cisl e Uil abbiamo più volte segnalato, e presentato corrispondenti emendamenti, che per come è scritta la norma che assegna il bonus di 200 euro molti lavoratori vengono esclusi: quelli precari, dell’agricoltura, dello spettacolo, tutti quelli che non hanno una busta paga a luglio, coloro che non hanno usufruito della decontribuzione dello 0,80 prevista dalla legge di bilancio. Questo significa che esattamente le fasce più deboli della popolazione non avranno la possibilità di accedere a questo aiuto. Il governo non ha voluto correggere il provvedimento, immagino per ragioni economiche, anche se non parliamo di cifre esorbitanti. In ogni caso rimane il fatto che una misura pensata per aiutare chi è maggiormente in difficoltà proprio a loro non arriverà. Nell’incontro che avremo domani con l’esecutivo chiederemo di correggere questo vulnus in un prossimo provvedimento.

Foto: Marco Merlini

Duecento euro una tantum non risolvono certo i problemi legati all'aumento dei prezzi e dell’inflazione. Probabilmente occorrono strumenti diversi. Sono questi quelli che porrete sul tavolo dell'incontro di domani?

Sì, sono gli stessi che abbiamo posto a maggio. Sono molto simili a quelli che abbiamo chiesto a dicembre, perché il problema non nasce oggi, né lo scorso 24 febbraio quando Putin ha attaccato l’Ucraina. Da allora la situazione si è aggravata, ma il tema, cioè rispondere all'emergenza salariale, ai redditi bassi di lavoratori e pensionati, è questione assai urgente e rilevante da ben prima dell’inizio del conflitto. Questa è una delle ragioni che ci hanno portato a dicembre, insieme alla Uil, a proclamare uno sciopero generale per chiedere una riforma fiscale in grado di rispondere al grande tema dell’aumento delle diseguaglianze ripristinando equità e progressività. Dando respiro ai redditi da lavoro: ricordiamo che sono lavoratori e pensionati a versare ben oltre l’80% dell’Irpef. Questo è il modo vero di dare risposte ai redditi più bassi. I 200 euro sono l'ennesimo bonus che però non può risolvere il problema.  Gli effetti dell’inflazione sulla popolazione sono assai più gravi che nel resto d’Europa perché abbiamo un livello di precarizzazione più alto, un numero di poveri più alto, un problema di disoccupazione rilevante e salari al palo da anni. Per questo l’impatto in Italia è più grave. Quindi servono misure che abbiano caratteristiche strutturali, che siano continuative, che partano adesso e proseguano anche nel 2023.

Hai fatto cenno ai poveri. L'ultimo rapporto dell'Istat ha segnalato come dal 2005 ad oggi siano triplicati, che esistono milioni di lavoratori poveri e come reddito di cittadinanza e reddito di emergenza abbiano contribuito a tamponare una situazione che poteva essere ancora più grave. Eppure, una correzione, o meglio una aggiunta al testo originario al decreto Aiuti è stata fatta proprio peggiorando il reddito di cittadinanza.
È semplicemente il fatto che in questo governo convivono forze che hanno valutazioni diverse rispetto al reddito di cittadinanza. C’è chi sta raccogliendo le firme per cancellarlo, chi invece lo ha proposto. Già questo è un elemento di contraddizione. Aggiungo: tutti i provvedimenti sono migliorabili, incluso il reddito di cittadinanza. C'è solo un punto che a mio parere deve essere chiarito anche alle forze di governo, oggi in questa condizione è indispensabile avere uno strumento di contrasto alla povertà come il reddito di cittadinanza. Così come, nella fase più acuta della pandemia, è stato indispensabile introdurre il blocco dei licenziamenti e i diversi strumenti di sostegno per i lavoratori e i cittadini. Se quegli strumenti non ci fossero stati, la già difficile situazione del Paese sarebbe diventata drammatica. I mesi che abbiamo di fronte saranno ancora più difficili, siamo in una fase di peggioramento e occorre farvi fronte. Poi una considerazione: ci piacerebbe che quanti si affannano per contrastare il reddito di cittadinanza, mettessero la stessa energia e la stessa tenacia nel contrastare la precarietà e creare lavoro dignitoso e di qualità. Alla base dell’impoverimento c’è la precarietà e il lavoro dequalificato e sottopagato. Questi sono i temi che domani porteremo all’attenzione del governo. La premessa non può che essere un diverso modo di intendere il confronto con le organizzazioni sindacali. La situazione è grave, va affrontata trovando insieme le soluzioni adeguate.

 

Superare la precarietà, rinnovare i contratti, aumentare i salari e contrastare la povertà. Dal tavolo di oggi a Palazzo Chigi, Cgil, Cisl e Uil chiedono al governo un'inversione di marcia e un piano serio per ridare ossigeno ai lavoratori e alle loro famiglie

 Foto: Marco Merlini

“Molte persone in Italia, pur lavorando, non arrivano alla fine del mese”. Maurizio Landini da tempo lo sta dicendo in ogni dove: nelle assemblee coi lavoratori, nelle iniziative in cui è invitato, sulla stampa. Questa mattina lo dirà direttamente al premier Mario Draghi che ha convocato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil a Palazzo Chigi. Un incontro atteso da tanto, troppo tempo. L’ultimo tavolo, lo scorso 2 maggio. Due mesi in cui la situazione economica e sociale nel Paese si è aggravata ulteriormente e che se non si interviene in modo serio rischia di essere solo l’antipasto di un autunno bollente.

Il leader della Cgil lo ha ripetuto pochi giorni fa intervenendo alla

Bisogna riprendere il tavolo di confronto, altrimenti i sindacati sono pronti a intensificare le proprie iniziative. Le proposte: 41 anni di contribuzione per tutti e flessibilità in uscita dai 62 anni. Opzione donna va prorogata, ma non basta

Foto Daniele Leone/LaPresse 23-07-2014 Roma, Italiacronaca Manifestazione di Ugl pensionati per chiedere la fine delle tassazioni capestro ed il ripristino del potere d'acquisto delle pensioni. Piazza Montecitorio

 

Ènecessario che il Governo riapra al più presto il tavolo di confronto sulla previdenza, che si è interrotto bruscamente a febbraio, per le vicende legate alla crisi geopolitica. Perché – anche se l’emergenza non è superata – il tema pensioni è un punto centrale e va affrontato subito, per dare risposte e certezze alle persone, e non agitato come slogan nella prossima campagna elettorale”. Così il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, in un’intervista apparsa su Pensionipertutti.it e nella quale il responsabile previdenza della Confederazione di corso d’Italia fa il punto sul tema pensioni, prima della scadenza il prossimo 31 dicembre delle attuali misure tampone che a parole avrebbero dovuto cambiare radicalmente la riforma Monti-Fornero: Quota 102, Ape sociale e Opzione donna.

 

 

A proposito delle quali, il sindacalista ribadisce che “la riforma Monti-Fornero non è mai stata superata. In questi anni, infatti, sia Quota 100 sia, a maggior ragione, Quota 102 sono stati provvedimenti del tutto marginali e temporanei. Hanno riguardato solo una piccola parte del mondo del lavoro: con Quota 100, coloro che sono nati entro il 1959 e avevano perfezionato almeno 38 anni di contribuzione; mentre con Quota 102 – introdotta quest’anno – chi ha 64 anni e sempre 38 anni di contribuzione”. 

Le proposte contenute nella Piattaforma unitaria sono note: 41 anni di contribuzione per tutti a prescindere dall’età e una flessibilità a partire da 62 anni. Per Ferrari sono misure sostenibili, perché “il bacino dei soggetti in regime retributivo va rapidamente esaurendosi, e almeno due terzi delle posizioni sono già oggi calcolate con il sistema puramente contributivo. Questo cambia completamente lo scenario, perché la quota contributiva non determina alcun costo aggiuntivo per la spesa pensionistica, ma solo un anticipo di cassa”. I sindacati, da parte loro, non hanno intenzione di mollare la presa, si legge nell’intervista, “se necessario anche intensificando la nostra iniziativa sindacale, in continuità con lo sciopero generale dello scorso 16 dicembre”.

Il segretario confederale della Cgil ha poi parlato di Opzione donna e Ape sociale. La prima va confermata, anche perché non comporta costi aggiuntivi, ma “la sola proroga di Opzione donna – che condividiamo – non è una risposta sufficiente, perché comunque ha un impatto limitato. C’è bisogno di valorizzare realmente – anche sul piano previdenziale – il lavoro delle donne e più in generale il lavoro di cura”.

Quanto all’Ape sociale “noi pensiamo sia arrivato il momento di dare certezze definitive alle casistiche ricomprese in questo istituto (disoccupati, invalidi civili, car giver e gravosi). Non è possibile continuare a trascinarlo e rinnovarlo di anno in anno, di legge di bilancio in legge di bilancio”. Ad esempio, sui “gravosi” “c’è la necessità di intervenire, in particolare abbassando il requisito contributivo, che oggi risulta essere l’ostacolo principale”.

Infine da Ferrari arriva una bocciatura per la proposta del presidente dell'Inps Tridico che prevede una pensione in due tranches: la prima dai 63 anni con assegno contributivo, a cui si aggiungerebbe la quota retributiva dai 67 anni una volta raggiunti i requisiti Fornero.  “La proposta di percepire prima la quota contributiva sarebbe parziale, e difficilmente sostenibile soprattutto per coloro che hanno redditi bassi”.

L'APPELLO DELLA SOCIETÀ CIVILE . Le principali reti pacifiste e delle organizzazioni della società civile del nostro paese hanno deciso di raccogliersi nel cartello Europe for Peace. Con questo appello chiedono congiuntamente che l'Italia si impegni per un immediato cessate il fuoco nel conflitto russo/ucraino e affinché riprendano i negoziati
Guerra in Ucraina: tutte le manifestazioni per la pace dei prossimi giorni

Verso una conferenza internazionale di pace 23 luglio giornata nazionale di mobilitazione per la pace in tutte le città italiane

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa ed ha già fatto decine di migliaia di vittime e si avvia a diventare un conflitto di lunga durata con drammatiche conseguenze per la vita e il futuro delle popolazioni ucraine, ma anche per l’accesso al cibo e all’energia di centinaia di milioni di persone, per il clima del pianeta, per l’economia europea e globale.

Siamo e saremo sempre dalla parte della popolazione civile, delle vittime della guerra in Ucraina e dei pacifisti russi che si battono per porre fine all’aggressione militare. Questa guerra va fermata subito e va cercata una soluzione negoziale, ma non si vedono sinora iniziative politiche né da parte degli Stati, né da parte delle istituzioni internazionali e multilaterali che dimostrino la volontà di cercare una soluzione politica alla crisi.

Occorre invece che il nostro paese, l’Europa, le Nazioni Unite operino attivamente per favorire il negoziato e avviino un percorso per una conferenza internazionale di pace che, basandosi sul concetto di sicurezza condivisa, metta al sicuro la pace anche per il futuro.

Bisogna fermare l’escalation militare. Le armi non portano la pace, ma solo nuove sofferenze per la popolazione. Non c ‘è nessuna guerra da vincere: noi invece vogliamo vincere la pace, facendo tacere le armi e portando al tavolo del negoziato i rappresentanti del governo ucraino, di quello russo, delle istituzioni internazionali.

La popolazione italiana, nonostante sia sottoposta a una massiccia propaganda, continua ad essere contraria al coinvolgimento italiano nella guerra e a chiedere che si facciano passi concreti da parte del nostro governo e dell’Unione Europea perché sia ripresa con urgenza la strada dei negoziati.

Questo sentimento maggioritario nel paese è offuscato dai media mainstream ed è non rappresentato nel Parlamento. Occorre dargli voce perché possa aiutare il Governo a cambiare politica ed imboccare una strada diversa da quella attuale.

Per questo – a 150 giorni dall’inizio della guerra – promuoviamo per il 23 luglio una giornata nazionale di mobilitazione per la pace con iniziative in tutto il paese per ribadire: TACCIANO LE ARMI, NEGOZIATO SUBITO!

Per adesioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Per comunicare le iniziative: Sbilanciamoci – Europe for Peace

 

Prime Adesioni:

Rete Italiana Pace e Disarmo (con le sue aderenti Accademia apuana della pace – ACLI – AGESCI – ALTROMERCATO – Ambasciata democrazia locale – ANSPS – AOI – Associazione di cooperazione e di solidarietà internazionale – Archivio Disarmo – ARCI – ARCI Bassa Val di Cecina – ARCI Servizio Civile aps – ARCS – Associazione Papa Giovanni XXIII – Associazione per la pace – AssopacePalestina – AUSER – Beati i costruttori di Pace – Casa per la pace di Modena – CDMPI – Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale – Centro Studi Difesa Civile – Centro Studi Sereno Regis – CGIL – CGIL Padova – CGIL Verona – CIPAX – CNCA – Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della FCEI – Conferenza degli Istituti Missionari in Italia – Coordinamento Comasco per la Pace – Coordinamento pace in comune Milano – Emmaus Italia – FIOM-Cgil – FOCSIV – Fondazione Angelo Frammartino – Fondazione Finanza Etica – Forum Trentino per la Pace e i diritti umani – Gruppo Abele – IPRI – rete CCP IPSIA – Lega per i diritti dei popoli – Legambiente – Libera – Link – coordinamento universitario – Link2007 cooperazione in rete – Lunaria – Movimento europeo – Movimento Internazionale della Riconciliazione – Movimento Nonviolento – Nexus Emilia Romagna – Noi Siamo Chiesa – Opal Brescia – Pax Christi Italia – Percorsi di pace – Rete degli studenti medi – Rete della conoscenza – Tavola sarda della pace – U.S. Acli – UDS – UDU – Un ponte per… – Ventiquattro marzo)

 

Campagna Sbilanciamoci ! 

ActionAid, ADI Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani, Altreconomia, Altromercato, Antigone, ARCI, ARCI Servizio Civile, Associazione Obiettori Nonviolenti, Associazione per la Pace, Beati i Costruttori di Pace, CESC Project, CIPSI–Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale, Cittadinanzattiva, CNCA–Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’Acqua, Comunità di Capodarco, Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia, Crocevia, Donne in Nero, Emergency, Emmaus Italia, Equo Garantito, Fairwatch, Federazione degli Studenti, Federazione Italiana dei CEMEA, FISH–Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, Fondazione Finanza Etica, Gli Asini, ICS–Consorzio Italiano di Solidarietà, Legambiente, LINK Coordinamento Universitario, LILA–Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids, Lunaria, Mani Tese, Medicina Democratica, Movimento Consumatori, Nigrizia, Oltre la Crescita, Pax Christi, Reorient Onlus, Rete Universitaria Nazionale, Rete degli Studenti Medi, Rete della Conoscenza, Terres des Hommes, UISP–Unione Italiana Sport per Tutti, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari, Un ponte per…, WWF Italia

#StopTheWarNow

Comunità Papa Giovanni XXIII, Pro Civitate Christiana, FOCSVI, AOI Cooperazione e solidarietà internazionale, Rete Italiana Pace e Disarmo, Libera contro le Mafie, ARCI, ARCS, ARCI Solidarietà, Insieme verso Nuovi Orizzonti, Forum Terzo Settore, Paxchristi Italia, Beati i costruttori di pace, ACMOS, Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, Un ponte per, Fair Watch COSPE, Gruppo Abele, Terre des Hommes, Mediterranea, CEFA, AVIS, CGIL Nazionale, Fondazione RUT, G.A.V.C.I., CELIM, Per un nuovo welfare, RESQ – People saving people, Come Pensiamo – Etnografia e Formazione, Portico della Pace, M.I.R. Movimento Internazionale della Riconciliazione, 6000 Sardine, Movimento Nonviolento, Movimento dei Focolari – Italia, Nove Onlus, Centro Studi Sereno Regis, Emmaus Villafranca, CulturAmbiente, Agronomi Forestali Senza Frontiere, Serviens in spe, Associazione Iqbal Masih OdV, CEDEUAM – Università del Salento, Centro Pace, Ecologia, Diritti Umani – Rovereto, Extinction Rebellion, Albero di Cirene OdV, FMSI, Gioventù Federalista Europea, Casa dei Diritti sociali – Valle dell’Aniene, Associazione sulle Orme OdV, ECPAT Italia, Legambiente Airone APS, CIPAX, Associazione il Manifesto in rete, Hiroshima Mon Amour, IED, PACHAMAMA, Associazione Onlus Lumbe Lumbe, Comunità dell’Arca, CESC Project, Fondazione Arché, Cooperazione Internazionale Sud Sud (CISS), Comitato Riconversione Rwm, Italia che Cambia, IRIAD, Medicus Mundi Italia, New Humanity, Rete Welcoming Asti, APRED, Istituzione Teresiana Italia, Sale della Terra, Piccoli Comuni del Welcome, Fondazione Capodanno in Paradiso, Una Proposta Diversa, Manifattura Saltinbanco, Associazione Mare Aperto, Movimento di Volontariato Italiano, Slaves No More, ProgettoMondo, Raccontincontri, Radio Popolare, La Coperta di Yusuf – Ponente Ligure, Social Street fornaci, Terzo Millennio, Laici Missionari Comboniani, ASC Aps, Associazione Sentieri di Pace, Libera Voce, Vite in Transito – Associazione multiculturale Onlus, AFL, Comunità Cristiane di Base Italiane, Consiglio Nazionale dei Giovani, Mondo di Comunità e Famiglia, Vittoria, Associazione Giovanni Paolo II, Cooperativa sociale Terra dei Miti, Il Sogno Cooperativa Sociale, AMMP – Associazione Maria Madre della Provvidenza, Agency for Peacebuilding, Socie e Soci di Bancaetica Verona, MOCI, CSVnet, La Voce, Consorzio ONG Piemontesi, NOVA OdV, CNESC, UILDM, International Action, Giuristi Democratici, World Union of Catholic Women’s Organization (WUCWO), ADL Zavidovici, Altreconomia, Parco di Monte Menola Pontecorvo, Federazione Nazionale Pro Natura, I Ricostruttori nella Preghiera, UISP APS, Lucy Associazione, Marche Solidali, Rivolti ai Balcani, WWF Sicilia Centrale, Forum Antirazzista Palermo, Associazione Forneletti, Volontari nel Mondo RTM, Namasté, Amici dei Popoli, Gruppo Trans, AEres Venezia per l’altraeconomia, Popoli Insieme, CONSCOM, Fondazione Amore Libertà, Solidarietà Alpina, Nigrizia, Circolo Laudato Sì, Milazzo, Matumaini Speranza Onlus Associazione di Solidarietà, ForumSaD, AGESCI Zona Valdarno, Toscana, UniTwin, Cattedra UNESCO “Diritti Umani, Democrazia e Pace”, Università degli Studi di Padova, Sapori Reclusi, Centro di Ateneo per i diritti umani Antonio Papisca, Circolo Laudato Sì – Pontedera – Valdera, Solidarietà Vigolana, IR, Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, Mani Tese – Vico Equense, Il Colibrì Monselice, Associazione di ricerca e sostegno alla società civile afgana, Tavolo della Pace – Carugate, CISV, Luce e Vita, Fondazione Romano Cagnoni, OK! Mugello, Il Tulipano Bianco, Forgat Odv, Pace Disarmo Coordinamento Provinciale di Belluno, AES-CCC Organismo di Cooperazione Internazionale, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Mondo di Comunità e Famiglia, Fair, Gruppo Solidarietà, 99 percento, NEXUS Emilia Romagna, Semi di Pace, Parallelo Associazione Culturale, Fondazione Ebbene, Mondo Roverso, To the border, MOCI Cosenza, Tavola della Pace e della Cooperazione, Fondazione Punto Missione ONLUS, Comune Info, MAG, Marco Mascagna, Benvenuti in Italia, Ukrainian Education Platform, Leadership and Ministry, Caritas-Lviv UGCC

ANPI,
Associazione Salviamo la Costituzione,
Casa Internazionale delle Donne,
Centro per la Riforma dello Stato,
Cospe,
Fondazione Lelio e Lisli Basso,
Movimento dei Focolari Italiani,
Associazione Paese Reale,
Baobab Experience,
UP – Su la testa,
Portico della Pace di Bologna,
Oltre il Pregiudizio per i Diritti Umani aps,
Campagna Oltre il Pregiudizio,
Liberacittadinanza,
La Casa dei Diritti Sociali della Valle dell’Aniene,
Arci Servizio Civile Pisa Aps,
ASC Pontedera,
Arci Servizio Civile Toscana APS,
WILPF Italia,
Anpi Vittorio Veneto,
Circolo Culturale ARCI Rossi da Brodo APS

 

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza poteva rappresentare l'occasione per agire sulla mitigazione e favorire il cambiamento del sistema. Ma l'auspicato scatto in questa direzione non c'è stato

 Foto: worldfuturecouncil.org

I

l Piano nazionale di ripresa e resilienza poteva rappresentare l’occasione per agire sulla mitigazione e accelerare la transizione da un sistema energetico basato sulle fonti fossili a uno basato su efficienza energetica ed energie rinnovabili. L’auspicato scatto in questa direzione, tuttavia, non c’è stato. Gli eventi drammatici sempre più frequenti, segnali di un Paese che sembra si stia “sgretolando”, fanno parlare periodicamente di eventi naturali estremi spesso con effetti disastrosi e dai forti impatti sui territori interessati.

La fragilità del nostro territorio è cosa nota, così come gli effetti che sul territorio provoca il cambiamento climatico. Si tratta ormai di un'emergenza per la vita sul pianeta, che impatta su frequenza e intensità di alcuni eventi atmosferici e aggrava le condizioni di rischio dei fenomeni di dissesto idrogeologico e idraulico, con conseguenti frane, alluvioni, allagamenti. Provoca ondate di calore, siccità, desertificazioni, altro argomento di drammatica attualità, con gravi impatti sulla salute e sull'economia.

Come mostrano anche i più recenti eventi, l’Italia è un territorio particolarmente esposto ai rischi climatici, e il quadro che emerge è preoccupante: aumento delle temperature e riduzione delle precipitazioni medie annue, con ondate di calore e prolungata siccità che moltiplicano il rischio incendi e diminuiscono la quantità di acqua disponibile; aumento di frequenza e intensità delle precipitazioni intense e scioglimento di ghiacciai che intensificano il rischio idrogeologico; incrementi di mortalità, soprattutto negli ambienti urbani, per malattie causate dal legame fra innalzamento delle temperature e concentrazioni di ozono e polveri sottili.

Si continua ad affrontare come emergenza, tuttavia, un tema e un problema, quello degli effetti del cambiamento climatico, in realtà ormai alla conoscenza di tutti, rispetto al quale mancano adeguate verifiche, modelli di valutazione dei rischi, azioni concrete necessarie per rendere resiliente il nostro Paese, limitare i rischi da eventi estremi, prevenirne o minimizzarne gli effetti, riducendo perdita di vite umane e costi. Un'emergenza che impone di agire con rapidità e radicalità sia in termini di mitigazione che di adattamento, riorganizzando l'azione pubblica attorno ad alcuni concetti chiave che superino quelli di emergenza, episodicità, frammentazione.

La Cgil da tempo ha espresso le sue rivendicazioni, da ultimo nella piattaforma con Cisl e Uil sulla giusta transizione, per garantire il passaggio verso un nuovo modello di sviluppo sostenibile, ponendo la necessità e l’urgenza di piani, misure e risorse specifiche che consentano anche di attuare la trasformazione senza che ci siano impatti negativi per i lavoratori e le fasce più deboli della popolazione.

In questa direzione, il Pnrr poteva rappresentare l’occasione per agire sulla mitigazione e accelerare la transizione da un sistema energetico basato sulle fonti fossili a uno basato su efficienza energetica ed energie rinnovabili. L’auspicato scatto, tuttavia, non c’è stato. Sono stati previsti alcuni interventi, ma volti all’immediato, non risolutivi e con risorse non adeguate a monitorare e manutenere in modo efficace il territorio dai rischi naturali. Contraddicendo la necessità di una strategia e una pianificazione multidimensionale, a livello temporale e spaziale.

Oggi si torna a parlare di prevenzione, ma dopo l’ennesimo evento disastroso che ha prodotto perdita di vite umane. L'azione per la mitigazione del cambiamento climatico è prioritaria per limitare i rischi da eventi estremi. Occorre accelerare la decarbonizzazione di tutti i settori dell'economia, rispettare i nuovi target europei di riduzione del 55% delle emissioni al 2030 rispetto al 1990 e di neutralità climatica al 2050, e l'obiettivo di contenere l'incremento della temperatura globale entro 1,5 gradi.

Allo stesso tempo dobbiamo anticipare gli effetti attuali e attesi del cambiamento climatico per prevenirne o minimizzarne gli effetti, riducendo al minimo i danni ambientali, la perdita di vite umane e i costi economici conseguenti al cambiamento climatico, mettendo in atto misure, improntate alla sostenibilità, di tipo tecnologico, basate sugli ecosistemi e finalizzate a determinare cambiamenti comportamentali.

Deve essere quindi approvato il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che definisca le azioni concrete e le risorse adeguate a rendere resiliente il nostro Paese. Non abbiamo tempo. È necessario agire adesso e con azioni ex ante, lungimiranti e risolutive, rispetto a una prassi consolidata che vede quasi esclusivamente poco efficaci azioni ex post.

Simona Fabiani è responsabile delle politiche per il clima, il territorio e l'ambiente, trasformazione green e giusta transizione della Cgil
Laura Mariani è responsabile dell’Ufficio Politiche abitative e dello sviluppo urbano della Cgil

L'Anpi Nazionale ha già espresso nei documenti e nel dibattito congressuale un giudizio negativo sul progetto di autonomia differenziata regionale, segnalando il rischio di rottura dell'unità nazionale e di allargamento delle diseguaglianze sociali e territoriali. Torniamo ora sull'argomento perché la ministra Gelmini ha annunciato la presentazione, entro luglio, di un ddl di cui circola una bozza che riteniamo inaccettabile per motivi di metodo e di merito.

Motivi di metodo perché assegna alla negoziazione tra Stato e Regione interessata la definizione delle materie e delle risorse conseguenti da attribuire alla potestà regionale, senza coinvolgere il Parlamento che vota a maggioranza assoluta solo la legge di puro recepimento dell'intesa. È vero che questa procedura è menzionata nell'art. 116 della Costituzione, ma è inconcepibile sottrarre alla discussione parlamentare e all'opinione pubblica una materia che può cambiare la vita concreta di cittadine e cittadini, per di più nel drammatico momento che sta attraversando il Paese, per il grande aumento delle diseguaglianze sociali, in particolare fra il Nord e il Sud del Paese, come riconosciuto dal recente rapporto del Governatore della Banca d'Italia, e che aumenterà ulteriormente a causa dell'alto tasso d'inflazione.

Nel merito inoltre il ddl fa salve le preintese già avvenute nel 2018 con la Lombardia, il Veneto e l'Emilia Romagna che intervengono su Scuola e Formazione, Sanità, Tutela del lavoro, Ambiente, Beni culturali, Politica internazionale ed europea a valenza regionale. Per quanto riguarda la Sanità, l'esperienza della pandemia ci ha già mostrato come l'autonomia regionale in tema di salute abbia prodotto una forte disparità di trattamento e di diritti tra i cittadini e le cittadine di diverse zone geografiche. Lo stesso può avvenire per la Scuola e la formazione che costruiscono la base culturale e civile della convivenza e della identità nazionale. Per quanto riguarda le risorse il ddl fa riferimento alla spesa storica e non al fabbisogno della popolazione, penalizzando così le regioni più povere e più carenti di servizi. Il riferimento ai LEP (livelli essenziali di prestazioni), la cui definizione dovrebbe consentire di superare il criterio della spesa storica, non risolve il problema, sia per la difficoltà di specificarli, sia perché essenziale non significa eguale.

Riteniamo dunque che il ddl non solo non rispetti l'art. 2 (doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale) e l'art.3 (uguaglianza dei cittadini) della Costituzione ma mortifichi anche l'art.5, travisando il disegno di autonomia delle istituzioni locali che dovrebbe essere funzionale alla partecipazione dei cittadini alla vita politica e amministrativa.

Alla luce di queste considerazioni la Segreteria Nazionale dell'Anpi chiede che il percorso legislativo del ddl sull'autonomia differenziata si svolga nella sede propria del Parlamento e venga accompagnato da un'ampia riflessione sulle ragioni del fallimento del federalismo così come disegnato nell'attuale Titolo V, che porti a un radicale ripensamento sul tema; chiede inoltre l'apertura di un ampio dibattito pubblico sull'argomento e l'avvio di una valutazione sul perché si sia sviluppato un regionalismo che invece di contribuire al decentramento dei poteri ha prodotto un neocentralismo regionale a scapito dei Comuni.

Decide inoltre di aprire un confronto con tutte quelle realtà politiche e sociali che si stanno mobilitando contro l'autonomia differenziata.

LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI

4 luglio 2022