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Smontata la legge Calderoli in ben 7 punti. Torna la centralità del Parlamento: la strada costituzionale è quella del regionalismo solidale. Cgil: “Continuiamo a sostenere la richiesta di referendum”

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Bisognerà aspettare il dispositivo della sentenza ma le tre pagine di comunicato rese pubbliche dalla Corte costituzionale al termine della due giorni di camera di consiglio sono chiare. Così come è concepita la legge Calderoli non va bene, sono 7 i punti ritenuti incostituzionali dai supremi magistrati.

Una scelta giusta

È quella dunque compiuta dalla Cgil che da tempo contrasta questa idea di autonomia differenziata. Si rimarca infatti in una nota della Confederazione di Corso d’Italia: “A leggere il comunicato stampa con cui la Corte costituzionale ha anticipato i contenuti della sentenza che dichiara illegittime parti significative della Legge Calderoli, trovano ‘solenne’ conferma molte delle ragioni che ci hanno spinto a mobilitarci per contrastarla e a schierarci, fin dal 2017, contro un percorso di attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione che minava l’unità del Paese”.

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Spacca Italia bocciato

È proprio questo uno dei punti di bocciatura della norma: la devoluzione complessiva delle 23 materie previste da Calderoli è in contrasto con la Costituzione. Dice infatti la Corte che si possono devolvere solo funzioni legate alle singole materie e solo se esistono ragioni precise e specifiche per singola Regione per farlo. Altro che tutta l’istruzione, tutta la mobilità, tutta la politica energetica ecc: è la differenza che passa tra il regionalismo solidale voluto dai  costituenti e la competizione tra Regioni auspicata da Zaia, Fontana, Calderoli e Salvini.

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La nota della Cgil, parlando della bocciatura della Corte, aggiunge: “È la dimostrazione che si tratta di un disegno volto a disarticolare la Repubblica in venti piccole patrie e a compromettere irrimediabilmente i fondamentali principi di uguaglianza, di solidarietà e di coesione sociale.

I diritti rimangono diritti

Altro punto dirimente riguarda i Lep. Innanzitutto non può esserci differenza tra le materie Lep e quelle non Lep nella devoluzione di funzioni e un’affermazione contenuta nel comunicato fa ben capire quanto i diritti di cittadinanza siano da tutelare ovunque e per tutti. Scrive la Corte che l’autonomia differenziata “deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini”.

La centralità del Parlamento

Altro che intese tra Regioni e governo, altro che definizione dei livelli essenziali delle prestazioni stabiliti a Palazzo Chigi, l’alta magistratura afferma che tutto deve essere deciso da Camera e Senato, le intese devono essere discusse ed emendate dal Parlamento, così come la definizione dei Lep e tutta la parte fiscale. Un bel cambio di paradigma davvero, e un bel ritorno alla Carta del ’48. Speriamo valga non solo per l’autonomia differenziata, il riequilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo sarebbe davvero auspicabile.

Ora il referendum

Rimane ovviamente in piedi il quesito referendario sottoscritto da oltre un milione di cittadine e cittadine che chiede l’abrogazione dell’intera norma. Nessuna correzione di quel testo a cura dello stesso autore, il ministro Calderoli, potrà farla tornare nel solco costituzionale. Conclude, infatti, la nota della Cgil: “Attendiamo, ovviamente, la pubblicazione della sentenza per valutazioni più approfondite. Riteniamo comunque che, per lo spirito egoista e separatista che ha ispirato fin dal principio questo progetto di autonomia differenziata, resti in piedi il rischio che si determinino danni pesantissimi al tessuto economico e sociale nazionale. Perciò continuiamo a sostenere la richiesta di referendum integralmente abrogativo sottoscritta da oltre 1,3 milioni di cittadine e cittadini affinché, nella prossima primavera, le elettrici e gli elettori possano cancellare definitivamente una legge pericolosa e antistorica, facendo tramontare ogni ipotesi di sua attuazione”.