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Governo e dintorni. Lite sulla rimodulazione dell'Assegno Unico

Manovra senza programma. A pagare sono le famiglie Il ministro Giorgetti - La Presse

«Una manovra a toppe più che a tappe». La frase di Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro nella segreteria nazionale Pd, riassume bene la linea politica dietro la terza legge di bilancio del governo Meloni: inesistente.

NON SI TRATTA DEL SOLITO esercizio annuale: questa volta il Nadef, il documento che ogni anno serviva ad aggiornare le stime macroeconomiche di primavera è stato assorbito dal Piano strutturale di bilancio che ridefinisce il percorso di riduzione del deficit in un orizzonte almeno settennale e va consegnato a Bruxelles entro il 20 settembre. Nelle bozze circolate in questi giorni la programmazione non si vede: «Le risposte dovrebbero avere un’ottica di medio periodo ma mi sembra che il governo non si faccia neanche le domande: ci sono da affrontare transizione tecnologica, crisi industriali, inflazione ma non c’è nessuna misura strutturale, solo spot con qualche piccola decontribuzione qui e lì», dice ancora Guerra.

NON SOLO NON CI SONO soldi per le promesse elettorali dei partiti che compongono la maggioranza, non ci sono neanche per rifinanziare le misure del 2024. Servono almeno 20 miliardi e il vecchio metodo delle privatizzazioni degli asset statali non può bastare, e non risolverebbe molto. Solo la conferma del taglio del cuneo fiscale per 14 milioni di lavoratori costa 11 miliardi, l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef per il ceto medio, 4. Il vertice di oggi tra Meloni e i suoi vice premier, Salvini e Tajani con Maurizio Lupi di Noi Moderati (a cui seguirà il Consiglio dei Ministri) dovrebbe servire a definire le priorità, ammesso che siano le stesse per tutti. Le scelte fatte quest’anno dall’esecutivo hanno già spolpato le risorse: è stato tagliato il Fondo Sociale di Coesione, quello sulle opere indifferibili, e quello per le infrastrutture, il Piano nazionale complementare al Pnrr e il progetto Strade Sicure. Che si aggiungono alle sforbiciate su Salute, Università e Ricerca, ricostruzioni post terremoto. Quasi impossibile trovare altre voci di spesa da ridurre. E anche il desiderato allentamento degli obblighi europei a causa delle difficoltà di Francia e Germania potrebbe non servire: la coperta è tanto corta che rischia di rimanere scoperta anche la parte su cui più si gioca la propaganda di governo, la famiglia.

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LO DIMOSTRA BENE il nervosismo con cui ieri la destra si è difesa dall’accusa di voler risparmiare sull’Assegno unico e universale per i figli a carico, varato dal governo Draghi che oggi interessa oltre 6 milioni di famiglie per un totale di circa 9, 5 milioni. Un fatto «gravissimo» secondo la segretaria del Pd, Elly Schlein. Dopo una giornata di dichiarazioni tutte uguali da parte degli esponenti dei partiti della maggioranza, «è un fake», è intervenuta la presidente del Consiglio postando sui social un video con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: «Non aboliremo l’assegno unico – dice Meloni – Diffidate dalle fantasiose ricostruzioni su una manovra ancora da scrivere». Con la consueta narrativa delle destre che tiene insieme “Europa cattiva” e “migranti approfittatori”: «La Commissione europei ci dice che dovremmo darlo anche a tutti i lavoratori immigrati che esistono in Italia, che vorrebbe dire di fatto uccidere l’assegno unico», si giustifica la premier. Ma fonti di maggioranza non negano che un intervento sull’assegno è necessario visto che ha causato una procedura di infrazione Ue per discriminazione per il fatto che possono beneficiarne solo persone che risiedono in Italia da almeno due anni se risiedono nella stessa abitazione dei loro figli.

«STRAVOLGERE È COME cancellare – spiega Maria Cecilia Guerra – Quella è una misura strutturale che è stata pensata come una risposta razionale per tutte coppie con figli, comprese le famiglie mono genitoriali e i lavoratori autonomi. Il governo vuole intervenire proprio sulla parte universale e usare quei soldi per rifinanziare misure molto parcellizzate e con scarsi effetti, come la decontribuzione per madri di due o tre figli che lavorano con tempo indeterminato, o addirittura i benefit che non sono una risposta ai problemi economici delle famiglie con figli perché sono elargizioni unilaterali del datore di lavoro con soldi pubblici».

L’OSSESSIONE della premier per le “madri cristiane” si rivela nel paradosso che quel poco che si farà nella Legge di Bilancio sarà a favore delle mamme ma non delle famiglie. Come se le donne che hanno partorito vivessero in un paese parallelo immune dall’inflazione, dai tagli alla sanità e al welfare. «Poi però alle loro famiglie viene tolto appunto l’assegno ai figli o non riescono a curarsi, agli anziani viene tagliata la pensione ma che ragionamento è? – si chiede Guerra – Bisogna avere una visione d’insieme, dei progetti, invece se trovano un po’ di gettito in più pensano di spenderlo in una riduzione dell’Irpef che crea degli strappi da un’altra parte da correggere senza nessuna logica». L’opposizione ha chiesto a Giorgetti di riferire in Aula. «Il Governo è nel pallone è necessario che il Ministro dell’Economia venga a dire al Parlamento e al Paese la verità sui conti»