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Crisi ucraina. E nemmeno i cittadini ucraini la prendono bene

Volodymyr Zelensky foto di Brendan Smialowski/GettyImage Volodymyr Zelensky - foto di Brendan Smialowski/GettyImage

Il Papa si schiera in difesa della Chiesa ortodossa russa messa al bando dal governo di Kiev. Durante l’Angelus di domenica Francesco ha attaccato direttamente la nuova legge, promulgata dalla Verkhovna Rada, il parlamento unicamerale ucraino, dicendo che «le chiese non si toccano» e che la politica dovrebbe «lasciare pregare chi vuol pregare in quella che considera la sua chiesa».

La levata di scudi del pontefice arriva dopo la decisione, il 20 agosto scorso, da parte dell’Ucraina di impedire «le attività dei gruppi religiosi legati alla Chiesa ortodossa russa o di qualsiasi altro gruppo religioso che sostenga l’invasione della Russia in Ucraina». La motivazione ufficiale è che la Chiesa ortodossa russa in ucraina (Uoc) è «un’estensione ideologica del regime dello Stato aggressore, complice dei crimini di guerra e contro l’umanità».

Ma dietro a questa misura si cela un progetto più ampio dell’amministrazione di Kiev, ovvero la volontà di allontanare il più possibile gli ucraini dall’influenza storica russa. Già l’anno scorso, in occasione delle festività natalizie, il governo e la Chiesa ucraina ortodossa (Uco), istituzione autocefala che rifiuta l’egemonia moscovita, avevano annunciato l’abbandono del calendario giuliano in favore di quello gregoriano e avevano provato a spostare le celebrazioni dal 7 gennaio al 25 dicembre, come in Occidente. Tuttavia, gli ucraini sono restii ad abbandonare un culto che ha radici secolari, radicato soprattutto nelle zone rurali in Ucraina dell’ovest. Tra l’altro il numero di credenti e praticanti nel Paese invaso è addirittura maggiore, in percentuale, di quello nella Federazione russa. Le parrocchie che fanno capo alla Uoc sono oltre 12mila, mentre quelle passate alla Uco circa 7mila. Questa breve panoramica aiuta a comprendere che la legge del 20 agosto non è una misura tra le altre e che provocherà non pochi malumori all’interno della popolazione ucraina.

Certo, il Patriarca Kirill, capo della chiesa ortodossa moscovita non ha mai nascosto la sua vicinanza a Vladimir Putin e si è spinto fino a definire l’invasione dell’Ucraina una «guerra santa» contro la perversione dell’Occidente corrotto. Proprio quest’appoggio aveva spinto la Uoc a emanciparsi dal patriarcato di Mosca nel 2022, ma la decisione per gli 007 di Kiev era solo un proclama di facciata. Per questo negli ultimi due anni le indagini contro i pope e gli amministratori della Uoc sono continuate, fino alla settimana scorsa.

Dalla lingua alla storia, fino ad arrivare alla religione, i vertici ucraini sono impegnati in una costante opera di «derussizzazione» della società. Ma se con la politica il compito era stato più semplice, al netto di resistenze più o meno accese nelle aree storicamente più legate alla Russia, con la religione non lo sarà altrettanto. Tentare di obbligare i milioni di fedeli ucraini a rinnegare la propria fede in virtù del contesto politico-militare attuale potrebbe far precipitare ancora di più la popolarità di Zelensky presso i propri concittadini