Non convergono le richieste dei Comitati degli alluvionati con quanto il Governo nazionale intende assegnare come ristori a seguito della devastazione portata dalle alluvioni nel maggio 2023 al territorio romagnolo, soprattutto colpito nella provincia di Ravenna. E’ quanto emerge dalle parole di Galeazzo Bignami (a Castel Bolognese), deputato di Fratelli d’Italia vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel dicastero retto dal segretario federale della Lega Matteo Salvini, il quale ha come altro “vice” il fedelissimo Edoardo Rixi.
Per Bignami lo sforzo economico messo in atto finora dal Governo per risollevare la Romagna alluvionata è stato adeguato. “Oggi il Governo ha stanziato 2,5 miliardi di euro per la ricostruzione pubblica, 2 miliardi per la ricostruzione privata, 1,3 miliardi grazie al Pnrr per la messa in sicurezza del reticolo idrografico, più misure specifiche dei singoli ministeri, tipo 100 milioni da parte del nostro Ministero, 280 milioni da quello dell’Agricoltura, 20 milioni da quello delle Cultura e potrei proseguire a lungo. Siamo sopra i 6 miliardi. Importante è precisare che il Governo ha stanziato – sottolinea il deputato bolognese -; non è il Governo che deve garantire l’erogazione, perché l’erogazione si realizza mediante degli strumenti, delle ordinanze che vengono elaborati dalla Struttura Commissariale d’intesa con le Regioni Marche, Toscana ed Emilia-Romagna, ognuna per la sua competenza. Quindi le ordinanze, dove oggi purtroppo s’annida il problema dell’assurdità dei meccanismi di rimborso sono emanate dalla Regione più che dal Governo. Pertanto oggi sorprende sentire la Regione criticare le sue ordinanze; sarebbe colpa del Governo se il Governo non avesse messo i soldi. Ma, visto che il Governo ha messo i soldi, evidentemente è altrove il problema. Prendiamo la ricostruzione pubblica, dove il Governo ha messo 2,5 miliardi di euro. Ci era stato detto che la ricostruzione pubblica era la priorità: abbiamo stanziato 404 milioni per la sicurezza idraulica, 396 milioni per la messa in sicurezza sulle somme urgenze, 756 milioni per la sicurezza viaria”.
Da parte di Michele de Pascale, sindaco di Ravenna e presidente della Provincia non stanno arrivando giudizi lusinghieri, anzi piovono denunce di inadeguatezza e di ritardi ingiustificati.
“A fronte di tutto l’impegno governativo, la Provincia di Ravenna e il Comune di Ravenna che fanno capo a Michele de Pascale non hanno speso nulla, cioè zero: parlo di 40 milioni che il Governo gli ha dato, 10 per Ravenna e 30 per la Provincia. Ma il sindaco de Pascale va in piazza a lamentarsi del Governo: dovrebbe invece andare in Comune a fare progetti e a disporre mandati di pagamento. Dico questo assumendomi tutta la responsabilità del caso – attacca Galeazzo Bignami -, perché quando dicono che sono i Comuni che non hanno i tecnici e non hanno i progettisti, dovrebbero andare a parlare col presidente Bonaccini, il quale affermava che il sisma dell’Emilia era concluso. Il generale Figliuolo gli ha chiesto allora di prendere i 180 dipendenti, ingegneri, geometri, geologi già formati assunti per il sisma per poterli impiegare nel dopo alluvione. Bonaccini non ha detto ‘sì, per il bene della mia terra’, ha detto ‘no’, sostenendo che il sisma non è concluso. E noi oggi stiamo assumendo 219 tecnici solo per titoli e non per esami, allo scopo di snellire le procedure, perché lui ha detto ‘no’. Dopo 12 anni il sisma dell’Emilia dunque non è concluso: questo abbiamo appreso da Bonaccini”.
Che il presidente della Regione Stefano Bonaccini sia un bersaglio “privilegiato” del centrodestra, soprattutto dopo la sua elezione a presidente del Partito Democratico e la sua candidatura ad un seggio al Parlamento Europeo, è chiaro dalle parole del vice ministro, il quale però in tema di alluvioni va all’attacco su altri fronti.
“Abbiamo avuto a che fare con un’alluvione che si è sviluppata in due fasi: quella consumatasi il 2 maggio e la successiva nella notte tra il 16 e il 17 maggio 2023. Si è trattato di due eventi che sono stati sicuramente impattanti, ma che insistevano su un territorio che era già pesantemente colpito da una trascuratezza determinata non da un’incompetenza ma da un’incuria voluta da parte di chi aveva le deleghe per il Patto per il clima, la Transizione ecologica e che scriveva delibere in cui veniva riportato che la Romagna è un territorio fragile, ma che in venti mesi di sua presenza alla Regione Emilia-Romagna non ha fatto nulla: Elly Schlein, la quale era vice presidente della Regione e non ha fatto nulla per mettere in sicurezza l’Emilia-Romagna. Questo non per incompetenza, cosa che c’è, ma per una scelta deliberata, di ordine ideologico, per la quale i fiumi si governano da soli, gli argini bisogna mantenerli soltanto grazie alle nutrie ed agli istrici, in collina non bisogna intervenire sui greppi e sui fossi, sul dragaggio. E inevitabilmente succede quel che è successo in Romagna ma che succede tutte le volte in cui c’è un acquazzone un po’ troppo robusto” continua Bignami.
Nel mirino di Bignami finisce anche l’attuale vice presidente dell’Emilia-Romagna Irene Priolo, data da alcuni come candidabile alla successione di Bonaccini in Via Aldo Moro, così come de Pascale. “Ad oggi noi abbiamo tante persone che non presentano le domande di ristoro, perché i territori non sono ancora messi in sicurezza. – dice Bignami – Gli interventi per la sicurezza idraulica, relativa quindi a corsi d’acqua, fiumi, argini, oltre che dei consorzi, sono competenza dell’Agenzia Regionale a Protezione Civile e Autorità di Bacino, che hanno anche lì una responsabilità ben chiara nell’assessore depositario alla delega che è l’assessora alla Protezione Civile Irene Priolo, la quale ancora oggi tarda negli interventi di messa in sicurezza del territorio. Noi non siamo disposti a continuare a risarcire i danni determinati dall’incuria, dall’incompetenza o dall’inabilità di alcuni amministratori che non fanno i loro interventi. Mettessero in sicurezza il territorio, che viene prima di ogni altra cosa”.
Il nodo intricato dei ristori ai cittadini trova un Bignami poco incline ad allargare i cordoni della borsa relativamente ai beni mobili.
“Nel contesto del disastro alluvionale del maggio 2023, nei giorni immediatamente successivi la visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, incontrammo a Palazzo Chigi tutti gli amministratori tra cui il presidente Stefano Bonaccini, il quale disse – ci sono le dichiarazioni: basta andare a vedere la stampa di allora – ‘vogliamo lo stesso trattamento dell’alluvione delle Marche e del sisma del 2012: il riconoscimento del 100 per 100 dei danni’. E per quanto riguarda la priorità della ricostruzione pubblica lo stiamo facendo, come ho spiegato in precedenza. Relativamente al tema dei beni mobili, vale a dire gli arredi, quando Bonaccini aveva chiesto il riconoscimento del 100 per cento dei danni come per il sisma dell’Emilia, l’alluvione delle Marche ed altre vicende, si era dimenticato però di dire che nel 100 per 100 che lui aveva riconosciuto, i beni mobili non c’erano. Non sono mai stati risarciti: neanche un centesimo da nessun Governo su nessuna calamità. Questo Governo invece si è detto pronto, dopo il confronto coi Comitati degli alluvionati, di iniziare a stanziare 6.000 euro forfettari, senza bisogno che qualcuno produca dei documenti di spesa, 3.000 euro per le cucine, 700 euro a vano inizialmente. E ci hanno detto che ‘sono briciole’. Allora noi diciamo: visto che il 100 per 100 lo stiamo già garantendo con le stesse misure adottate per il sisma dell’Emilia, per l’alluvione delle Marche, del Veneto, della Toscana, di tutte le regioni colpite e Ischia, riconoscete che stiamo dando più del 100 per 100 – rimarca il vice ministro –. Ma a loro non interessa nulla delle comunità e stanno utilizzando questa vicenda per fare speculazione e sciacallaggio politico, perché se no avrebbero avuto l’onestà intellettuale di dire che non si era mai visto in un anno un Governo che stanzia più di 6 miliardi sugli 8,5 complessivi di danni. E lo dimostra il fatto che, quando a Villafranca di Forlì o lungo l’asse dell’Idice di Bologna, o del fiume Montone che erano già purtroppo tracimati, avevano già rotto nel 2019 e nel 2020, la gente aspetta ancora i 5.000 euro del C.I.S.. E loro si lamentano del fatto che il Governo sta per tirare fuori 6.000 euro in maniera forfettaria”.
Quasi un ricatto: “Siamo anche pronti a non dare rimborsi se sono arma di lotta politica”
“La verità è che loro hanno paura di fare vedere alla gente che questo Governo sta governando in una maniera mai vista prima. A chi dice ‘noi vogliamo 30.000 euro’, rispondo che questo è uno schiaffo a chi non ha avuto nulla sino ad oggi per quelle precedenti calamità e che giustamente inizia a chiamare dicendo ‘noi siamo solidali nei confronti della Romagna, noi capiamo le esigenze romagnole. Però perché quando casa mia è rimasta distrutta sotto al terremoto non ci avete dato un euro?’. La verità è che noi abbiamo preso un impegno coi romagnoli e lo portiamo a termine, però diciamo anche che non siamo disposti a farci prendere in giro, quindi oggi a chi fa da cassa di risonanza al Pd e va in giro ad attaccare il Governo e va addirittura a dire bene della Regione ricordo che quello che è successo, la devastazione, ha un nome, un cognome e un indirizzo: Regione Emilia-Romagna, Viale Aldo Moro 50, Bologna, che non ha garantito la messa in sicurezza del territorio che già nel 2019, già nel 2020, già nel 2021 era stato alluvionato.
Ho visitato un’azienda agricola che si trova sull’asta del torrente Senio: alluvionata nel maggio 2023, aveva messo a posto tutto, ma in novembre si è di nuovo trovata alluvionata ancora con la rottura del Senio. Ma di casse di espansione e di opere di sicurezza idraulica non se ne sono viste. Quando passo da Lugo e vado verso Molinella e vedo come sono messe le vene d’acqua che sono di nuovo ricoperte di arbusti, di nuovo interrite, di nuovo ricoperte da vegetazione, dobbiamo sorprenderci se a Conselice, Bagnacavallo, Massa Lombarda finiscono di nuovo sott’acqua per un temporale? E’ questo che noi non accettiamo – esclama Bignami -. I soldi noi li abbiamo messi, sono pronti i 6.000 euro forfettari per qualsiasi cittadino che voglia chiederli: deve essere varata la norma, ma se ci sono persone dirette o eterodirette dal Pd che vogliono continuare a fare di tutto ciò un’arma di lotta politica – lo diciamo con franchezza – siamo pronti anche a non darli, ma parlate col Partito Democratico, perché sono loro che stanno fomentando affinché quei cittadini non possano averli. Lunedì ero a Forlì a incontrare dei Comitati di alluvionati, perché diversamente da altri noi non abbiamo mai spento i riflettori: alcune persone hanno chiesto quando sarebbero arrivati i ristori. Allora ho fatto presente che ci sono sindaci che fanno polemica e dicono che non li vogliono; al che una signora si è messa a piangere dicendo che lei ha bisogno di quei soldi e che, poco o molto che sia, ringraziava il Governo, perché è consapevole del fatto che prima non era mai stata data una somma simile a nessuno. Noi non vogliamo sentirci dire ‘grazie’, ma non vogliamo neanche essere utilizzati come foglia di fico dal Partito Democratico a cui ancora una volta stiamo rimediando dei disastri. Tanta gente ancora oggi non ha presentato domanda di ristoro perché ha paura che piovendo di nuovo vada sott’acqua. Noi non siamo disponibili a continuare a pagare i danni che causa il Partito Democratico”.
Nella Romagna alluvionata c’è attesa per un decreto relativo ai ristori dei beni mobili del Consiglio dei Ministri: annunciato alla fine di maggio, sul tavolone di Palazzo Chigi non è ancor arrivato.
“In realtà è solo una norma, che poi è l’articolo di una legge che non è stato varato il 29 maggio perché si sono viste due cose. La prima è stata un richiamo giusto e legittimo del Presidente della Repubblica sull’esigenza di stare attenti alla decretazione d’urgenza e di fare dei provvedimenti che siano omogenei; la seconda riguarda quanto accade nei Campi Flegrei. Questa norma doveva essere posta dentro il Decreto Legge ‘Campi Flegrei’, che purtroppo sono ancora in sollecitazione, e pertanto dovrebbe essere varata lunedì prossimo o nel primo Consiglio in cui passi il ‘Campi Flegrei’. Quindi lo spostamento è meramente tecnico. Io però ho visto un comunicato di alcuni Comitati, perché esponenti di altri Comitati mi hanno chiamato per farmi sapere che non lo condividono, in cui si legge che ‘6.000 euro sono una miseria e neppure ne vogliamo sentire parlare’. Allora a questo punto faccio una domanda: questi 6.000 euro sono graditi o no? Perché, se dobbiamo prenderci degli insulti per dare i 6.000 euro, vogliamo capire dalla popolazione se questi 6.000 euro possono essere un aiuto e un inizio o meno. Io, quando parlo coi singoli cittadini, dico ‘a me farebbero comodo’, quando parlo con qualche Comitato a volte eterodiretto, non sempre ma a volte sì, sento delle risposte diverse. Dico però con molta franchezza che la pretesa di dare 30.000 euro per noi non è possibile: non ce la facciamo a dare 30.000 euro; e sono sorpreso che qualche amministratore pubblico spinga il suo livello di demagogia a quel punto. Sarebbe meglio se quei 30.000 euro quegli amministratori pubblici invece che votare i 30.000 euro spendessero i 40 milioni che gli abbiamo dato” conclude il viceministro meloniano.
LA CAMPAGNA ELETTORALE PER IL CENTRODESTRA A CASTEL BOLOGNESE
Il vice ministro Galeazzo Bignami ha affrontato il problema del dopo alluvione e le prospettive di sviluppo delle infrastrutture in Romagna nel corso di un incontro svoltosi nel pomeriggio di martedì 4 giugno a Castel Bolognese con gli elettori dalla lista “CambiAMO Castello” che si colloca nell’area di centrodestra, dove il candidato sindaco è Vincenzo Minardi, esponente di Forza Italia. Ad accogliere Bignami nella sala, del comitato elettorale al piano terra di Via Emilia Interna 157, con diverse persone rimaste in piedi, c’erano oltre a Minardi, per Fratelli d’Italia Roberto Petri (dirigente nazionale), Alberto Ferrero (coordinatore provinciale), Robert Brocchi (coordinatore comunale a Faenza), Stefano Bertozzi (consigliere comunale a Faenza e consigliere dell’Unione della Romagna Faentina), per Forza Italia Bruno Fantinelli (responsabile romagnolo dei rapporti con gli alleati).
La ferrovia si fa in due – Bignami ha spiegato cosa devono attendersi gli abitanti della provincia di Ravenna e dell parte nord della Romagna in tema di infrastrutture. “Il raddoppio della linea ferroviaria Ravenna-Castel Bolognese è funzionale allo sviluppo del retroporto e del porto di Ravenna e siamo nelle fasi molto propedeutiche, perché è stata avviata una progettazione di base che dovrebbe concludersi a dicembre quando si dovrebbe essere in grado di capire come può essere realizzato il potenziamento.
Per la Romagna il Governo ha una strategia che parte dal porto di Ravenna, strategico per lo sviluppo di tutto il retroporto e arriva fino a Piacenza. Nel febbraio 2022 la Regione Emilia-Romagna ha varato una delibera, rimasta lettera morta fino allo scorso marzo, in cui si chiedeva l’istituzione di una zona logistica semplificata, che comporta due tipi di beneficio: meno burocrazia e più sgravi fiscali. Il procedimento per la sua attuazione era bloccato dai Governi precedenti – ha rivelato l’esponente di Fratelli d’Italia -: il ministro Raffaele Fitto lo ha sbloccato con il DPCM numero 40 del 4 marzo 2024, fluidificando il percorso di istituzione della zona logistica semplificata Romagna riguardante anche il resto della regione che richiede due presupposti: l’esistenza di un ‘corridoio’ riconosciuto in sede comunitaria, che c’è, e la presenza lungo quel ‘corridoio’ di un porto, nel caso Ravenna. I requisiti ci sono tutti, come confermato dal ministro Fitto, il quale dà per imminente il provvedimento con cui si istituisce questa zona logistica semplificata; a quel punto il porto di Ravenna guadagna in termini di competitività”.
Gli investimenti nel porto ravennate – “Stiamo facendo degli interventi molto dettagliati: abbiamo chiesto ad Eni un miliardo di euro per interventi che saranno realizzati nell’impianto di stoccaggio della CO2 e un miliardo da Snam per il completamento dell’impianto complessivo di rigassificazione, la realizzazione della diga frangiflutti per 450 milioni, il dragaggio dei fondali fino a 12,5 metri per un primo livello, cosa che si sta completando in queste ore; successivamente nel secondo semestre del 2026 ci sarà il dragaggio a 14,5 metri in modo da consentire l’ingresso in porto a navi molto più importanti e pesanti. Siamo anche realizzando un molo turistico con un piano particolareggiato per 40 milioni, abbiamo realizzato una serie di recuperi di banchine per 30 milioni e altri 30 milioni sono stati spesi per portare la corrente elettrica a queste banchine. Abbiamo realizzato anche l’ultimo miglio stradale per le tre radiali alla Strada Statale 16 ‘Adriatica’, oltre che alla ‘Tiberina’ che è quella che si sviluppa verso sud, più il potenziamento sulla stazione del canale ‘Candiano’ su entrambe le rive per l’alloggiamento dei treni merci: questo perché da lì dipanerà verso la ferrovia destinata a essere raddoppiata”.
I nuovi binari correranno a nord, l’alta velocità farà tappa a Forlì – “Sulla linea ferroviaria Rimini-Bologna viaggiano i treni dei pendolari, dall’ingresso a Castel Bolognese entrano i treni merci, viaggiano i cosiddetti ‘Frecciarossa’ che non sono ‘ad alta velocità’ ma ad alta capacità andando a 180 chilometri all’ora e non a 300, gli Intercity, senza soluzione di continuità; di notte è la volta del trasporto merci. Quando sorge l’esigenza di mettere un treno in più, in questa situazione, non ci si riesce. Per poterlo fare occorre immaginare per il futuro l’incremento del traffico portuale a Ravenna, aumenteranno i flussi di carico merci ed oggi l’infrastruttura non c’è in quanto satura. Pertanto il Governo ha deciso, assieme agli Enti locali, il raddoppio della linea ferroviaria ma non ‘in affiancamento’ all’esistente, andando fuori dal territorio: questo lo stiamo decidendo assieme alle popolazioni. Verrà fatto più a nord dove non servono costose gallerie che vadano a bucare le colline: normalmente per il tratto Bologna-Castel Bolognese, 56 chilometri, il costo programmato è di 3,6 miliardi di euro già finanziati da questo Governo. Ad oggi non c’è un tracciato individuato: è stata aperta lo scorso 8 maggio, grazie al Decreto legislativo 36 del 2023 emanato dal Governo, una fase di ‘dibattito pubblico’ che avrà una durata di 90 giorni. Oggi siamo in fase di ‘documenti di fattibilità di alternative progettuali’ ed è da lì che si parte. E’ tutto nella legge. Ci sono dei ‘corridoi di transito’, una sorta di progetti preliminari, non c’è il dettaglio, quindi siamo molto indietro, ma è essenziale che noi ci siamo. Con questa realizzazione verrà fatta un’alta velocità Bologna-Rimini con fermata intermedia verosimilmente a Forlì, su cui di giorno viaggeranno i ‘Frecciarossa’ a 300 chilometri orari. I treni in arrivo da Ravenna andranno su questa linea e potranno viaggiare quindi su una linea ‘dedicata’, consentendo la manutenzione notturna sulla linea convenzionale e un alleggerimento dei carichi. Questo è funzionale all’infrastrutturazione del territorio e allo sviluppo del porto di Ravenna che per noi è strategico” ha concluso.