I CONTI NON TORNANO. L’agenda del governatore Fabio Panetta: un bilancio comune Ue, produttività e «capitale umano». In arrivo la riduzione dei tassi. "I guadagni orari dei lavoratori sono inferiori di un quarto rispetto a Francia e Germania. Quelli familiari fermi da 24 anni, altrove aumento di oltre un quinto". Ed è subito scontro: per il Pd «bisogna cestinare la Bossi-Fini». Fdl: «La sinistra strumentalizza», Landini (Cgil): «Alzare i salari»
Roma, via Nazionale: le considerazioni finali 2023 del governatore della Banca d'Italia Fabio Panetta - LaPresse
Le considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia sono come il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica: ciascuno le interpreta a partire dai propri interessi, e posizionamenti. Così è stato anche ieri quando Fabio Panetta, il neo-governatore di Bankitalia, ha svolto le prime considerazioni del suo mandato iniziato lo scorso novembre.
L’APPUNTAMENTO annuale ha radunato nelle maestose stanze di via Nazionale a Roma oltre 500 ospiti, una piccola rappresentazione dei poteri nella società attuale. Dal gotha delle banche italiane (Unicredit con l’a.d. Andrea Orcel al presidente e ex ministro Padoan, Intesa con Gros Pietro) agli ex ministri dell’economia Daniele Franco (già in Bankitalia) e Vittorio Grilli oggi in J.P. Morgan. C’era il presidente di Stellantis John Elkann e il presidente di Cassa Depositi e prestiti Giovanni Gorno Temprini. Poi il sindaco di Roma Roberto Gualteri. Il neopresidente di Confindustria Emanuele Orsini. E qualche esponente politico da Antonio Misiani (Pd) a Giulio Tremonti, presidente della commissione Esteri alla Camera. E poi c’era Mario Draghi. Ex un po’ di tutto, e già governatore di Bankitalia, ora impegnato a immaginare il futuro della «competitività» dell’Unione Europea. E domani, chissà, candidato a guidarla.
UN DISCORSO, quello di Panetta, ancorato a una visione neoliberale che può mettere d’accordo tutti in un mondo piombato in un nuovo regime di guerra. Lo abbiamo visto, ad esempio, su uno dei temi principali dell’intervento del governatore: la questione demografica, il sostengo all’occupazione e la necessità di «un flusso di immigrati superiore a quello ipotizzato dall’Istat». «Occorrerà gestirlo – ha detto Panetta – in coordinamento con gli altri paesi europei, bilanciando le esigenze della produzione con gli equilibri sociali e rafforzando le misure di integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro».
L’OSSERVAZIONE DI PANETTA, ispirata a una visione funzionalistica dell’immigrazione come «capitale umano», è legata all’idea di «produttività del lavoro». In sé, ha detto il governatore, «l’apporto dei flussi migratori non potrà che essere modesto» se non cambierà la «produttività» che assicura «sviluppo, lavoro e redditi più elevati». Ebbene, in Italia questa «produttività» è stagnante. Lo si vede dai redditi orari dei lavoratori dipendenti che “sono oggi inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania. In termini pro capite, il reddito reale disponibile delle famiglie è fermo al 2000, mentre in Francia e in Germania da allora è aumentato di oltre un quinto». Nonostante i facili entusiasmi governativi sull’aumento dell’occupazione in questi mesi, il tasso di partecipazione al mercato del lavoro resta tra i più bassi d’Europa: 66,7%, otto punti sotto la media dell’Eurozona.
QUINDI PIÙ BRACCIA da lavoro, se è possibile trattate in maniera più dignitosa di quanto accade oggi a causa di politiche imbarbarite e razziste. Si intuisce nelle parole di Panetta la necessità di un cambio per «affrontare le conseguenze del calo e dell’invecchiamento della popolazione» e per sostenere un rilancio della produttività che, in effetti, è difficile da intravvedere. Ci penserà il Pnrr, forse (si veda l’articolo qui).
SU TUTTO QUESTO LA POLITICA, in campagna elettorale per le europee, ieri si è dilaniata. Ciascuno ha interpretato diversamente quanto ha detto Panetta. Il vicepremier leghista Matteo Salvini, per esempio, ha detto che «gli immigrati regolare sono un valore, il problema sono i clandestini». Cecilia Strada, capolista Pd per la circoscrizione Nord-ovest, ha detto invece che «se si vuole sostenere l’occupazione è necessario un flusso regolare d’ingresso di persone migranti e bisogna gettare nel cestino una volta per tutte la legge Bossi-Fini».
LO STESSO È AVVENUTO sul problema dei salari. Landini ha «tradotto» il «capitale umano» usato da Panetta «in maniera più comprensibile come lavoratrici e lavoratori che devono potere vivere dignitosamente. Non avviene se si lavora e si è poveri, vuol dire che il sistema non funziona e va cambiato, aumentando i salari, con investimenti e riforme». Si intuisce che l’interpretazione di «capitale umano» di Landini non è quella di Tommaso Foti (Fratelli d’Italia) secondo il quale gli ultimi dati «sulla crescita del lavoro a tempo indeterminato danno prova dell’efficacia dell’azione del governo». La diversità delle interpretazione sta nel nel concetto di capitale umano, un pilastro delle teorie neoliberali. Chi lo usa invita la forza lavoro a identificarsi con il principio del suo sfruttamento (il capitale).
PANETTA HA AUSPICATO l’unione bancaria e quella del mercato dei capitali a livello europeo. Sulla politica monetaria, ha detto che l’aumento dell’inflazione nell’Eurozona al 2,6% «è una notizia non cattiva e non buona: ce l’aspettavamo». Il governatore ha usato toni da «colomba» e, in vista del taglio dei tassi di interesse da parte della Bce previsto a giugno. Ha sollecitato un’«azione tempestiva e graduale». Rinviare il taglio implicherebbe una rincorsa precipitosa. Una politica monetaria espansiva potrebbe alleviare un «fardello»: il debito pubblico italiano. La sua riduzione» potrebbe arrivare dal contrasto all’evasione fiscale, da una crescita non scontata, oltre che dalla «prudenza fiscale», cioè da una stretta sulle finanze pubbliche che è già in corso. Con la prossima legge di bilancio potrebbe essere più evidente