SINISTRA. L’assemblea nazionale di Roma lancia il processo costituente di Unione popolare. Dopo la sconfitta al voto di settembre si riparte da temi considerati «maggioritari»
L'assemblea nazionale di Unione Popolare - Patrizia Cortellessa
Già di per sé la notizia sarebbe clamorosa, forse del tutto inedita per una formazione di sinistra: non si smobilita dopo un passo falso. E così, dopo il deludente 1,4% delle elezioni politiche di settembre Unione popolare lancia il suo percorso costituente. Lo fa in un’accaldata assemblea che domenica ha impegnato almeno duecento persone sotto il tendone della festa di Rifondazione comunista, nella periferia del quartiere Tiburtino.
«SIAMO UNA SPARUTA minoranza ci dobbiamo chiedere cosa fare per diventare davvero ‘Unione popolare’» dice Luigi De Magistris, che della coalizione composta da Prc, Potere al popolo, DeMa e Manifesta è stato il candidato premier ed è attualmente il portavoce. Un portavoce, precisa l’ex sindaco di Napoli, «senza legittimazione dal basso». Questa legittimazione, insieme allo statuto, al manifesto politico e all’organigramma, dovrà avvenire tra settembre e ottobre prossimi, quando è prevista l’assemblea costituente di Unione popolare. In quella sede convergeranno gli iscritti alle quattro organizzazioni, che automaticamente si considerano aderenti al soggetto unitario, e quelli nuovi, che i promotori contano di coinvolgere nel corso della campagna di adesioni che si terrà da qui all’autunno. Dai prossimi giorni sarà possibile aderire al progetto, sottoscrivendo almeno 5 euro, guadagnandosi anche la possibilità di dire la propria sulla piattaforma telematica che sarà uno degli strumenti del nuovo soggetto. Che non si presenta come un «partito», piuttosto come uno «spazio politico» cui De Magistris aggiunge l’aggettivo «necessario». «I soggetti fondatori di Unione popolare non scompaiono – spiega ancora De Magistris – Il cittadino da oggi in poi deve percepire l’esistenza di un soggetto unico, non solo coalizione elettorale sommatoria di soci fondatori ma uno spazio politico per realizzare l’alternativa».
LO SCHEMA è quello che diede il via alla stagione dei cosiddetti «populismi di sinistra»: esiste un «noi», cioè il popolo, e un «loro» al quale si ascrivono l’establishment, «quelli che sono stati al governo e quelli che hanno governato negli ultimi anni». Da questo schema deriva l’ambizione controegemonica di Unione popolare. Ci sono questioni, è il ragionamento, che la maggioranza degli italiani condivide e che non hanno uno spazio politico adeguato. La prima è il conflitto in Ucraina. «Dobbiamo portare dentro il palazzo della politica il no alla guerra», sostiene Giorgio Cremaschi, che rappresenta gli effetti politici della mobilitazione bellica su una dimensione multilivello «come una matrioska». «La prima bambola diceva che c’era un aggredito e un aggressore – spiega Cremaschi – Si è arrivati al secondo livello: bisognava inviare armi. Poi è arrivata la questione delle armi più o meno letali. Da qui il nuovo quadro: quello che prospetta la vittoria dell’Ucraina. Allora siamo giunti al punto in cui si dice che dopo un anno di combattimenti non c’è spazio per il negoziato e la realpolitik. Da cui deriva l’economia di guerra che subiamo. Infine, la democrazia di guerra: se vivessimo in Russia saremmo all’opposizione di Putin, ma ci dicono putiniani». Dalla dimensione che si considera maggioritaria dell’opposizione alla guerra consegue il dibattito sulle prossime elezioni europee. L’ex europarlamentare Eleonora Forenza, ad esempio, dice: «Dobbiamo confrontarci con il mondo che attorno a Massimo Cacciari e Michele Santoro esprime posizioni critiche». Anche De Magistris e il segretario Prc Maurizio Acerbo parlano della necessità di «verificare le possibilità di una lista pacifista».
L’ALTRA LEVA per uscire dalla dimensione minoritaria è il salario minimo. Nelle ultime settimane Up ha raccolto le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare che fissi il salario minimo legale a 10 euro l’ora. «I sondaggi dicono che due italiani su tre sono d’accordo» afferma Giuliano Granato, uno dei due portavoce di Potere al popolo. Terzo ingrediente: la battaglia contro l’autonomia differenziata. Marina Boscaino, a nome dei comitati contro il progetto di Calderoli, rivendica la necessità di fermare una riforma che «riconoscerà diritti diversi a seconda del certificato di residenza». Da qui riparte una forza politica che si vuole radicata nelle mobilitazioni sociali. «È nelle lotte che facciamo capire che siamo fuori dal sistema ma anche credibili», teorizza sempre De Magistris. Granato è più esplicito quando disegna uno schema che rompe con la tentazione, circolata anche nella sinistra radicale, di trasformare i temi dell’egemonia e del consenso soprattutto in questioni discorsive e performance comunicative. «Non contano i bravi portavoce ma le mobilitazioni – dice Granato – In Francia si fanno sentire non perché hanno Mélenchon ma perché scioperano da settimane». «Gli eversivi agiscono attraverso l’esercizio del potere e della legalità formale – aggiunge De Magistris sul rapporto tra lotte e governo di destra – Chi sarà bersaglio del sistema dovrà sentirsi tutelato da Up»