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IL LIMITE IGNOTO. Le indiscrezioni del Washington Post. Ieri la chiamata fra Mosca e il capo della Cia e la visita a Kiev del premier Pedro Sanchez, presidente di turno della UeVoci di un piano di pace, da siglare alle porte della Crimea Pedro Sanchez con Zelensky a Kiev - Ap

L’Ucraina ha un piano per iniziare i negoziati con Mosca. Secondo il Washington Post, infatti, Kiev avrebbe messo a punto una strategia per costringere il Cremlino ad accettare determinate condizioni messe nero su bianco e consegnate al capo della Cia, William Burns, che ieri ha parlato al telefono anche con Mosca. Intanto però la guerra continua sul campo di battaglia con nuovi raid su Zaporizhzhia e la previsione del capo di stato maggiore congiunto statunitense, Mark Milley, secondo cui «la controffensiva sarà lunga e sanguinosa».

SE CONFERMATE, le indiscrezioni del Washington Post costituirebbero un’importante novità. Ovvero sarebbero una prova del fatto che il governo ucraino sta effettivamente cercando una strategia per il cessate il fuoco, al di là dei proclami ufficiali e dei moniti. Anche ieri, in occasione della visita a Kiev del premier spagnolo Pedro Sanchez, presidente di turno dell’Unione europea, Volodymyr Zelensky ha dichiarato ancora una volta che «la diplomazia inizierà solo quando l’Ucraina tornerà ai suoi confini stabiliti nel 1991». Ma il capo deve sempre parlare di vittoria, la guerra si combatte anche così e poi i soldati al fronte devono almeno illudersi di non rischiare la morte inutilmente.

TUTTAVIA, nei piani consegnati a Burns a inizio giugno, il quadro descritto sarebbe molto più pragmatico. L’esercito ucraino punterebbe a riconquistare più territorio possibile nell’est entro l’inizio dell’autunno, motivo per cui continua a premere sui lati di Bakhmut e nelle aree limitrofe. Nel frattempo i reparti corazzati e d’artiglieria si sposterebbero al sud, al confine della Crimea, in modo da tenere sotto tiro Sebastopoli e le basi della penisola. Solo a quel punto, di fronte alla minaccia concreta al controllo russo della Crimea, l’amministrazione di Kiev aprirà i negoziati. Il governo ucraino ritiene che il Cremlino sarà disponibile a trattare, ed eventualmente a fare concessioni, solo se messo con le spalle al muro ed è per questo che tale processo dovrebbe concludersi entro l’anno corrente. I generali sanno che gli uomini e i mezzi a disposizione dell’Ucraina si trovano in una condizione e in una quantità che difficilmente potranno raggiungere di nuovo in futuro. E quindi si prefigura davvero lo scenario, evocato da qualche analista in primavera, della manovra definitiva.

POI SI VEDRÀ, c’è sempre l’ipotesi dell’ingresso nella Nato che cambierebbe definitivamente gli equilibri tra i due belligeranti. Ma le incognite sono troppe, le linee di difesa russe hanno provato la loro efficacia e non è detto che l’avanzata ucraina riesca ad arrivare alle porte della Crimea (e non oltre, si badi bene, la penisola resterebbe sotto il controllo russo); il piano è quindi stato giudicato da fonti statunitense «ambizioso». Che generalmente è un eufemismo per «difficilmente realizzabile», ma staremo a vedere.
Forse anche per questo l’amministrazione Biden sta valutando ufficialmente di fornire bombe a grappolo e missili a lunga gittata Atacms all’Ucraina. Finora, lo abbiamo sentito ripetere più volte, entrambi gli armamenti erano stati negati: il primo perché contrario alle convenzioni internazionali, il secondo per evitare che Kiev colpisse il territorio della Federazione russa con armi made in Usa. Tuttavia, nell’ottica di azioni mirate in Crimea e in Donbass Washington potrebbe cambiare avviso.

ANCHE PERCHÉ il canale tra la Casa bianca e il Cremlino continua a restare aperto. Nelle ultime ore sempre Burns avrebbe telefonato a Sergei Naryshkin, il direttore del servizio estero dell’Fsb (Il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa), per rassicurarlo sulla totale estraneità degli Usa nella rivolta della Wagne