La stepchild adoption può anche bastare per le coppie italiane omosessuali con figli nati all’estero da fecondazione artificiale eterologa o da maternità surrogata, ma il legame tra i bimbi e i loro genitori non biologici deve essere riconosciuto. Lo ha dichiarato ieri la Corte europea dei diritti umani con tre diverse sentenze, approvate all’unanimità, con le quali ha rigettato il ricorso di otto coppie omoaffettive (due di donne e sei di uomini) alle quali le autorità italiane avevano rifiutato la trascrizione nei registri civili dei comuni di residenza degli atti di nascita dei loro figli, bambini nati all’estero mediante Gestazione per altri (Gpa), nei casi delle coppie gay, oppure in Italia dopo aver effettuato in cliniche spagnole l’inseminazione artificiale eterologa, nel caso delle donne. Un pronunciamento, quello della Cedu, che ha convinto la ministra alla Famiglia e alle Pari Opportunità, la pro-life Eugenia Roccella, a proporre «una soluzione legale, una sorta di sanatoria, per i bambini nati fin qui» da Gpa, una volta che sarà approvata la nuova legge-manifesto sul «reato universale».
CON LUNGHE E DETTAGLIATE motivazioni, i giudici di Strasburgo spiegano in sostanza che i ricorrenti non possono lamentare la violazione della Convenzione Edu (articoli 8 e 14 sulla vita privata e familiare) in quanto dal 2014 (per via giurisprudenziale) in Italia è possibile accedere all’adozione del figlio del proprio partner, la cosiddetta stepchild adoption. Ma la Corte ricorda anche «che l’interesse superiore del minore comprende, tra l’altro, l’identificazione legale delle persone che hanno la responsabilità di allevarlo, provvedere ai suoi bisogni e garantire il suo benessere, nonché la possibilità di vivere e svilupparsi in un ambiente stabile». Motivo per il quale, «il rispetto della vita privata del minore esige che il diritto interno offra la possibilità di riconoscere un rapporto di genitorialità tra il minore e l’aspirante genitore», e rispetto a questo principio «il margine di discrezionalità degli Stati è limitato». Nel rigettare i ricorsi, dunque, Strasburgo avverte chiaramente i decisori italiani, e sottolinea come «l’interesse del minore non possa dipendere esclusivamente dall’orientamento sessuale dei genitori».
UN MONITO CHE LA CEDU esplicita nero su bianco nella sentenza riguardante tre coppie gay di Trento, Pisa e Pesaro (con cittadinanze che vanno dall’italiana all’italo americana e italo bulgara) che hanno avuto il sostegno di gestanti volontarie, secondo le legislazioni canadese e statunitense, e i cui figli hanno dai 5 ai 13 anni. Per questi bimbi nati da Gpa la trascrizione all’anagrafe del loro stato di famiglia sovverte, secondo la legge italiana, l’ordine pubblico. Eppure, spiega la Corte ricordando la sentenza dell’8 novembre 2022 della Cassazione, «il bambino nato dalla maternità surrogata ha anche un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame che si è creato in virtù del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il progetto genitoriale».
IN UNA SECONDA SENTENZA riguardante altre tre coppie gay (italo spagnole e italo ceche), con gestanti statunitensi, che si erano viste rifiutare la registrazione alle anagrafi di Milano, Roma e Caldonazzo (Tn) dei loro figli nati tra sette e otto anni fa, Strasburgo ricorda anche l’auspicio espresso dalla stessa Corte costituzionale italiana nel 2021 che «il legislatore trovi una soluzione che tenga conto di tutti i diritti e gli interessi in gioco, adeguando la normativa vigente all’esigenza di tutelare i figli nati dalla maternità surrogata».
INFINE, IN UN TERZO pronunciamento, con le stesse motivazioni degli altri casi, la Corte europea dei diritti umani rifiuta il ricorso di due coppie lesbiche di Pisa e Piacenza che nel 2015 e nel 2017 hanno avuto accesso alla Pma in Spagna. Ma ricorda varie sentenze delle Sezioni unite della Cassazione del 2022 secondo le quali «i bambini nati da Procreazione assistita eterologa effettuata da due donne si trovano in una situazione più sfavorevole rispetto a tutti gli altri bambini nati, unicamente a causa dell’orientamento sessuale delle persone che hanno realizzato il progetto procreativo. Sono destinati a rimanere in relazione con un solo genitore, proprio perché non sono riconoscibili dall’altra persona che ha portato avanti il progetto procreativo e i loro interessi primordiali sono gravemente compromessi».
I PRONUNCIAMENTI della Cedu, commenta Marilena Grassadonia, responsabile Diritti di Sinistra italiana, «denotano un profondo rispetto dei percorsi genitoriali» delle famiglie arcobaleno. «Ciò sottolinea quindi che la discussione di questi giorni, portata avanti dalla destra per rendere la Gpa reato universale, può trovare posto solo nel pianeta dell’ideologia e della propaganda». Per Grassadonia, l’unica via è «una legge che riconosca per questi bambini il diritto di avere anche giuridicamente le loro due mamme o i loro due papà, fin dal loro primo istante di vita». Appartenente allo stesso gruppo politico (Avs) ma con posizioni diverse in merito alla Gpa, la capogruppo alla Camera Luana Zanella, contraria alla sanatoria per i già nati, e più propensa per la stepchild adoption, chiede «a questo punto» alla ministra Roccella di «venire a riferire in parlamento»