TORMENTI DEM. L’ex ministra: giusto rafforzare il rapporto col mondo cattolico che lotta per i poveri e per la pace. Il "partito nel partito" del governatore: tre coordinatori e una kermesse a luglio: «Vogliamo aiutare la segretaria»
Elly Schlein con Stefano Bonaccini - LaPresse
Dopo tre mesi di relativa pace dopo la vittoria di Schlein alle primarie, il Pd sta recuperando tutti i suoi vizi, a partire dalle polemiche inutili. Per dire, la promozione a vice capogruppo di Paolo Ciani, pacifista, della comunità di Sant’Egidio, invece di essere valorizzata come una mossa di sostegno al tentativo di pace del cardinale Zuppi (anche lui proviene da quell’esperienza) è stata letta dalla destra dem come una sorta di diserzione dal militarismo atlantista.
Tanto che è dovuta intervenire una fondatrice come Rosy Bindi per tentare di rimettere le cose a posto. «Si continua a dire che con Schlein non c’è spazio per i cattolici. Nel momento in cui viene nominato un vicecapogruppo che appartiene ad una tradizione del cattolicesimo italiano, allora a quel punto non va più bene, e questo dimostra che sono polemiche pretestuose», la stoccata dell’ex ministra che invita i dem a «riprendere un rapporto con il movimento cattolico, quello che sta con gli immigrati, con i poveri, nelle mense, che lotta per la tutela dell’ambiente e per la pace. Per questo la scelta di Ciani è non solo legittima, ma opportuna e positiva».
Anche ieri si è assistito a una corsa, da Debora Serrachiani a Anna Ascani e Marina Sereni, a smentire qualunque ipotesi di correzione della linea pro- armi «fino alla vittoria». Ma la guerra è solo uno dei problemi. Dopo la sconfitta alle comunali è partita la controffensiva dei cosiddetti riformisti che, al grido di «vogliamo più collegialità per aiutare la segretaria» (copyright Serracchiani) cercano di recuperare terreno e potere.
Di qui l’idea, già partorita dopo le primarie di febbraio, di dar vita a una corrente di Bonaccini, che naturalmente si chiamerà “area”, e pazienza se il governatore in tutto il congresso aveva predicato di voler sradicare le correnti e si era spinto fino a dire «se trovate qualcuno che è bonacciniano ditegli che è un co….one».
Fatto sta che mercoledì al cinema Capranica i bonacciniani si sono riuniti per gettare le basi della nuova area. C’erano una trentina di parlamentari, tra questi Guerini, Orfini, Piero De Luca, e anche Debora Serracchiani e Alessandro Alfieri che pure siedono nella segreteria di Schlein. Il bolognese Andrea De Maria si occuperò di organizzare la truppa, a Simona Bonafè e Simona Malpezzi il coordinamento dei parlamentari di Camera e Senato.
A luglio il primo evento pubblico, due giorni di dibattito probabilmente a Roma. L’obiettivo dichiarato è «aiutare Elly», ma «facendo sentire la voce di quella parte del Pd che ha sostenuto Bonaccini». Il governatore l’ha detto in tv: «Evitare una deriva minoritaria, stare all’opposizione mantenendo una cultura di governo».
L’obiettivo reale è marcare la segretaria, evitare in ogni modo che esca dalla rotta del vecchio Pd su tutti i temi caldi, dalla guerra al lavoro. Non è un mistero che i riformisti la accusino di scarsa attenzione all’impresa, eccessiva vicinanza alle posizioni della Cgil, per non parlare delle idee di Schlein sui diritti come la gestazione per altri.
Di fatto, «evitare una deriva minoritaria» significa impedirle di realizzare il programma con cui ha vinto il congresso. Su cui, a dire il vero, lei stessa finora è stata molto prudente, forse per paura di sbagliare qualche mossa. Tanto che anche alcuni suoi supporter la invitano ad alzare un po’ la voce, lanciare delle mobilitazioni su temi come il lavoro, l’autonomia di Calderoli, il rischio di fallimento del Pnrr. «Bisogna spiegare agli italiani cosa significherebbe perdere quei fondi per i più deboli», avverte Marco Sarracino.
«Servono un punto di vista sul domani e una vera agenda del Pd», il consiglio di Nicola Zingaretti. Oggi la riunione della segreteria preparerà la direzione convocata per lunedì, dove Schlein è attesa al varco dai suoi oppositori interni, ancora furiosi per il downgrade di De Luca Jr. nel gruppo della Camera. La segretaria risponde dicendo che «il pluralismo nei gruppi è stato garantito, come vice vicari sono state scelte persone che non hanno votato per me al congresso (Bonafè e Bazoli), ndr». In un partito normale sarebbe sufficiente. Non nel Pd