TORMENTI DEMOCRATICI. Il nuovo vice capogruppo agita i dem. No di Guerini e Picierno. Schlein: sull’Ucraina posizione chiara. Vincenzo De Luca contro la segretaria per la rimozione del figlio: non c'è nulla di più volgare dei radical chic senza chic
Il caso De Luca e le armi all’Ucraina continuano ad agitare il Pd. Sul primo fronte, dopo il downgrade del figlio Piero da vice capogruppo alla Camera, fortemente voluto da Schlein, ieri il padre Vincenzo ha fornito un assaggio della sua reazione rabbiosa, che potrebbe avere ulteriori sviluppi.
A domanda sulla decisione di Schlein, il governatore campano ha risposto: «In questa stanza sono vietate le brutte parole». E su Facebook ha scritto: «In politica, come nella vita, non c’è nulla di più volgare dei radical-chic senza chic». Martedì il figlio Piero, dopo la defenestrazione, aveva parlato con un linguaggio crudo di «vendetta trasversale», sostenuto da Lorenzo Guerini, Mariana Madia e altri esponenti dem.
MA A SCUOTERE UN PD ancora tramortito dalla sconfitta alle comunali è soprattutto la nomina a vice capogruppo, sempre a Montecitorio, di Paolo Ciani, esponente di Demos, molto legato alla comunità di Sant’Egidio. Ieri Ciani, che non ha votato a inizio anno l’invio di armi all’Ucraina, ha ribadito le sue posizioni: «Nel nostro popolo questa discussione c’è, è un fronte molto più ampio di come è rappresentato in Parlamento», ha detto. «Il Pd nella scorsa legislatura ha fatto una scelta legittima, dopo una novità sconvolgente e mentre sosteneva un governo di unità nazionale, ma ora dopo un anno e mezzo di guerra il partito può evolvere in nuove posizioni. Si può anche cambiare parere». Ciani ha inoltre ribadito di non volersi iscrivere al Pd, e di voler restare alla guida del suo partito, Demos: «Il Pd da solo non basta».
LE SUE PAROLE sulla guerra hanno scatenato un putiferio in un partito ancora largamente ancorato alle tesi di Letta. «La nostra linea sull’Ucraina è chiara e non è minimamente in discussione», tuona Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa e tra i falchi pro Zelensky. Così anche la vicepresidente del parlamento Ue Pina Picierno: «Ciani diventa vice capogruppo, dichiara di non volersi iscrivere al partito ma di volerne cambiare la linea sull’Ucraina. Grande confusione sotto il cielo. Ma il sostegno del Pd alla resistenza Ucraina non cambia e non cambierà».
«Non si cambia sull’Ucraina con una intervista. E in ogni caso sarebbe un errore», rincara Piero Fassino. Un coro che spinge Ciani a puntualizzare: «Le mie posizioni non impegnano né il gruppo né il Pd. Come è sempre stato per gli indipendenti della sinistra, possono coesistere su alcune specifiche questioni punti di vista diversi senza che questi costituiscano profonde fratture». Le precisazioni non bastano a placare le proteste. Così interviene direttamente Schlein: «Ciani ha già chiarito, ha parlato a nome del suo partito che è Demos e con loro abbiamo condiviso l’esperienza delle elezioni. Sull’Ucraina la linea del Pd è ben chiara, non c’è bisogno che aggiunga altro io».
ORMAI TRA I DEM il clima è quello del sospetto. L’ala destra vede nella decisione di promuovere Ciani l’anteprima di un cambio di linea in senso pacifista. E non è un caso che il cardinale Zuppi, in missione per la pace, sia il principale riferimento spirituale della comunità di Sant’Egidio di cui il deputato fa parte dall’età di 14 anni. La direzione di lunedì 12, convocata per l’analisi del voto nelle città, sarà anche un’occasione di ulteriori discussioni sulla guerra.
LA SEGRETARIA INSISTE sui temi del lavoro e cerca convergenze con le altre opposizioni nella battaglia parlamentare sul decreto varato dal governo il 1 maggio. «Non è stato possibile migliorarlo, la destra ha bocciato tutte le nostre proposte», dice il capogruppo al Senato Francesco Boccia. «C’è una forte spinta verso la precarizzazione, aumentano le disuguaglianze e si ghettizzano i poveri». Conte è concentrato sulla manifestazione del M5S del 17 giugno e concede poco al presunto alleato: «La linea comune non si costruisce a tavolino come frutto di un incontro di vertice».
Da Stefano Bonaccini, finora piuttosto leale verso Schlein, arriva un avvertimento: «C’è una segretaria che è qui da tre mesi. A me pare che lo sport preferito nel Pd, quello di criticare chi arriva un minuto dopo che è arrivato, andrebbe messo da parte. Ma dobbiamo lavorare per evitare una deriva minoritaria che ci metta in un angolo»