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ALLA CAMERA. Il governo pone la questione di fiducia sul decreto Pubblica amministrazione che serve a mettere ai margini la magistratura contabile sul Pnrr e non solo. Le toghe protestano: così i danni resteranno a carico della collettività. La premier replica in tv: i controlli restano

Corte dei Conti, Meloni: ma quale autoritaria, la relazione gliel’ho lasciata La sede della Corte dei conti

Il governo ha posto nell’aula della camera la questione di fiducia sull’approvazione del contestatissimo decreto Pubblica amministrazione. Quello al quale sempre il governo ha aggiunto in commissione, quindi dopo la firma di emanazione del presidente della Repubblica, il comma che elimina i controlli concomitanti della Corte dei Conti sul Pnrr e proroga di un anno lo scudo erariale, sterilizzando buona parte delle indagini della magistratura contabile sui comportamenti scorretti degli amministratori pubblici.

La fiducia era attesa, anche perché è la dodicesima volta che il governo si muove in questo modo per tagliare la discussione su un decreto legge, dopo averlo modificato con maxi o mini emendamenti. Le questioni di fiducia chieste dal governo Meloni in totale sono anche di più, diciassette con ieri, perché è stato approvato così sia alla camera che al senato anche un disegno di legge, la legge di bilancio, e in tre casi i decreti sono stati convertiti con doppio voto di fiducia (Aiuti quater, Superbonus e Bollette). La fiducia sul decreto Pubblica amministrazione, che scade tra quindici giorni, sarà votata oggi pomeriggio a Montecitorio sul testo approvato in commissione, quindi quello che contiene il freno alla Corte dei Conti e fa protestare i magistrati contabili e le opposizioni (non Calenda che è d’accordo).

A queste critiche ha risposto ieri sera Giorgia Meloni, scegliendo le telecamere amiche di Retequattro. «La sinistra è molto in difficoltà – ha detto – dice che c’è una deriva autoritaria se sulla Corte dei conti proroghi le norme del governo Draghi del quale loro facevano parte». La risposta contiene una verità ma ne nasconde un’altra. Lo scudo erariale, cioè la limitazione delle responsabilità degli amministratori pubblici e dei privati ai soli casi di dolo (escludendo la colpa grave) è già in vigore da tre anni. Lo ha inventato il governo Conte 2 per l’emergenza pandemia e l’ha prorogato dopo un anno e mezzo Draghi presentandolo come stimolo alla ripresa economica. Quello che Meloni nasconde è che una proroga fuori dalle emergenze è considerata da molti una misura sproporzionata, dunque irragionevole e a rischio costituzionalità. Ne sono convinti proprio i magistrati contabili, che ieri hanno tenuto una riunione della loro associazione. Dichiarando poi al termine che «la conferma dello scudo erariale in assenza del contesto di emergenza pandemica nel quale è nato impedisce di perseguire i responsabili e di recuperare le risorse distratte, facendo sì che il danno resti a carico della collettività».

L’Anm della Corte dei Conti ribadisce le sue critiche anche nei confronti dell’altra misura imposta dal governo, l’eliminazione del controllo concomitante che pure era stato allargato ai progetti del Pnrr proprio per accelerarne la realizzazione. Per i magistrati contabili «significa indebolire i presidi di legalità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa. Non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile, ma la tutela dei cittadini». A queste critiche Meloni in tv risponde così: «La Corte dei Conti continua a fare tutti i controlli che deve fare, fa la sua relazione semestrale al parlamento, l’ultima era prodiga di critiche e non mi pare che gli sia stato messo un bavaglio. Continua a fare la relazione e noi non abbiamo modificato niente». Gliel’ha lasciata. La relazione