INTERVISTA. La compagna del giornalista premiata a Napoli: «È un caso strettamente politico: nel momento in cui ha voluto rendere pubblici i crimini compiuti da diversi stati, l’onda d’urto delle sue rivelazioni si è rivoltata contro di lui»
Stella Moris durante la premiazione che si è svolta all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli
«Sono incredibilmente onorata di ricevere questo premio, penso che ogni generazione abbia il dovere di prendere il testimone e di passarlo a quelle successive». La Napoli multirazziale si stringe intorno a Stella Moris, moglie di Julian Assange, e alla sua vicenda giudiziaria e umana. Lo fa in un ricolmo di etnie provenienti da tutto il mondo, conferendo all’avvocato e difensore dei diritti umani, il Premio Pimentel Fonseca, che ha aperto giovedì scorso l’ottava edizione di “Imbavagliati”, il Festival Internazionale di Giornalismo Civile, ideato e diretto da Désirée Klain, che dal 2015 dà voce a quei giornalisti sottoposti a censura e perseguitati nei loro paesi. Durante la stessa cerimonia è stato assegnato anche il Premio Pimentel Fonseca Honoris Causa alla preside Annalisa Savino e all’attivista Fatou Diako.
Un’onorifenza che viene conferita nella città prima in Italia a deliberare al consiglio comunale la cittadinanza onoraria del fondatore di Wikileaks, detenuto da quattro anni in Gran Bretagna. Nel corso dell’incontro la consegna alla Moris della significativa tessera del Sindacato unitario giornalisti della Campania e quindi della Federazione nazionale della stampa (Fnsi) da parte di Claudio Silvestri, consegretario generale aggiunto, con il presidente Vittorio Di Trapani e l’ntervento di Giuseppe Giulietti, coordinatore di Articolo21.
Signora Moris, quali sono le condizioni di Julian Assange?
Julian è imprigionato ingiustamente, è detenuto da quattro anni in un carcere di massima sicurezza ma in realtà è privato della libertà dal 2010. Fisicamente è molto provato ma anche la sua salute psichica e mentale si deteriora giorno dopo giorno proprio perché pende su di lui la minaccia dell’estradizione verso lo stato che lo ha privato e vuole privarlo dei suoi diritti, che vuole metterlo in prigione per 175 anni. Tenere Julian in prigione significa inviare un messaggio chiaro al mondo che non è possibile dire la verità.
Come si affronta e come si supera un sopruso umano e giudiziario di questo tipo?
Questo è un caso strettamente politico perché nel momento in cui Julian ha voluto rendere pubblici i crimini compiuti da diversi stati, crimini prontamente insabbiati dagli stessi stati coinvolti, l’onda d’urto delle sue rivelazioni si è rivoltata contro di lui, attraverso accuse politiche volte a provocarne l’arresto e la prigione perpetua. È importante per il pubblico avere la consapevolezza che a volte anche se all’esterno c’è un’apparenza di legalità, questa legalità non è altro che fumo negli occhi creato artificialmente per nascondere la verità. Per questo è fondamentale considerare il caso di Julian come prettamente politico e non farsi distrarre dall’iter e dai dettagli tecnici del processo.
L’Italia lo riconosce come giornalista. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana gli ha attribuito un tesserino. Stessa cosa hanno fatto altre federazioni europee. Questo statuto può aiutare Assange nella sua battaglia per la libertà?
È assolutamente cruciale che la comunità di giornalisti mostri solidarietà a Julian e lo riconosca come giornalista. Ricordiamo che Julian in Australia è stato membro dell’ordine dei giornalisti dal 2007. Gli attacchi rivolti contro di lui, negando il suo ruolo di giornalista, miravano ad isolarlo da questa comunità. Il governo degli Stati Uniti ha sempre negato la natura giornalistica del suo lavoro, ma quale governo può decidere chi è giornalista e chi no? Chiaramente Julian è un giornalista ma anche in quanto tale è stato accusato di aver acquisito informazioni provenienti da fonti che non ha voluto svelare e di averle rivelate al grande pubblico. È incoraggiante che ci sia una dimostrazione di unità da parte di decine di paesi nel mondo. Non è assolutamente in discussione che Julian sia un giornalista. Non è solo un giornalista, ma uno dei più importanti giornalisti viventi