Il presidente francese consegna a “Les Echos” il suo appello a costruire l’autonomia strategica dell’Ue, anche in campo militare: «L’economia di guerra europea deve accelerare»
«Per troppo tempo l’Europa non ha costruito l’autonomia strategica. È questa la battaglia del nostro tempo». È un Emmanuel Macron nuovamente in modalità “visionaria” quello di rientro dalla Cina, dove ha concluso una visita di tre giorni – in parte accompagnato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen – all’insegna degli accordi commerciali ma anche del lavorio diplomatico per riaprire una via diplomatica al fondo del conflitto tra Russia e Ucraina. «Penso che la Cina condivida la nostra stessa constatazione, ossia che oggi è il tempo della guerra», afferma il capo dell’Eliseo in un’intervista al quotidiano francese Les Echos. «Gli ucraini resistono e noi li aiutiamo. Questo non è il tempo dei negoziati, anche se li si prepara e bisogna piantarne le fondamenta», è il senso della constatazione “condivisa” da Francia e Cina, per lo meno secondo Macron. Ma in un’epoca di tensione e rischi geopolitici crescenti, Macron è preoccupato anche dallo scenario più ampio in cui rischiano di restare stritolati i Paesi europei. «Il colmo per l’Europa sarebbe che proprio nel momento in cui riesce a chiarire la sua posizione strategica, finisca preda del disordine mondiale e di crisi non nostre», ammonisce il presidente francese, che mette in guardia contro il rischio che i Paesi europei diventino «vassalli» di altre potenze globali. No, quindi alla «logica dei blocchi contrapposti».
La terza via di Macron per l’Ue
Gli “elefanti nella stanza” dell’Europa sono ovviamente due: la Cina, certo, ma anche gli Stati Uniti – con i quali molti valori e obiettivi possono coincidere, ma gli interessi strategici di lungo periodo non necessariamente, lascia intendere Macron nella conversazione col quotidiano economico francese. «Noi europei dobbiamo svegliarci», richiama il presidente francese. «La nostra priorità non è quella di adattarci all’agenda degli altri in qualsiasi regione del mondo». Al contrario, la sfida è quella di aprire una “terza via”. «Se c’è un’accelerazione della deflagrazione del duopolio, non avremo né il tempo né i mezzi per finanziare la nostra autonomia strategica e diventeremo dei vassalli. Se abbiamo qualche anno per costruirlo, possiamo invece essere il Terzo polo» dell’ordine mondiale.
Fuor di metafora, Macron lascia intendere che gli europei non dovrebbero seguire gli Usa o altri attori del Pacifico nell’approccio duro al dossier-Taiwan, rischiando di fatto di avvicinare un nuovo conflitto. «La questione che abbiamo di fronte noi europei è la seguente: abbiamo interesse a un’accelerazione su Taiwan?». Risposta chiara: no, sostiene il capo dell’Eliseo. «La cosa peggiore sarebbe pensare che dobbiamo metterci in scia e adattarci al ritmo americano e a un’over-reazione cinese. Perché dovremmo andare al ritmo scelto dagli altri?», chiede Macron, secondo il quale il rischio in tal caso sarebbe quello di una «strategia autorealizzatrice» di un nuovo conflitto.
Autonomia strategica e investimenti militari
Per Macron la «battaglia dell’Europa» deve tornare a essere quella dell’autonomia strategica, dunque. Concetto caro al presidente francese, che lanciò l’idea della “sovranità europea” in campo industriale e tecnologico, ma anche militare, fin dall’inizio del suo primo mandato. «Dal discorso della Sorbona abbiamo vinto quella battaglia sul piano ideologico: abbiamo instillato l’idea di una difesa europea, di un’Europa unita che emette debito insieme, e ci siamo dotati di strumenti di difesa e di politica industriale», rivendica Macron. Ma la strada non per tutti è tracciata chiaramente, e il capo dell’Eliseo sente il bisogno di fare un nuovo appello. «Non vogliamo dipendere dagli altri per le materie critiche. Il girono in cui non avremo più scelta sull’energia, sulla difesa o sull’intelligenza artificiale perché non abbiamo più le infrastrutture necessarie, usciremo temporaneamente dalla Storia», ammonisce Macron.
La maturazione dell’Ue dunque passa per scelte e investimenti urgenti e assai concreti, per l’Eliseo. Comprese le spese militari, per sostenere l’Ucraina, ma non solo. «Abbiamo creato un fondo europeo per missili e munizioni con una dotazione di 2 miliardi di euro», ricorda Macron, ma non è sufficiente. «È chiaro che abbiamo bisogno di un’industria europea che produca più rapidamente. Abbiamo saturato le nostre scorte. Se la storia accelera, serve in parallelo che acceleri l’economia di guerra europea», sprona Macron. La cui ultima stoccata di rientro dal Pechino è riservata ancora agli Usa, ma su un piano prettamente finanziario: «Non dobbiamo dipendere dall’extraterritorialità del dollaro». Parole che suonano come musica alle orecchie di chi ai quattro angoli del pianeta contesta la superpotenza americana.