È un accordo per ora solo di principio, per fare qualcosa «con la speranza di concludere a fine mese». Il Consiglio Energia straordinario a Bruxelles ha esaminato ieri l’ipotesi di un «tetto provvisorio al prezzo del gas», che per alcuni dovrebbe essere su tutte le importazioni nella Ue, non solo del gas russo.
C’è fretta, l’inverno si avvicina, i prezzi sono impazziti, le proteste minacciano, l’Europa teme di essere travolta dai gilet gialli dappertutto (ci sono manifestazioni, movimenti di boicottaggio del pagamento delle bollette). Prima delle fine di settembre ci sarà un altro Consiglio Energia, ma già martedì dovrebbe arrivare la nuova versione del «pacchetto energia» della Commissione e mercoledì la presidente, Ursula von der Leyen, darà delle precisazioni nel discorso sullo Stato dell’Unione.
La presidenza ceca del Consiglio, in carica fino a fine anno, ha precisato alla conclusione dell’incontro che c’è un accordo su «4 piste». Per il ministro Jozef Sikela, «adesso sappiamo esattamente quale direzione dobbiamo prendere». E ha aggiunto: «siamo in guerra, non giochiamo con le parole, siamo in guerra energetica con la Russia, Putin manipolando i prezzi del gas cerca di spezzare la pace sociale nei nostri paesi, di colpire il nostro modo di vita e anche di attaccare la nostra economia, dobbiamo inviare un segnale chiaro e forte».
I ministri chiedono alla Commissione di studiare un «intervento temporaneo d’emergenza» sul mercato del gas, il Belgio e l’Italia vorrebbero un tetto sul prezzo per tutte le importazioni: ormai, la dipendenza globale dei 27 dalla Russia è scesa per il gas dal 40% di prima della guerra al 9%, quindi bisogna intervenire anche sugli altri. Ma la commissaria all’Energia, Kadri Simson, è contraria. Il tetto dovrebbe essere «dinamico», il Belgio insiste sul fatto che deve esserci una conformità con i prezzi pagati in Asia, molto più bassi.
A favore del price cap si sono schierati 15 paesi, possibilisti anche i più legati all’ortodossia del libero scambio, come Olanda e Irlanda. La Germania resta “prudente”, ha fatto sapere da Berlino Olaf Scholz. «L’interferenza viene dalla Russia – ha spiegato il ministro irlandese dell’Ambiente, Eamon Ryan – non possiamo essere solo dei dogmatici e dire che non interferiamo sul mercato, le misure proposte faranno diminuire i prezzi e ci permetteranno di continuare a investire nelle rinnovabili».
I ministri danno inoltre dato mandato alla Commissione per studiare un tetto massimo ai super-profitti realizzati dai produttori di energia che non dipendono dal gas, ma che ne approfittano (la Commissione ha avanzato l’idea di un tetto a 200 euro il MWH, ma al Parlamento europeo in molti lo trovano troppo elevato). Accordo anche sul «contributo di solidarietà» delle società di energia fossile, i ministri non parlano di «tassa» non solo per la reticenza persistente di alcuni stati, ma anche perché sulle questioni fiscali ci vuole il voto all’unanimità e ci possono essere veti. Accordo anche, ma era più scontato, sugli aiuti ai distributori di energia, che hanno seri problemi di liquidità, al punto che nei giorni scorsi si è parlato di un rischio «Lehman Brothers» sui mercati.
I ministri invitano anche a un «coordinamento» per la riduzione dei consumi, ma difficilmente passerà l’obbligatorietà, come aveva proposto mercoledì la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen (la presidenza ceca lo esclude, per la ministra polacca, Anna Moskwa, «la Commissione non ha l’autorità per imporlo»). C’è stato a fine luglio un accordo dei 27 per impegnarsi a diminuire i consumi del 15%, ma la Commissione ora vorrebbe un obbligo per un calo del 5% nelle ore di punta (che è uno degli elementi che fanno alzare i prezzi).
Finlandia, Svezia e Danimarca hanno inviato ieri una lettera a Bruxelles di appoggio delle 5 proposte della Commissione (obiettivo obbligatorio di diminuzione dei consumi; tetto ai redditi per i produttori di energia a basso costo; contributi solidali dai produttori di energie fossili; aiuti ai fornitori di energia, con problemi di liquidità; tetto al prezzo del gas russo). L’Austria teme rischi di penuria. La Grecia resta contro. La Francia ha insistito anche sulla necessità di una riforma del mercato dell’energia che «rifletta la realtà dei prezzi di costo del mix energetico», cioè a favore del decoupling tra il prezzo del gas e quello dell’elettricità. Il price cap non deve apparire come una nuova sanzione alla Russia, perché questo richiede un voto all’unanimità e ci sono possibilità di veto (Ungheria in testa).
Ieri, i ministri delle Finanze di Francia, Italia, Germania, Olanda e Spagna, in un testo comune, si sono impegnati a favore di una tassa minima (del 15%) sui grandi gruppi dal 2023, «per alleviare l’impatto della crisi globale», un progetto Ocse che l’Ungheria ha finora bloccato nella Ue.