CRISI UCRAINA. L’Onu condanna il conflitto giunto al 101esimo giorno. Peskov: avanti fino alla fine
Una donna cammina tra i resti di una casa demolita da un attacco missilistico russo sulla città ucraina di Sloviansk - Andriy Andriyenko/Ap
«Questa guerra non ha e non avrà vincitori». A dirlo non è stato un pacifista qualsiasi di quelli tanto invisi ai sostenitori della guerra «fino all’ultimo uomo», ma l’Onu. Ieri, Amin Awad, Segretario generale aggiunto e coordinatore Onu delle crisi per l’Ucraina, nel briefing di ieri sul conflitto in atto. «Abbiamo assistito per 100 giorni a ciò che è stato perso: vite, case, lavoro e prospettive», continua Awad nel suo comunicato, sottolineando che «abbiamo bisogno di pace; la guerra deve finire».
QUASI contemporaneamente, il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, ha fatto sapere che da Mosca andranno avanti fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi. In altri termini, la Russia non è affatto d’accordo con la visione delle Nazioni unite. Alla domanda su come il Cremlino consideri i progressi in Ucraina a 100 giorni dall’inizio della guerra, il portavoce del presidente ha risposto che le truppe russe sono riuscite nel loro compito principale di proteggere i civili nelle aree dell’Ucraina orientale controllate dai separatisti sostenuti da Mosca. Peskov, come riporta Reuters, ha detto che le forze russe hanno «liberato» molte aree in Ucraina dalle unità militari e nazionaliste ucraine «filonaziste», aggiungendo che «questo lavoro continuerà fino a quando non saranno raggiunti tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale». Nel corso della conferenza, Peskov si è dimostrato evasivo quando gli è stato chiesto se le autorità russe stiano pianificando di tenere dei referendum nelle aree occupate per proporre l’annessione alla Russia, dicendo che dipenderà dall’evolversi della situazione. Del resto, sia Peskov sia altri funzionari russi hanno ripetutamente affermato che spetterà ai residenti di queste regioni determinare il loro status. Il che, con un esercito invasore in casa, sembra una decisione tutt’altro che spontanea.
POCO DOPO, il ministro della difesa russo Shoigu ha incontrato il capo delle truppe cecene Kadyrov. Come sempre in questi contesti Kadyrov si è profuso in elogi dell’azione militare del suo esercito e in minacce più o meno esplicite all’Ucraina e all’Occidente. In altri termini, la retorica russa non si è mossa di una virgola. Stupisce solo che tutta questa ostentata sicurezza contrasti con l’effettivo andamento delle operazioni sul campo e con la decisione di rimuovere il generale Dvornikov dalla guida delle truppe russe in Ucraina. A inizio aprile Dvornikov era stato chiamato in virtù del suo curriculum in Siria e in Abkhazia a sostituire i tre comandanti responsabili delle operazioni. Il timore che il nuovo capo adottasse il cosiddetto “metodo Grozny”, ovvero la tabula rasa delle città ribelli, era alto. Ma ora, dopo neanche due mesi, Dvornikov è stato sostituito dal generale Gennady Zhidko, ex comandante del distretto militare orientale e vice-ministro della difesa russo per gli affari militari e politici. Al momento non si hanno altre informazioni sul perché Putin abbia deciso di rimpiazzare il generale ma risulta evidente che il presidente non dovesse essere contento del suo operato.
ANCHE PERCHÉ, persino a Severodonetsk, la situazione potrebbe rivelarsi non così rosea per le truppe dell’esercito invasore. Ieri Zelensky, dopo aver ringraziato gli Stati uniti per i nuovi sistemi “Himars” che presto saranno forniti al suo esercito, ha fatto sapere che, sebbene i combattimenti nelle aree orientali del Donbass siano «brutali», sarebbero stati fatti «alcuni progressi» nella città di Severodonetsk. Non ha atteso troppo a fargli eco il governatore dell’oblast di Lugansk, Segiy Haidai, il quale ha dichiarato che «i difensori ucraini hanno condotto con successo operazioni locali e catturato sei soldati russi il 1° giugno in una città strategica», arrivando addirittura a paventare «alte possibilità di liberazione rapida», nonostante poco prima avesse dichiarato all’Associated Press che la situazione è drammatica e che i circa 13 mila residenti rimasti in città ormai vivono costantemente nei seminterrati per sfuggire agli incessanti bombardamenti russi. Anche nella vicina Lysychansk, che potrebbe diventare la nuova roccaforte ucraina della zona, i bombardamenti sono stati intensi durante la giornata di venerdì e almeno altri due civili sono rimasti uccisi. Al momento a Lysychansk si trovano circa 20.000 residenti, ovvero un quinto della sua popolazione prima della guerra. Secondo Haidai «il 60% degli edifici residenziali e delle infrastrutture civili sono stati distrutti dai bombardamenti russi». Le due disamine sembrano, quantomeno, discordanti.
PER AGGIUNGERE un dato, stando al ministero della difesa britannico la Russia ormai controlla il 90% dell’oblast di Lugansk e, secondo l’ultimo aggiornamento dell’intelligence di Sua Maestà, «le forze russe stanno ottenendo successi tattici nel Donbass e sembrano avere successo sull’opposizione ucraina». «È probabile che la Russia raggiunga il controllo completo dell’oblast di Lugansk nelle prossime due settimane», ha dichiarato il ministero.
EPPURE, per quanto sembri improbabile al momento, gli ucraini continuano a sostenere che i russi starebbero rallentando a causa delle ingenti perdite e della forte resistenza dell’esercito difensore. Secondo Mykola Sunhurovsky del Centro Razumkov, un think tank di studi militari con sede a Kiev, ad esempio, «il tempo sta giocando a favore dell’Ucraina, poiché le forniture di armi occidentali stanno aumentando, rendendo nervoso il Cremlino», ma ha aggiunto che i rifornimenti occidentali hanno richiesto tempo per raggiungere l’Ucraina, costringendo Kiev a «perdere tempo nell’est per accumulare forze per una controffensiva».