STOPTHEWARNOW. Più di 200 attivisti laici e cattolici. Torneranno in Italia con alcuni profughi
Eccole qua le anime belle, i cattocomunisti non violenti, i gandhiani da salotto che sono l’adorato sberleffo della stampa combattente nostrana e degli analisti con l’elmetto o le bretelle. Sbeffeggiati e accusati di scarso senso patriottico, quando non aperti e pericolosi filoputiniani, questi idealisti convinti che un mondo migliore sia possibile il salotto l’hanno lasciato alle spalle. E in 200 lucidi pazzi sono convenuti ieri all’alba a Gorizia un po’ da tutt’Italia per marciare pacificamente sull’Ucraina, meta da raggiungere nella notte – mentre scriviamo – per testimoniare un deciso No alla guerra che diventerà oggi una manifestazione a Leopoli, corredata da incontri con le autorità locali ed esponenti delle diverse comunità religiose.
CHE CI SIA UN MARCHIO cattolico su questa marcia è fin troppo evidente per il solo fatto che l’iniziativa parte dall’Associazione Papa Giovanni XXIII, la cui anima è Giampiero Cofano, segretario generale, che ha passato la giornata di ieri a dare indicazioni e dettagli dal Covid alle strade da percorrere, alle grane da evitare, ai passaporti. Ma StoptheWarNow è molto di più che non la scelta di praticare quel che il pontefice predica dall’inizio di un conflitto definito una follia. Incarna la storia di un pensiero che si fa movimento alla vigilia della prima guerra mondiale, passa per la non violenza gandhiana, l’opposizione alla guerra in Vietnam, il conflitto nei Balcani – con la marcia a Sarajevo del 1992 voluta da don Tonino Bello – fino alle manifestazioni per l’Iraq o l’Afghanistan. E infatti ci sono le laiche Arci, Aoi o Terre des Hommes accanto a grandi sigle del mondo cristiano – la Focsiv – fino a realtà più piccole come Nuovi Orizzonti di Milano, associazione che opera nel sociale.
L’IDEA NASCE meno di tre settimane fa ma raccoglie rapidamente oltre un centinaio di adesioni di associazioni della società civile. Ignorata dalla grande stampa, vessata dalle difficoltà logistiche, vista con sospetto anche da molti ucraini e ritenuta una non notizia da chi snobba le periferie della politica, la marcia raccoglie oltre 200 persone su una settantina di mezzi: pulmini soprattutto, stipati di medicinali e generi di prima necessità. Doveva arricchirsi di qualche nome eccellente del Palazzo ma poi pare che la Farnesina abbia sconsigliato. Oltreché un esercizio di diplomazia dal basso e oltre a portare in Ucraina uno sguardo sulle vittime e quindi sull’inutilità della guerra, il gruppo dei marciatori porterà indietro persone in fuga dal Paese invaso dai carri armati. Gocce nel mare? Sicuramente, ma forse sempre più necessarie in un vuoto della diplomazia internazionale dove l’Europa ha lasciato l’iniziativa a un altro regime – la Turchia – membro della Nato e nostro affidabile partner per risolvere i problemi dei profughi, visto che nei valori dell’Occidente ci stanno anche vittime di guerra di serie A, B e C.
LA PICCOLA FOLLA assiepata dentro a pulmini per forza troppo stretti è variegata come la bandiera della pace: giovani donne e giovani uomini accanto a canuti attivisti/e che di guerre ne han viste fin troppe. Oggi marceranno per le vie di Leopoli immaginando che la marcia di questo sabato 2 aprile sia solo il pezzo di un percorso.
«La prossima guerra – dice Tonio dell’Olio presidente di Pro Civitate Cristiana – è quella che non dovrebbe scoppiare». Dell’Olio era con Tonino Bello a Sarajevo nel ‘92: «Tonino diceva che nel tempo della tempesta bisogna mettere da parte la semente. In altre parole – spiega – dobbiamo far crescere la sete di pace perché il prossimo conflitto non ci trovi impreparati». Anche Francesca Farruggia, di Archivio Disarmo- Iriad, riflette sugli strumenti per costruire pace. La marcia lo è? «Certamente: riempie di contenuti il principio costituzionale della libertà di pensiero e parola da parte dei cittadini. Poi induce gli altri a riflettere e a prendere posizione sui temi che, come la pace e la sicurezza internazionale, sembrano lontani e invece riguardano tutti».
Tra gocce nel mare e speranze c’è anche un aspetto concreto: 300 ucraini potranno tornare in Italia coi marciatori. «Tra loro ci sono anche minorenni con disabilità – dice Giampiero Cofano-. E’ la nostra attenzione alle vittime più fragili».