Marci su Roma. Tante gente al presidio davanti alla sede nazionale. Il segretario: sabato grande manifestazione "Mai più fascismi". Delegazioni da tutti i partiti
La manifestazione della Cgil davanti alla sede nazionale dopo l'assalto fascista di sabato © Foto Cgil
A meno di sedici ora di distanza dall’assalto fascista alla sede nazionale della Cgil la risposta di mobilitazione democratica arriva pronta ed efficace. Davanti a Corso d’Italia già mezz’ora prima delle 10 non si riesce a camminare. Almeno un migliaio di persone rispondo subito all’invito del sindacato per reagire “all’assalto squadrista”. Mentre si prepara già la grande manifestazione unitaria con Cisl e Uil “Mai più fascismi” per il 16 ottobre, sabato pomeriggio con piazza San Giovanni già prenotata per le troppe richieste che renderebbero piazza del Popolo troppo piccola.
Tanti giovani che cantano a squarciagola e ripetutamente “Bella ciao” e “Ora e sempre Resistenza”, fin troppi politici e persone da tutta Italia che restano a scambiarsi indignazione e voglia di mobilitarsi ben dopo il discorso di Maurizio Landini, unico a parlare. A Roma come in tutte le Camere del Lavoro, obiettivo ieri come esattamente cento anni fa dei fascisti.
La devastazione della “Capitol Hill italiana” è impressionante. I Forzanuovisti di Roberto Fiore hanno devastato buona parte del piano terra della sede dalla Cgil, distruggendo computer e uffici, rovinando quadri sotto le foto di Di Vittorio.
“Un atto fascista e squadrista: deve essere chiaro: se qualcuno ha pensato di intimidirci, di metterci paura, di farci stare zitti, deve sapere che la Cgil e il movimento dei lavoratori hanno già sconfitto il fascismo in questo Paese e riconquistato la democrazia. Non ci intimidiscono, non ci fanno paura”, esordisce il segretario generale della Cgil.
Leggi tutto: Landini: risponderemo con la partecipazione all’assalto squadrista
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Noi ai fascisti rispondiamo così: domani tutte le nostre sedi saranno aperte e davanti alla #Cgil nazionale si terrà un presidio democratico.
Appuntamento a partire dalle 10 e in diretta su
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Diritto d'asilo. Un’identità europea costruita sulla figura dello straniero come nemico va combattuta senza se e senza ma. I muri e il filo spinato, così come la criminalizzazione dei migranti, possono rappresentare la tomba dell’idea stessa di Europa unita
Polizia slovena ferma migranti al confine con l'Austria nel 2015 © Darko Bandic /Ap - LaPresse
C’era una volta il muro di Berlino. Tra i 12 governi dell’Ue che hanno chiesto alla Commissione Europea di tornare a erigere muri intorno ai nostri confini, molti sono i nostalgici del nazismo. «La scimmia del quarto Reich ballava la polca sopra il muro», scriveva Faber. L’ideologia dei muri e delle divisioni, che pensavamo di aver scacciato dalla nostra comune storia europea quel 9 novembre del 1989, torna prepotentemente a minare la pace e la convivenza tra i popoli del vecchio continente.
Siamo di fronte a un pesante rafforzamento del campo sovranista e razzista, soprattutto in assenza di un soggetto altrettanto forte e determinato che promuova i diritti e la democrazia. L’attacco delle destre, sempre più determinate e organizzate, ai principi dell’Ue e del diritto internazionale potrebbe far capitolare le forze democratiche, in assenza di un orizzonte comune e di una classe dirigente all’altezza della sfida che abbiamo davanti.
Questa vergognosa richiesta di finanziare la costruzione di muri e recinzioni a difesa dell’ideologia sovranista non è purtroppo una novità nelle politiche dei governi europei ed è la naturale evoluzione di quanto la Commissione propone con il «Patto Europeo su Immigrazione e Asilo».
Da anni intorno ai confini dell’Ue in Grecia, in Bulgaria, in Slovenia come nell’enclave africana della Spagna, a Ceuta e Melilla, i governi hanno eretto mura e realizzato sofisticati sistemi di controllo, simili a quelli tra Messico e Usa che tanto piacevano a Trump, per impedire che le persone possano entrare nell’Ue.
Muri e sistemi di controllo finanziati dall’Europa sono stati implementati
Leggi tutto: Contro il futuro nero dell’Europa - Filippo Miraglia
Commenta (0 Commenti)La sottile linea rossa. Disastro a Roma e Milano. Meglio a Trieste (8,9%) e Bologna (7,3%). Fratoianni: serve un soggetto stabile
Roberto Speranza, Nicola Fratoianni e Pietro Grasso al lancio di Liberi e uguali © Lapresse
La sottile linea rossa. Da Trieste in giù le forze a sinistra del Pd, quasi sempre dentro coalizioni di centrosinistra, tranne rari casi rischiano l’irrilevanza. Nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia il successo maggiore delle sinistre: 8,9% per «Adesso Trieste», che candidava sindaco Riccardo Laterza, 28 anni, in una corsa solitaria rispetto a Pd e alleati. Ora il dem Francesco Russo dovrà attingere a questo bacino di voti per tentare il colpaccio contro il sindaco uscente Roberto Dipiazza.
A Milano risultato più che deludente: la lista «Milano Unita», che aveva come capofila il volto storico della sinistra milanese e assessore all’edilizia scolastica Paolo Limonta (ed era sostenta da Sinistra italiana ma non da Articolo 1) si ferma all’ 1,5%. Nessun seggio. Anche a Torino i due partiti che avevano dato vita Leu andavano divisi: discreto il risultato di Sinistra ecologista (3,6%), mentre Art.1 in tandem con i socialisti si ferma allo 0,8%.
Migliore la situazione a Bologna, dove la Coalizione civica si è unita con Coraggiosa (nome coniato da Elly Schlein alla regionali 2020) e ha centrato il 7,3% con 3 eletti in Comune. Tra questi spicca il risultato della capolista Emily Clancy che, con 3541 voti, risulta la più votata in città. Restando in Emilia-Romagna, Coraggiosa raggiunge il 5,3% a Ravenna, mentre a Rimini delude (2,6%).
Leggi tutto: Nelle metropoli la sinistra ora rischia l’irrilevanza - di Andrea Carugati
Commenta (0 Commenti)Quando nelle grandi città non va al voto più della metà degli elettori, e il dato nazionale si ferma al 54%, perdono tutti, anche quelli che hanno vinto la sfida di questo primo turno delle elezioni amministrative. Ci sarà modo di analizzare più a fondo la geografia politica del paese consegnata dalle urne, e quali saranno i riflessi sui partiti e sul governo.
Ma tre sono i messaggi molto semplici già chiarissimi.
Il primo, di gran lunga prevalente, ci parla della più bassa affluenza di sempre. E d’altra parte, al netto dello storico, progressivo distacco tra chi governa e chi è governato, in questa competizione amministrativa, ed è il secondo messaggio del voto, i partiti, e specialmente quelli del centrodestra, hanno presentato candidature di terza scelta, testimoniando, oltre i problemi di una coalizione senza leader, la crisi di una classe dirigente che ha gonfiato l’astensionismo, specialmente leghista.
Naturalmente lo sciopero del voto riguarda anche il centrosinistra, con il Pd senza popolo, forte nei centri storici, e i 5Stelle sprofondati, con un risultato drammatico per chi tutt’ora rappresenta la forza di maggioranza relativa. Espulsi dalla contesa più importante della Capitale, con la dignitosa ma sonora sconfitta dell’ex sindaca Raggi.
Tuttavia se i candidati portano la croce, bisogna anche chiedersi perché mai un cittadino, che ha visto tutti i partiti confondersi nel governo di un economista che guida il paese con il pilota automatico, dovrebbe improvvisamente appassionarsi a una competizione elettorale.
Anche per questo, la soddisfazione del segretario Letta per il risultato del Pd «in sintonia con il paese», e del voto in generale «che rafforza Draghi», è comprensibile ma tutt’altro che rassicurante di fronte a una democrazia dimezzata.
Infine, il terzo elemento evidente che le urne ci consegnano è finalmente positivo, dice che chi comunque è andato a votare, ha decretato la sconfitta del centrodestra e premiato le prime prove di unità del centrosinistra, come a Napoli e a Bologna (Milano fa caso a se).
È una indicazione politica per il futuro: le destre si possono battere solo se di fronte hanno l’unità delle forze di centrosinistra.
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L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi, quasi il doppio della pena richiesta dell’accusa. Nel 2018 Lucano era stato al centro di un’inchiesta della procura di Locri che ha ipotizzato l’esistenza di un sistema criminale dentro quello che era stato ribattezzato il “paese dell’accoglienza” dei migranti. L’ex sindaco era accusato di essere il promotore di un’associazione a delinquere che aveva lo scopo di commettere “un numero indeterminato di delitti (contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio), così orientando l’esercizio della funzione pubblica del ministero dell’Interno e della prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace”.
Lucano era sotto processo anche per
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