Non lasciamoci ingannare dalle coreografie di croci processioni ed esorcismi – che tuttavia ci sono e le abbiamo viste nelle campagne antiabortiste davanti agli ospedali -, il congresso delle famiglie di Verona c’entra pochissimo con la religione. Tanto è vero che il Vaticano, per bocca del Segretario di Stato, Pietro Parolin, ha preso distanza. È un congresso decisamente politico e lo dimostra l’imponente presenza di ministri e parlamentari del nostro governo: il ministro dell’interno Matteo Salvini, il ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, il senatore della Lega Simone Pillon e Giorgia Meloni (qui un’ampia esauriente descrizione di chi ha promosso il congresso).
Legate a questa parata pubblica ci sono proposte di legge – come il Ddl Pillon, la revisione della Legge 194, la riforma dello stato di famiglia, la reintroduzione delle case chiuse, la cancellazione delle unioni civili, dei matrimoni di gay e lesbiche – che hanno come scopo evidente quello di cancellare la libertà che le donne hanno faticosamente conquistato, e il rilievo che vanno assumendo a livello mondiale la cultura e le pratiche del femminismo, come lotta contro tutte le forme di dominio e di oppressione: dal sessismo al razzismo al classismo ai nazionalismi alla devastazione dell’ambiente.
Ciò nonostante, ancora una volta, l’attenzione dei media, pur registrando la deriva reazionaria e oscurantista, tace – e ha dell’incredibile vista la mobilitazione che si sta preparando pubblicamente da tempo – sui tre giorni di controconvegno (in coda il programma completo) e sulla manifestazione di sabato 30 marzo, promossi da una quantità incredibile di associazioni, gruppi, e in primis dalla rete Non una di meno. Ma si sa, il movimento delle donne, è, non da ora innominabile.
Basta risalire ai romantici adoratori delle madri dell’Ottocento, come Paolo Mantegazza e Jules Michelet, molto letti e amati dalle donne, per capire quanto il fanatismo misogino o l’ipocrisia
Leggi tutto: Ma quale medioevo? - di Lea Melandri*
Commenta (0 Commenti)Dal 27 al 29 marzo di quest’anno si terrà a Ravenna al Pala de Andrè, la 14esima edizione dell’OMC (Off Shore Mediterranean Conference), la fiera che affronta il tema dello sfruttamento di idrocarburi in tutto il bacino del Mediterraneo e che vede partecipare molti dei più grandi attori anche internazionali, del comparto.
L’iniziativa si svolge ogni 2 anni e quest’anno saremo alla 14° edizione; pertanto, si organizzano una serie di iniziative di contrasto e di dibattito alternative a quanto la stessa OMC andrà a proporre.
Le istituzioni, le categorie economiche ed i sindacati, si impegnino a difesa del Clima, quanto si impegnano nel rilancio delle autostrade e delle attività estrattive
Clima, autostrade, estrazioni. Negli ultimi otto giorni, in Emilia Romagna si sono avvicendate 3 grandi manifestazioni: quella del 9 marzo, a Bologna, per sbloccare 3 autostrade; quella di ieri, il 15 marzo, delle numerose e gremite piazze per il clima; quella di oggi a Ravenna, l'iniziativa nazionale a difesa del settore delle estrazioni (mascherata con slogan che richiamano all'ambiente e alle energie rinnovabili). Sempre il 15 si è tenuto poi lo sciopero nazionale dei lavoratori del settore edile, che tanto ha fatto riferimento alle opere da sbloccare.
“A promuovere le manifestazioni pro-autostrade e pro-trivelle si sono ritrovate assieme istituzioni, categorie economiche e sindacati, in un sodalizio piuttosto inedito” – commenta Legambiente.
Per i promotori, questa ampia coalizione è giustificata con il richiamo al "buon senso" e ai problemi contingenti del lavoro e dell'economia. Argomentando con la necessità dei "due tempi": oggi ci servono autostrade e trivelle, in attesa che la transizione ecologica venga avanti.”
In contrasto con questa logica l’associazione ricorda prima di tutto che il cambiamento climatico non ci concede tempo, purtroppo: abbiamo tra i 10 e i 20 anni per invertire la rotta radicalmente. Di recente gli studi di ISPRA ed ARPA ci hanno ricordato come in Pianura Padana il cambio clima sia più marcato che altrove.
Ma il vero tema è un altro. Delle 3 manifestazioni, solo una chiedeva a gran forza la transizione ecologica: quella dei Fridays for Future e dei giovani, non le due con le istituzioni.
In questo ultimo decennio la politica e le categorie socio economiche non hanno mai messo la stessa determinazione impiegata a favore di strade e autostrade per avere, ad esempio, un serio piano per il rinnovo delle città; oppure per una stagione di rilancio del trasporto pubblico: strategie in grado di creare lavoro e ridurre la CO2 e l'inquinamento. Neppure in campo energetico si è mai chiesto - con la stessa forza messa a difesa delle trivelle - un piano nazionale coraggioso di riconversione verde.
“Le istituzioni ravennati in piazza con ENI, hanno mai chiesto all'azienda quali sono i piani di riconversione dei lavoratori, una volta esauriti i giacimenti?” – domanda Legambiente
Gli interessi delle lobby hanno sempre prevalso, aiutate dalla logica dei due tempi.
In questo senso il problema del lavoro e del clima hanno una causa comune: l'interesse economico di pochi, che non è contemperato adeguatamente da strumenti che garantiscano il bene collettivo. La crescita di disuguaglianze di reddito, la crisi climatica e le disparità nord sud del mondo sono figlie di questa stessa mancanza.
Per queste ragioni, torniamo a dire che la manifestazione di Bologna di sabato scorso e quella di oggi a Ravenna sono sbagliate e superate. Le responsabilità per l'inazione del passato sono troppe e oggi non si può più chiedere di aspettare, tenendo assieme l'obiettivo di un green new deal con la difesa di idrocarburi e autostrade” – conclude.
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Legambiente Ravenna – Circolo Matelda
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Regione . Le richieste riguardano il Passante di Bologna e le bretelle Campogalliano-Sassuolo e tra l’A22 e l’A13. Bonaccini: «Da mesi cerchiamo inutilmente un confronto con il Governo»
Bologna - Sabato 9 marzo dalle 9,30 alle 11 Presidio per un altro modello di sviluppo
L’Emilia-Romagna è malata di consumo di suolo: quasi il dieci per cento della superficie è cementificata, oltre due punti in più rispetto alla media nazionale, ma nonostante questo la Regione (a novembre si rinnovano giunta e consiglio), la Città metrolitana di Bologna e il Comune di Bologna hanno convocato una manifestazione per chiedere al governo di lasciar partire i cantieri del Passante di Bologna, della Bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo e dell’autostrada regionale Cispadana, tra l’A22 e l’A13. Quest’ultima, programma dalla Regione nel 2006, segnale un rischio implicito dell’autonomia differenziata regionale che anche l’Emilia-Romagna vorrebbe vedersi riconoscere dal governo.
L’INIZIATIVA PRO autostrade si terrà sabato 9 marzo, a meno di una settimana dalla manifestazione globale contro i cambiamenti climatici. Niente piazza, però: l’appuntamento, dalle 10 alle 12, è al coperto, nella sala Maggiore del Palazzo dei Congressi in piazza della Costituzione, a Bologna, «d’intesa con tutte le associazioni d’impresa e le organizzazioni sindacali», spiega un comunicato di Regione Emilia-Romagna.
I tre progetti bloccati valgono 2,5 miliardi di euro. All’incontro è stato invitato il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che in questi mesi si sarebbe reso responsabile di uno sgarbo «alle Istituzioni, ai territori e alle comunità locali», secondo il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Che dice: «Abbiamo cercato ostinatamente in questi mesi un tavolo di confronto con il Governo ma purtroppo nulla è successo. Solo pochi giorni fa ho ricevuto una lettera del ministro Toninelli nella quale rimanda, sul Passante di Bologna, a una futura riunione non appena definite le modifiche progettuali con noi mai discusse. Ma, appunto, sono ormai mesi che siamo in totale assenza di fatti concreti, solo rinvii».
A questo tris di nuove infrastrutture autostradali, osteggiate da comitati e associazioni come Legambiente Emilia-Romagna, si accompagna una quarta, la Ti-Bre (Tirreno-Brennero), che è in costruzione e nel 2018 è valsa al piccolo Comune di Sissa Tre Casali, in provincia di Parma, la «coppa» del più cementificato d’Italia, avendo perso ben 74 ettari di terreni agricoli sepolti da cemento e asfalto.
«UNA PAGINA TRISTE per questa regione. È incomprensibile avviare uno scontro istituzionale e sociale a favore delle autostrade, simbolo del passato e di un trasporto ad alto impatto», scrive Legambiente Emilia-Romagna in una lettera aperta rivolta ad istituzione e parti sociali per chiedere di non assecondare l’iniziativa. «Il gesto è simbolico, un messaggio gravissimo, una distanza siderale rispetto alle piazze del #fridayforfuture, come quella di Parma da cui ti parlo», spiega al telefono con il manifesto Lorenzo Frattini, presidente dell’associazione.
«Gli slogan contano, e così le bandiere – continua -: dai primi giorni di febbraio tutti capoluoghi dell’Emilia-Romagna sono costantemente sopra i limiti delle PM10, con gran parte dei capoluoghi che sono già oltre i 25 giorni di sforamento sui 35 consentiti in un anno. La città di Ferrara ha addirittura già superato il limite». Secondo Legambiente, «la chiamata a scendere in piazza a favore delle autostrade appare come la campana a morto di una stagione ormai lontana. Stagione in cui la nostra regione produceva innovazione e idee all’avanguardia per il Paese. Oggi sembra rimanere in campo solo il pragmatismo, incapace di discriminare tra le necessità di uno sviluppo sostenibile e logiche del passato».
La logica dei combustibili fossili che alimentano una mobilità privata su gomma, una strada senza uscita. Per rispondere all’inquinamento dell’aria servono altri investimenti: il completamento del Servizio Ferroviario Metropolitano di Bologna, nuove linee di tram e il potenziamento del trasporto ferroviario regionale.
Commenta (0 Commenti)Non parlo da molto tempo del Pd e delle sue (stupefacenti) vicende interne, innanzitutto perché quando si hanno guai seri in casa propria non è davvero il caso di criticare in casa d’altri . E poi, lasciatemelo dire, nello stato in cui è l’opposizione in parlamento, è come sparare sulla Croce Rossa: sport che, tuttavia, non esitano, quotidianamente, a praticare giornaloni e giornalini nazionali, sicuri così di contribuire alla rigenerazione della sinistra! Per chi ci crede …
Ma ora, alla fine, ci sono le primarie. Un rito che non ho mai condiviso (anche per la mancanza di regole giuridiche certe e di controllo da parte di terzi) e che, testone come sono, continuo a considerare uno strumento a volte accettabile solo se servono a scegliere un candidato al parlamento o (nei sistemi presidenziali) un candidato presidente. Mai e poi mai quando (da statuto interno) dovrebbero servire a scegliere un segretario di partito. Le ritengo un buon mezzo per scardinare la democrazia nei e dei partiti non meno delle spesso risibili consultazioni on line o delle acclamazioni assembleari di leader preconfezionati.
Ed è un fatto che alle primarie del partito democratico guarda una parte del “volgo disperso che nome non ha”.
” Col misero orgoglio d’un tempo che fu.
S’aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà …
Ecco allora parlarne si deve e si può, e l’intervista di Goffredo De Marchis a Maurizio Martina su Repubblica del 23 febbraio
Leggi tutto: Martina e il suo listone - di Alessandro Messina
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Scarica: manifesto – volantino – volantone
Migliaia di manifestanti hanno riempito le strade della capitale dietro le parole d’ordine #FuturoalLavoro. Una mobilitazione proclamata unitariamente da Cgil, Cisl e Uil a sostegno della piattaforma unitaria con la quale le tre confederazioni avanzano le loro proposte e per chiedere al Governo di aprire un confronto serio e di merito sulle scelte da prendere per il futuro del Paese.
Tutto il mondo del lavoro è sceso in piazza per rivendicare la creazione di lavoro di qualità, investimenti pubblici e privati a partire dalle infrastrutture, politiche fiscali giuste ed eque, rivalutazione delle pensioni, interventi per la tenuta sociale del Paese, a partire dal welfare, dalla sanità, dall’istruzione, dalla Pubblica Amministrazione e dal rinnovo dei contratti pubblici, maggiori risorse per i giovani, le donne e il Mezzogiorno.
Un corteo pacifico e colorato. Palloncini, bandiere e striscioni hanno invaso le vie del centro di Roma, hanno sfilato fianco a fianco lavoratori e lavoratrici di tutte le categorie, giovani, donne, pensionati e migranti (ascolta – leggi). All’arrivo del corteo in Piazza San Giovanni in Laterano, quando la coda era ancora a Piazza della Repubblica, hanno preso la parola dal palco: una infermiera del 118, una pensionata, un rider, un delegato dell’ex Ilva di Taranto, una delegata della scuola e un lavoratore di un’impresa edile (ascolta).
A concludere la grande giornata di mobilitazione gli interventi dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.
“È davvero uno spettacolo questa piazza così piena, così grande. E c’è ancora gente che deve mettersi in marcia per il corteo”. Queste le prime parole del segretario generale della Cgil Maurizio Landini dal palco, “in tanti mi chiedono – ha aggiunto – quanti siamo oggi. Ci sono troppi che danno i numeri in questo Paese: a loro dico, a questo punto, contateci voi”. “A quelli del governo dico: se hanno un briciolo di intelligenza ascoltino questa piazza e aprano il confronto. Noi siamo il cambiamento”. (leggi – ascolta).
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