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in “La Stampa” del 27 gennaio 2025

La storica Anna Foa: "La Shoah e il 7 ottobre: è un paragone sbagliato"
La giornata della memoria cade anche quest'anno, come già nel 2024, nel bel mezzo di una guerra sanguinosa tra Israele e Hamas, tra Israele e i palestinesi. La tregua assai fragile raggiunta a Gaza ha dato vita ad un'altra operazione israeliana, questa volta in Cisgiordania, denominata non a caso "Muro di ferro", il titolo di un famoso scritto del 1923 di Ze'ev Jabotinsky, il teorico del sionismo "revisionista", il padre dell'attuale destra (anche se il suo movimento era privo di quell'estremismo religioso messianico e del razzismo che caratterizza oggi l'estrema destra al governo in Israele). Secondo molti commentatori, la strada verso l'annessione della Cisgiordania è aperta, con tutte le conseguenze che possiamo immaginarci nel rapporto con i palestinesi che la abitano ma anche nel rapporto con tutto il mondo arabo. L'antisemitismo, già molto cresciuto nell'ultimo anno, non potrà che aumentare tanto in Europa che nel resto del mondo. In Italia, ne abbiamo un esempio tristissimo nelle accuse indegne rivolte nei social alla senatrice Liliana Segre.

Questo è il contesto in cui celebriamo la giornata della memoria, ricordiamo cioè la Shoah, l'annientamento della maggior parte del mondo ebraico europeo, nel giorno del 1945 in cui l'armata Rossa ha raggiunto Auschwitz, il campo divenuto simbolo della Shoah, liberandone i pochi superstiti. In che modo possiamo celebrare questa giornata senza dimenticare l'orrore di oggi, le decine di migliaia di civili uccisi a Gaza, la distruzione della Striscia, delle sue case, delle sue scuole, dei suoi ospedali ad opera di un governo, quello israeliano, che si proclama erede degli ebrei assassinati nella Shoah? E come possiamo raccontare le leggi razziste contro gli ebrei, la volontà nazista di distruggere quella che definiva la "razza ebraica", senza condannare il razzismo espresso quotidianamente, in termini non tanto dissimili, dalla destra ebraica più estremista nei confronti dei palestinesi? Come non ricordare le dichiarazioni dei coloni israeliani sulla necessità di uccidere anche i bambini palestinesi perché saranno i futuri terroristi mentre ricordiamo quelle naziste sullo sterminio dei bambini ebrei, a queste tanto simili? Queste cose succedono ora, e non molto lontano da noi. Come non volerle fermare?

Non vorrei essere fraintesa. Non credo che sia né giusto né utile confrontare Gaza o quanto succede in Cisgiordania con la Shoah, come non lo è il paragonare l'orrenda macelleria compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023 con la Shoah, come subito proclamato da Netanyahu, paragone che è servito solo a giustificare la guerra del governo israeliano. Ma molti sono gli elementi che accomunano i massacri dei civili fra loro, massacri che l'elaborazione giuridica successiva alla Shoah ha cercato di arginare definendoli come crimini e creando tribunali volti a combatterli. Un processo, quello della creazione di un diritto internazionale, ora tradito e messo direttamente sotto accusa, in primis proprio da Israele. Un processo che ha affiancato, è stato parte, di quello della costruzione della memoria della Shoah, della volontà del suo superamento.

Che fare allora? Rinunciare a celebrare la memoria? Dire che non dobbiamo pensare ai morti di ieri perché ci premono quelli di oggi, siano essi i palestinesi massacrati da Israele o gli ebrei assassinati da Hamas? Credo invece che ancor più dobbiamo oggi dar vita e forza a questa memoria, perché è cresciuto, non diminuito, il bisogno che ne abbiamo. La giornata della memoria, infatti, non è nata per onorare i sei milioni di ebrei assassinati nella Shoah, o almeno non solo per questo, e soprattutto non è stata rivolta agli ebrei, ma a tutti. Non a caso è diventata l'unica ricorrenza civile comune a tutti i paesi dell'Unione Europea. Assumerla ha voluto dire, per l'Europa, che fin dal suo nascere essa rifiutava ogni razzismo, ogni genere di antisemitismo, ogni rifiuto delle diversità. Si dava dei principi che rendessero impossibile che ciò che era accaduto succedesse di nuovo, non ai soli ebrei ma a chiunque. La memoria della Shoah è così diventata uno dei fondamenti etici e politici della nostra Europa, un'Europa anch'essa ora sempre più a rischio di scomparire o di perdere la sua anima. Tanto più in queste circostanze, mentre cresce l'antisemitismo sull'onda del conflitto israelo-palestinese ma mentre crescono anche ovunque razzismi, rifiuto della diversità, oppressione dei più deboli, dei poveri, degli inermi, tanto più per questo abbiamo bisogno della giornata della memoria. Per ricordare come questi processi iniziano, dove possono sfociare, come possono essere almeno arginati.

Naturalmente, proprio questa necessità richiede la massima cura, la più grande attenzione. Non possiamo limitarci a celebrazioni retoriche e vuote, dobbiamo riallacciarci a questo terribile passato per meglio capire il nostro terribile presente. Dobbiamo rivolgere domande precise, non generiche, a questa memoria. Interpretare la sua stessa storia, le contraddizioni fra l'oblio e il ricordo, le sue molteplici facce nel tempo: da una parte, per molti ebrei, un luogo dove rinchiudere la propria identità, proteggerla, salvaguardarla considerandola unica e quindi tale da offrire al mondo ebraico un posto privilegiato fra le innumerevoli vittime del secolo dei genocidi; dall'altra, invece, considerarla un filtro per evitare altri genocidi, altro razzismo, altre violenze contro gli inermi, per battersi contro ciò che l'ha generata in passato e può generare altri fenomeni simili in futuro. E fra i fenomeni simili non si può non riconoscere anche la guerra di Gaza, non solo il 7 ottobre. E fra le strade che portano al razzismo anche quella intrapresa dal governo di Israele. E queste cose dobbiamo dirle, spiegarle, segnarle nella mente di chi ci ascolta se non vogliamo veder divampare proprio dalle nostre parole il fenomeno che ci illudiamo di combattere, l'antisemitismo.

Perché nessuno deve illudersi. Quanto è successo dopo il 7 ottobre ha cancellato per sempre quel posto privilegiato fra le vittime che Israele, facendo sue le vittime della Shoah, si era riservato. Gli orrori della guerra di Gaza lo hanno per sempre annullato. Ora, deve necessariamente aprirsi ad altre vittime, far loro posto accanto alle sue, rinunciare alla sua unicità. E qui, lontani ma non troppo dalla guerra, dovremo fare di questa memoria uno strumento per combattere l'uccisione dei civili, il massacro dei più deboli, il razzismo. Anche se sono compiuti dagli israeliani. Se non vogliamo che questa memoria rischi di scomparire insieme con la giornata che la celebra.