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Isolata in Europa sulla guerra in Ucraina, silenziosa sui dazi americani che sono un guaio per l’Unione e un guaio doppio per l’Italia. Panico tra i produttori nazionali, ma Meloni scommette ancora su un rapporto speciale con Trump. Che però è smentito dai fatti

Il nemico americano L’attacco a Cina ed Europa colpisce anche i produttori locali attraverso la componentistica e le delocalizzazioni in Messico. La Casa bianca minaccia di tassare su «grande scala» l’Ue se farà asse con il Canada «contro la nostra economia»

I dazi Usa affossano l’auto su entrambi i lati dell’Atlantico Stoccarda, container nel porto – Ap

La sola certezza è che cresce l’incertezza economica in tutto il mondo, con il rischio di conseguenze gravi per l’occupazione e il benessere delle società. L’ultimo attacco al multilateralismo da parte di Donald Trump è l’annuncio di una sovrattassa alle frontiere del 25% per “tutte” le importazioni di auto, veicoli, camion non fabbricati negli Usa «in vigore dal 2 aprile, cominciamo a incassare il 3» poi, nel giro al massimo di un mese, i dazi verranno imposti anche a tutta la componentistica auto. Un 25% che si aggiunge ai dazi già esistenti, per l’export Ue si va al 27,5%, mentre «se costruite la vostra auto negli Usa, non ci sono dazi». E il 2 aprile è anche «il giorno della liberazione» per Trump, con la messa in atto dei «dazi reciproci» per tutti, l’occhio per occhio del commercio internazionale, tariffe doganali eguali a quelle imposte dagli altri, per tassare «i paesi che ci rubano posti di lavoro, le nostre ricchezze», che «ci hanno rubato molto, amici come nemici, e francamente sovente gli amici sono peggio dei nemici» (la Ue nata «per fregare» gli Usa).

I TITOLI delle case automobilistiche – straniere ma anche statunitensi – hanno sofferto ieri in borsa. Queste minacce di dazi «fanno pesare un’incertezza importante sulle previsioni di crescita», afferma il ministro francese dell’Economia, Eric Lombard. Persino il presidente della Fed, Jerome Powell, ha sottolineato un clima di incertezza «estremamente alto». Il colpo è pesante: gli Usa importano la metà delle auto vendute, per un valore nel 2024 di 214 miliardi. La mossa rischia un effetto inflazionistico, gravando sui prezzi, gli Usa aspettano 100 miliardi di entrate per i dazi. L’attacco, che mira alla Cina (125% di dazi), torna a colpire il Messico, da cui proviene il 16,2% delle auto vendute negli Usa, perché molti costruttori hanno delocalizzato per approfittare del costo del lavoro più basso.

I COSTRUTTORI USA, che hanno espresso subito preoccupazione, hanno ottenuto che i dazi vengano imposti solo sul prodotto finito e limitatamente alla parte non made in Usa, evitando una tassazione a ogni movimento delle componenti. Persino Elon Musk giudica un effetto «non trascurabile» sui costi per

la Tesla (ma è penalizzato meno dei concorrenti). Corea del Sud e Giappone contano rispettivamente per l’8,6% e l’8,2% sul mercato Usa. Il Giappone ha reagito annunciando ritorsioni con «misure appropriate, valutiamo tutte le opzioni». La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha reagito mercoledì notte, all’annuncio di Trump: «Siamo profondamente dispiaciuti dalla decisione Usa» e ha ricordato una volta di più che «i dazi sono tasse nefaste per le imprese e ancora di più per i consumatori, sia negli Usa che nell’Ue». Ma ha aggiunto: «L’Ue continuerà a cercare soluzioni negoziate, preservando i propri interessi economici».

EMMANUEL MACRON spera che Trump «annulli la decisione sui dazi», un «paradosso dove i principali alleati Usa sono i più tassati». La Ue, che in un primo tempo aveva annunciato ritorsioni in due tempi ad aprile, dopo la decisione di alzare dal 12 marzo i dazi su alluminio e acciaio al 25%, ha rimandato la decisione a metà mese: la ripresa della lunga lista di prodotti Usa da colpire, già redatta come reazione ai dazi della prima amministrazione Trump, sta suscitando tensioni in particolare sul bourbon, che ha suscitato la minaccia di Trump di imporre diritti doganali al 200% per vino e alcolici europei, gettando nel panico soprattutto francesi e italiani. La Ue nel 2024 ha esportato 750mila auto negli Usa, per 38,5 miliardi.

LA GERMANIA è il paese più colpito, esporta per il 2,7% sul mercato Usa, che è il suo principale cliente: un export di 24 miliardi. Segue la Slovacchia (dove hanno delocalizzato costruttori tedeschi) con 6 miliardi, poi Italia e Svezia con 4 miliardi ognuna, per la Francia sono solo 600 milioni. I costruttori tedeschi parlano di «segnale fatale» per la loro industria, Berlino chiede alla Ue una «risposta decisa». La Ue cerca una reazione coordinata con il Canada, che esporta per il 7,2% del mercato auto Usa. Trump minaccia «dazi su grande scala» se la Ue «lavora con il Canada a nuocere all’economia Usa». L’arma fatale della Ue sarebbe colpire i servizi, dove gli Usa sono in attivo di 109 miliardi (al contrario del passivo sui beni, 157 miliardi), ma Bruxelles esita persino a far rispettare le regole del Digital Services Act e multare i trasgressori Usa (Musk in testa).