Su Facebook il meteorologo romagnolo, professionista AMPRO, Pier Luigi Randi, ha dato una spiegazione scientifica del fenomeno che sta investendo in modo drammatico la Romagna.
“… siamo in presenza di un sistema mare-atmosfera “dopato”. Il doping è in quel grafico che evidenzia, nel cerchio rosso, le mostruose anomalie di temperatura superficiale dell’acqua dell’alto Adriatico nel periodo luglio-settembre (fino alla prima decade) 2024. Se ricordate in più di una circostanza si è arrivati a 30°C. Quel calore accumulato in eccesso viene rilasciato, “consumato” e dissipato molto lentamente (l’acqua è pigra) e viene messo “a disposizione” per la parte più bassa dell’atmosfera. Cosa comporta? Stringendo proprio all’osso per non comporre un poema e per facilitare la comprensione:
1) Fornisce una maggiore quantità di vapore acqueo all’atmosfera;
2) Aumenta l’instabilità e il sollevamento atmosferico (più l’aria è calda e umida e più rapidamente si solleva, oltre a contenere più vapore; insomma è più instabile);
3) Rilascia più energia sotto forma di calore latente, rafforzando i sistemi perturbati e/o precipitanti;
4) Favorisce la formazione di rovesci e temporali più intensi sotto il profilo dei ratei di precipitazione.
Ecco che quando arriva un sistema perturbato, nemmeno così intenso come in questi giorni, il “doping” agisce. Peraltro, lo stesso effetto è in buona parte all’origine della catastrofe sui paesi danubiani (nel centro est Europa nei giorni scorsi, ndr): prima una profonda depressione si forma sul Mare Mediterraneo come risposta a un’intensa irruzione fredda dal Mare del Nord e si carica di energia sopra un mare bollente; poi essa si muove verso nord-est in zone dove fino a 24 ore prima c’erano 7/8°C in più della norma con temperature da piena estate, e in più, con la sua circolazione, va a richiamare altra aria calda e umida proveniente da un Mar Nero anch’esso rovente. Ed ecco servito il disastro, amplificato da questo squilibrio. Quindi il “che bello, oggi al mare l’acqua era caldissima e si stava da re” prima o poi presenta il conto.”
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Ursula von der Leyen disegna la nuova Commissione europea a sua immagine. Rigida in economia, in frenata sul Green deal e dura sull’immigrazione. L’ideale per allargare ai conservatori, con l’Italia a fare da battistrada. E cresce il peso dei paesi dell’Est
Fianco destro Oscilla tra europeismo e sovranismo la Commissione presentata da Ursula von der Leyen. Rigidità sui conti e niente sociale
Ursula von der Leyen presenta la nuova Commissione europea – foto di Mathieu Cugnot
Una Commissione molto più a destra di quella precedente, situazione che dipende dai colori dei governi dei 27, a cui si è adeguata con grande agio la presidente Ursula von der Leyen, che oggettivamente aumenta il suo potere personale di esponente del Ppe, anche grazie alla debolezza dei due grandi in Consiglio, la Francia in piena crisi politica e la Germania con il governo Scholz incalzato dalle destre.
È una Commissione liquida, con attribuzioni fluide e spezzettate, che si incrociano, dove a qualche apertura si affianca immediatamente la chiusura, all’europeismo il sovranismo. Il compito della nuova Commissione sarà di rispondere all’angoscia del rischio della «lenta agonia» indicato dal rapporto Draghi: la scelta di bilanciare le appartenenze politiche, mettendo sempre un guardiano pro business per temperare eventuali velleità sociali, segnala la volontà di sacrificare sull’altare della riconquista della competitività regole e protezioni.
L’esempio più chiaro è la transizione climatica: il clima è bilanciato tra la socialista spagnola Teresa Ribera alla Transizione, grande lottatrice che è stata anche negoziatrice Onu sull’ecologia, e l’olandese Wopke Hoekstra al Clima, un rigido ex ministro delle Finanze “frugale”. Per l’Energia c’è il danese socialdemocratico Dan Jørgensen e all’Economia circolare la svedese (partito dei moderati) Jessika Roswall, una seconda scelta per Stoccolma. Le cariche dedite alla spesa sono sotto controllo del polacco Piotr Serafin, esponente del più grosso paese a guida Ppe, molto apprezzato dai “frugali”, che avrà un rapporto diretto con Ursula von der Leyen per tenere stretti i cordoni della borsa.
L’EST è in netta crescita di importanza e la prima certezza, con lo spostamento del potere dalla «vecchia Europa», è la conferma dell’appoggio all’Ucraina: accanto a Kaja Kallas (Estonia, ex prima ministra e candidata sfortunata alla segreteria Nato), che alla Politica estera sostituisce Josep Borrell – e si esporrà anche molto meno a favore dei palestinesi – c’è un
Leggi tutto: A sua immagine, un’Unione più nera e pro business - di Anna Maria Merlo
Commenta (0 Commenti)Il premier inglese Starmer da Meloni per sigillare l’intesa sulle politiche migratorie: «Grande attenzione per il protocollo Roma-Tirana». Il modello italiano fa scuola: sulla deportazione di chi cerca asilo, laburisti e destra vanno a braccetto
Il Labour sporco La premier italiana esulta per l'interesse del governo britannico sul protocollo Roma-Tirana. Rispetto al via libera per i missili a lunga gittata dall’Ucraina alla Russia, invece, resta il disaccordo
Il premier britannico Starmer e la presidente del consiglio italiana Meloni – Ansa
«Secondo me il deterrente più probabile per contrastare l’immigrazione irregolare è colpire le organizzazioni criminali che permettono questa attività. Il precedente governo britannico aveva un approccio di facciata costato 700 milioni di sterline, con il piano Ruanda. Il nostro è più pragmatico: abbiamo già rimpatriato 3mila persone, compreso il volo più grande mai decollato». Bastano queste frasi pronunciate ieri dal premier Uk Keir Starmer alla fine della conferenza stampa con l’omologa italiana Giorgia Meloni per capire che tra i due non c’è solo un feeling occasionale, ma un’intesa profonda. Almeno sulle politiche migratorie, perché sull’altro grande tema del bilaterale, l’Ucraina, le differenze restano.
STARMER E MELONI, ovvero il Labour e Fratelli d’Italia, quindi un certo centro-sinistra e la destra-destra, condividono la stessa interpretazione delle migrazioni: un fenomeno che dipende sostanzialmente dalle organizzazioni criminali. Infatti lei cita Falcone e Borsellino e il loro «follow the money», lui l’esperienza da direttore dell’ufficio del procuratore generale Uk impegnato nella lotta alle organizzazioni jihadiste. Mafia e terrorismo: a questo pensano i due leader quando discutono di migranti.
Da premesse uguali derivano uguali soluzioni: intensificare la lotta ai trafficanti; aumentare la collaborazione giudiziaria, di polizia e intelligence; usare più e meglio Interpol ed Europol creando, propone la leader FdI, sezioni specifiche per il controllo delle frontiere. A dare l’impressione che le ricette italiane funzionino c’è il calo degli sbarchi: -60% sul 2023. Tra Starmer e Meloni aleggia poi il fantasma dell’Albania. Quando al primo, criticato in patria da altri esponenti labour e alcune Ong, viene chiesto se sta ragionando sulla delocalizzazione dei richiedenti asilo, la risposta è elusiva. Dunque è un Sì. Anche perché Meloni è esplicita: «Sul protocollo Roma-Tirana il governo britannico dimostra grande attenzione».
PER LA PREMIER è decisivo incassare questo sostegno. Le recenti pronunce dei tribunali di Palermo e Catania sulle norme per il trattenimento dei richiedenti asilo sono
Commenta (0 Commenti)Al processo Open Arms la Procura chiede 6 anni per Salvini: «Sequestrò i migranti». Meloni alza i toni in difesa del ministro, ma soprattutto dei «confini della nazione», e attacca i magistrati: «Precedente gravissimo». Tajani si accoda. Il leader della Lega in un video: «Rifarei tutto»
Uomo a mare. Sette ore di requisitoria: «Doveva concedere subito il porto sicuro». Il ministro, assente in aula, fa la vittima con un video sui social. La palla passa alla difesa, la sentenza potrebbe arrivare alla fine dell’anno
A bordo della nave Open Arms, agosto 2019 - foto Open arms
È stato Matteo Salvini a imporre i decreti che impedivano alle navi delle ong di entrare nelle acque territoriali. È stato Matteo Salvini a ritardare e negare il porto sicuro alla Open Arms che aveva a bordo 147 migranti. È stato Matteo Salvini a tenere la regia del tavolo tecnico ed era a lui che arrivavano «in modo costante e quotidiano» gli aggiornamenti sulla nave spagnola per venti giorni tenuta in mare. È stato Matteo Salvini a imporre di procedere prima con la redistribuzione e poi al rilascio del pos (il porto sicuro).
PER I PM del processo Open Arms, il vicepremier è l’unico responsabile, lo dimostrano i documenti acquisiti al dibattimento e le testimonianze. E non è vero, come sostiene la difesa, che ogni decisione era concordata da Salvini con gli altri ministri competenti del governo Conte, persino l’allora premier, sentito al processo, era tenuto all’oscuro di alcune scelte. Salvini, è la tesi dell’accusa, ha fatto tutto per interesse, il suo scopo sarebbe stato di intercettare più consenso sfruttando la lotta all’immigrazione clandestina. «Non c’era ragione» per agire in quel modo ha incalzato la pubblica accusa. Ecco perché per i pm Salvini va condannato. L’aggiunto Marzia Sabella e i sostituti Geri Ferrara e Giorgia Righi hanno chiesto 6 anni di carcere per il leader della Lega, contestandogli il sequestro di persona e il rifiuto di atti d’ufficio.
Per questi reati il codice non prevede pene alternative al carcere. In sette ore di requisitoria l’accusa ha cercato di smontare alcuni punti interrogativi, come quelli legati al sommergibile Venuti della marina militare, la cui informativa trasmessa all’epoca al Viminale viene ritenuti ininfluente ai fini del processo. Ferrara ha ricostruito il quadro normativo nazionale e sovranazionale, sostenendo che l’allora ministro degli Interni nel governo Conte ha violato convenzioni, regolamenti europei e sentenze della corte costituzionale; Righi invece ha ripercorso tappa dopo tappa l’intera vicenda, ricordando alcune testimonianze, tra cui quella dell’ex premier Conte e delle lettere inviate a Salvini per contestargli fughe di notizie e decisioni non condivise col governo.
«ALLA OPEN ARMS il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo», e quel «diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione». Quindi un pensiero ai migranti, «i grandi assenti in questo processo:
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Il limite ignoto. Al Consiglio di sicurezza Onu l’ambasciatore russo ribadisce la minaccia di Putin: «Conflitto con la Nato»
Il messaggio di Vladimir Putin «è molto importante», e «ha senz’altro raggiunto i suoi destinatari», ha detto giovedì il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov a proposito dell’ultimatum del presidente russo sui missili a lungo raggio. Se all’Ucraina verranno rimosse le restrizioni territoriali, e potrà impiegare gli agognati Storm Shadow inglesi per colpire sul suolo russo, «cambierebbe la natura stessa del conflitto», aveva affermato Putin, e i paesi Nato «si ritroverebbero in guerra con la Russia». Per maggiore chiarezza, il concetto è stato ribadito ieri anche dall’ambasciatore di Mosca all’Onu, Vassily Nebenzia, al Consiglio di sicurezza: «La Nato sarebbe direttamente coinvolta nelle ostilità contro una potenza nucleare, credo che non dobbiate dimenticarvi di questo, e pensare alle conseguenze». L’intervento al Consiglio di sicurezza avviene nello stesso giorno dell’incontro – a Washington – fra il presidente Usa Joe Biden e il primo ministro inglese Keir Starmer, che dovrebbe essere incentrato proprio sull’eventualità di autorizzare l’invio e l’uso dei missili Storm Shadow.
SECONDO una ricostruzione del New York Times, Biden sarebbe «sul punto» di approvare l’uso di missili a lungo raggio – la visita di Starmer è proprio mirata a chiedere formale approvazione da parte dell’alleato americano – a patto che (per il momento) non vengano impiegati quelli Usa, gli Atacms. A dissuadere Biden dall’autorizzare l’uso dei missili del proprio esercito avrebbero influito i report dell’intelligence per cui la Russia reagirebbe aiutando l’Iran ad attaccare le forze armate statunitensi in Medio oriente.
A RIBADIRE la sua assoluta contrarietà all’invio e l’uso di missili a lungo raggio è stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, interpellato da Afp proprio in vista dell’incontro Biden/Starmer nel pomeriggio di Washington (troppo tardi per noi): «La Germania ha preso una decisione chiara su ciò che farà e ciò che non farà. Questa decisione non cambierà». Di parere opposto il premier canadese Justin Trudeau: il Canada sostiene e approva l’uso da parte di Kiev di queste armi per «prevenire e impossibilitare la continuata capacità russa di arrecare danno alle infrastrutture civili ucraine». Del suo stesso avviso, naturalmente, anche Volodymyr Zelensky, che su X ha ringraziato gli Stati uniti per il loro «sostegno militare ed economico». «Tuttavia – ha aggiunto – ci serve il permesso per usare le armi a lungo raggio, e spero che verrà presa una decisione rilevante».
In Cina un forum a cui partecipano russi e ucraini
In attesa dell’incontro che potrebbe cambiare la direzione della guerra, ieri è continuata la battaglia diplomatica fra Mosca e il Regno unito per i sei diplomatici britannici espulsi
Leggi tutto: Starmer al cospetto di Biden per l’ok sugli Storm Shadow - di Ester Nemo
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Il mondo libero. La 28enne curdo-iraniana prigioniera da 9 mesi in Calabria: «È estremamente depressa». Dubbi sui testimoni e sui traduttori. All’udienza di mercoledì saranno ascoltati i poliziotti, la sentenza è attesa per il 5 novembre
Maysoon Majidi durante l’udienza a Crotone del 24 luglio scorso. Foto di Silvia di Meo
«Maysoon Majidi ha ricominciato lo sciopero della fame». A dirlo è il suo avvocato, Giancarlo Liberati, che ieri mattina l’ha sentita per telefono dopo averla incontrata nella mattinata di mercoledì. La regista e attivista curdo-iraniana, detenuta in Calabria, prima a Castrovillari e ora a Reggio, da oltre nove mesi per l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aveva già scelto di smettere di nutrirsi lo scorso maggio, arrivando a pesare appena 38 chili. «È estremamente depressa, nel corso del nostro incontro ha pianto ripetutamente», racconta il consigliere regionale Ferdinando Laghi, che giovedì è andata a farle visita in carcere. C’è anche tanta solidarietà per lei, però. «Maysoon ha collezionato ben due pacchi di lettere e cartoline che certamente l’hanno rincuorata – dice ancora Laghi -. Continuiamo a starle vicino e a sostenere la sua causa».
L’ATTESA è tutta per la prossima udienza, fissata per mercoledì a Crotone. La procura sostiene che Majidi, 28 anni, fosse «l’aiutante del capitano» dell’imbarcazione che il 31 dicembre dell’anno scorso è arrivata sulle coste calabresi con 77 persone a bordo, ma le prove risultano poche e contraddittorie: due testimoni l’hanno riconosciuta, ma ormai sono irreperibili (almeno per il tribunale) e la loro versione dei fatti non è stata videoregistrata, dunque la difesa non ha la possibilità di effettuare una perizia sulla traduzione delle loro parole. Non solo: a maggio, la trasmissione televisiva Le Iene era riuscita a raggiungerli in Germania e, intervistati, i due hanno detto di non aver mai riconosciuto Majidi come scafista perché la barca era guidata «da un uomo turco».
Zerocalcare: «Solidali con i curdi, ma solo a volte»
Gli investigatori hanno anche un video preso dal cellulare della donna in cui lei rassicura il padre sulle sue condizioni e ringrazia il capitano della nave. E però la
Leggi tutto: Il processo arranca e Majidi ricomincia lo sciopero della fame - di Mario Di Vito
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