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È di questi giorni la notizia che il governo ha deciso di tagliare alla sanità 1,5 miliardi di euro rispetto a quanto stabilito ad agosto nel Patto per la salute, che prevedeva un incremento degli stanziamenti per questa voce di bilancio di circa due miliardi. Quindi ad una riduzione dei fondi stanziati dal governo centrale si sommerà l’annunciato taglio del bilancio delle regioni (all’incirca quattro miliardi). Come ai molti è noto, la voce più corposa del bilancio regionale è dedicata proprio al capitolo sanità.
Il tutto dovrebbe avvenire senza toccare i servizi erogati, cosa che ad una povera addetta ai lavori come me suona strano o quanto meno utopistico. In realtà questi tagli continueranno a gravare sui disservizi già presenti sul servizio sanitario e peggioreranno la performance di un apparato che già ora sente la stanchezza dei tagli lineari attuati in passato.

Mi limito a parlare della realtà regionale che conosco approfonditamente. Non sarà possibile garantire una riduzione o quantomeno un contenimento delle liste di attesa, già attualmente gestite in modo scellerato con l’acquisto di pacchetti di prestazioni da fornitori privati, quando i tempi di attesa eccedono quanto concordato nei LEA (Livelli essenziali di assistenza). Questo tipo di approccio trasferisce denari pubblici nel privato, tampona il problema in modo temporaneo e non strutturale e impoverisce di competenze il SSR, laddove non prevede di aumentare l’offerta professionale all’interno delle strutture pubbliche. Inoltre non è difficile immaginare che, in assenza di offerta pubblica, possa aumentare il costo dell’offerta privata.
Per quanto concerne il taglio lineare dei posti letto pianificato già dal governo Monti, non

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Sulla situazione sindacale e lo sciopero generale del 12 dicembre, abbiamo posto alcune domande a Ivan Foschini, delegato della Rappresentanza Sindacale Unitaria della CISA di Faenza.

Tra le caratteristiche del Governo Renzi c'è quella di non voler confrontarsi coi sindacati, è nota la sua espressione: "Avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione". Eppure in alcune grandi vertenze sindacali come l'Elettrolux, l'AST di Terni, la Lucchini di Piombino, l'Ilva di Taranto, ha dovuto cambiare idea. Credete che la mobilitazione sindacale possa cambiare le politiche del Governo?

Sì, ne siamo convinti, e nonostante l'approccio semplicistico, autoritario e propagandistico che ha instaurato con i sindacati, Renzi probabilmente ha contribuito a "riunificare" una parte della classe lavoratrice che grazie alle lotte e alle trattative ha determinato almeno parziali soluzioni nelle grandi vertenze citate. Il solo comune denominatore di tutte queste vertenze sta proprio nelle iniziative e mobilitazioni dei lavoratori che con sacrificio, ma grande determinazione, hanno cambiato il “destino”, fatto di licenziamenti e chiusure, dei loro stabilimenti. Quindi si può dire che lotta paga ancora, eccome!

Qual'è il vostro giudizio, e quello dei lavoratori che rappresentate, sui provvedimenti del Governo sul lavoro, come il decreto Poletti sui contratti a termine e il Jobs act?

Estendere la possibilità di attivare contratti a termine senza alcuna causale aumenterà ancor più la precarietà. Sul Jobs Act non possiamo che dare un giudizio fortemente negativo: non serve aspettare i decreti attuativi per dire subito che Renzi, accogliendo gran parte delle richieste di Confindustria,

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Non solo i sindacati, lo Statuto dei diritti, l’art. 18. L’offensiva di Renzi contro i lavoratori tira in ballo anche i patronati. Vale a dire gli uffici delle organizzazioni di categoria - i sindacati dei lavoratori dipendenti, degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori - incaricati di fornire gratuitamente assistenza e aiuto a tutti. E’ stata la stessa Corte costituzionale a riconoscere che “le tutele assicurate in modo universale dai patronati corrispondono a un interesse pubblico direttamente riconducibile all’articolo 3 della Costituzione”.
Con una presenza diffusa su tutto il territorio, essi integrano e supportano le funzioni affidate agli uffici pubblici e agli enti previdenziali e assistenziali: Comune, Servizi sociali, Prefettura, Questura, Inps, Inail, ecc. In campo nazionale ogni anno i patronati svolgono attorno

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Cgil e Uil hanno proclamato per il 12 dicembre uno sciopero generale nazionale contro le scelte del governo e per sostenere le proposte sindacali in merito alla riforma della Pubblica Amministrazione, Jobs Act, Legge di Stabilità e Politica economica (manifesto volantone con gli obiettivi dello sciopero)
Ogni giorno che passa è sempre più evidente che la cessione dei diritti dei lavoratori non ha alcuna vera possibilità di favorire la crescita economica e tanto meno la creazione di posti di lavoro. Dopo l'approvazione forzata della legge delega Jobs Act (scheda) infatti, la Merkel e la commissione europea aumentano la loro indebita pressione sul Governo italiano per ottenere ulteriori cedimenti nei decreti attuativi. La timida manovra economica contenuta nella Legge di stabilità, solo a chiacchiere espansiva, da un lato di fatto non supera gli esami dei rigoristi europei - rimandati a marzo - dall'altra colpisce i lavoratori senza per nulla avviare un percorso di crescita. Non c'è altra via d'uscita; se il governo non è disposto ad abbandonare le ricette neoliberiste non c'è nessuna possibilità di miglirare la situazione economica e lavorativa degli italiani.
Ogni politica di tagli crea disoccupazione e riduce i consumi: una spirale perversa che finisce per aggravare i conti pubblici. Oramai lo sostengono quasi tutti gli economisti, ma il presidente del Consiglio dopo aver sbandierato il semestre italiano di presidenza europea come una svolta nelle politiche dello sviluppo è rapidamente tornato a fare lo scolaretto come

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A partire dal titolo, il documento, inneggia all'efficienza energetica e alle fonti rinnovabili, ma nel testo si plaude al decreto “Sblocca Italia” e a nuove trivellazioni in Adriatico.

Una contraddizione non rilevata praticamente da nessuno, né nel mondo politico, né in quello ambientalista, tranne una precisa presa di posizione degli Ecologisti Democratici di Ravenna.
A parziale discolpa di tutti, va ricordato che il documento, sottoscritto dai Legali Rappresentanti di Provincia, C.C.I.A.A., Comune di Ravenna, Confindustria, Cofimi Impresa, CNA, Confartigianato, Legacoop, Confcooperative, AGCI, Cgil, Cisl Uil, pare non sia stato discusso in nessuna sede,

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In una grigia giornata di novembre non c’era da andare al mare, la nebbiolina scoraggiava dall’uscire di casa, eppure i centri commerciali, inopinatamente aperti di domenica, rigurgitavano di gente stanca di guardare la tv.
Diecimilaottocentoquarantanove (10.849) faentini adulti hanno ritenuto che non valesse la pena di fare un passaggio nelle scuole dove erano aperti, dalle 7 alle 23, i seggi elettorali. Piuttosto difficile credere che avessero di meglio da fare.

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