L'EX GIUDICE DEL POOL DI FALCONE E BORSELLINO. «Ci hanno raccontato per anni che Messina Denaro aveva chissà quali protezioni planetarie, e poi ieri non c’era neanche un guardaspalle per controllare che la clinica non fosse presidiata»
Militari del Ros dei carabinieri ieri a Palermo - Ansa
«Abbiamo dunque un boss che si mette in fila aspettando il suo turno per le cure come un malato qualsiasi; un boss che quando si accorge che qualcosa non va deve cercarsi da solo l’uscita secondaria e che quindi può essere fermato senza che attorno a lui ci siano guardaspalle armati e senza che scatti una rete logistica di protezione; un boss che arriva in clinica senza che nessuno sia andato prima di lui a controllare la situazione, perché altrimenti, com’è successo ieri mattina a molte persone che lo hanno raccontato poi alla televisione, avrebbe visto i carabinieri schierati in anticipo ad aspettarlo».
Giuseppe Di Lello comincia le sue riflessioni su quello che è accaduto ieri a Palermo ripercorrendo le fasi dell’arresto con lo sguardo esperto del cacciatore di mafiosi. Lo ha fatto per anni nel pool antimafia di Antonino Caponnetto con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma Di Lello è attento a mettere in guardia dalla costruzione di miti. Quello che è accaduto ieri, spiega, non può essere raccontato come l’improvvisa caduta di un re.
Il film della mattina di ieri in via San Lorenzo, a metà strada tra il centro di Palermo e il punto dell’autostrada dove Cosa nostra inaugurò la stagione stragista uccidendo Falcone e la sua scorta, nel trentennale dell’arresto di Totò Riina a opera dello stesso Ros dei Carabinieri che poi per la mancata perquisizione del covo è finito sotto inchiesta, dice Di Lello, «potrebbe essere in astratto compatibile con lo scenario della resa, della consegna allo stato di cui aveva parlato, prevedendola, solo qualche settimana fa il collaboratore Salvatore Baiardo. Ma non c’è bisogno di credere a questa ipotesi estrema. Si può anche più facilmente, adesso, dichiarare sbagliate ed esagerate tutte quelle teorie su Matteo Messina Denaro latitante potentissimo e imprendibile perché assistito da protezioni indicibili, addirittura su scala planetaria».
Dunque non è caduto in trappola «l’ultimo capo di Cosa nostra», non è stata «tagliata la testa della piovra»?
I capi di Cosa nostra, come pure di altre mafie, sono tutti all’ergastolo. Messina Denaro è stato arrestato buon ultimo non perché fosse il capo dei capi ma perché era bravo a nascondersi. La testa della mafia è stata tagliata anni fa, la prova è che in Sicilia non ci sono più morti ammazzati dai mafiosi. Quella mafia lì è stata totalmente sconfitta. Questo arresto – importante, di cui mi rallegro – è il sigillo a una storia già chiusa. Bisognerebbe chiedersi non tanto chi è stato Messina Denaro, anche perché ci sono le sentenze a dirlo, ma chi era adesso.
Tu che risposta dai?
Non ho gli elementi sufficienti per una risposta completa. Però ricordo bene come qualche anno fa un suo parente si costituì perché non era più in grado di stare dietro alle continue richieste di denaro che il boss gli faceva dalla latitanza. Pare che Messina Denaro chiedesse con insistenza quattro, cinquemila euro pronta cassa. Strano che fosse ridotto così, a non riuscire ad arrivare a fine mese, uno al quale sono stati sequestrati beni e attività per diversi miliardi di euro. Probabilmente il nome di Messina Denaro veniva usato per coprire un giro di ricatti, intimidazioni e minacce più grande di lui.
Se non era l’ultimo capo, non sarà sostituito.
La mafia che è un’organizzazione territoriale quando ha avuto un vertice, quello stragista dei corleonesi, ha avuto bisogno di una cupola. Che, finiti in carcere i capi, non è stata più ricostituita. Le cronache di qualche tempo fa ci hanno riportato episodi anche patetici di alcuni vecchi boss che volevano sostituire Riina e Provenzano ma ovviamente non ci sono mai riusciti, ricordo che uno di questi aspiranti capi era ridotto alla bombola di ossigeno.
Quella mafia non c’è più, ma quella che ancora c’è com’è fatta?
Io penso che sia tutta da decifrare. È facile dire che la mafia si è inabissata, come tante volte in passato, che adesso bisogna cercarla nel mondo degli affari, nella corruzione, nei soldi sporchi. Sarà certamente così. Ma starei attento ad applicare troppo facilmente quell’etichetta, a dire che tutto è mafia. Fare confusione non serve.