L’introduzione nel codice penale del nuovo art. 434 bis che punisce le occupazioni abusive finalizzate ai raduni illegali, raccontato come “reato di rave party”, oltre a reprimere qualsiasi manifestazione di dissenso, contiene addirittura sanzioni più pesanti del Testo unico del 1931
Il primo atto del governo Meloni è quanto di più simbolico e certificativo di quel filo nero che lo lega ad un passato che non passa mai.
Viene introdotto nel codice penale il nuovo art. 434 bis che punisce le occupazioni abusive finalizzate ai raduni illegali: con una vera e propria truffa delle etichette raccontato in conferenza stampa dal trio Meloni, Piantedosi, Nordio come reato di rave-party.
Chi invade terreni o edifici, pubblici o privati, per svolgervi raduni ritenuti discrezionalmente dall’Autorità pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica, con un numero di persone superiore a cinquanta, sarà punito con la reclusione da 3 a 6 anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000.
Questo provvedimento è l’impronta di un governo di estrema destra, liberticida, nostalgico, reazionario e illiberale.
Sotto il regime fascista, il regio decreto del 1926 sulla pubblica sicurezza, già puniva le pubbliche riunioni non preavvisate alle autorità, ma solo con l’arresto non inferiore a 1 mese e con un’ammenda.
Venendo a tempi più recenti in cui, sotto la luce dei principi costituzionali in materia penale, il legislatore ha raggiunto una maggiore consapevolezza sull’uso (e sull’abuso) dello strumento penale, dal 14/01/2000 è stato depenalizzato l’art. 654 del codice penale, che puniva le manifestazioni sediziose con l’arresto fino a un anno.
Oggi, chi vuole organizzare una riunione in luogo pubblico, ai sensi dell’art. 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (il famoso Tulps del 1931, tuttora vigente) deve darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore.
I contravventori sono puniti con l’arresto fino a 6 mesi e con un’ammenda.
Il questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può già impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione.
I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell’Autorità sono puniti con l’arresto fino a un anno e con un’ammenda.
Inoltre, esiste già, nel codice penale, il reato di invasione di edifici (art. 633) che punisce con la reclusione da uno a tre anni chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati.
La pena è aumentata da 2 a 4 anni se, come avvenuto a Modena, il fatto è commesso da più di cinque persone.
È doveroso chiedersi, allora, visto che l’invasione di edifici e le riunioni non preavvisate alle autorità di pubblica sicurezza sono già sanzionate penalmente e in modo pesante (gli organizzatori del rave di Modena rischiano da 2 a 4 anni di reclusione avendo occupato, in numero certamente superiore a 5, senza titolo, una proprietà privata) perché il governo abbia sentito la necessità di introdurre un nuovo reato.
Ecco svelata la truffa delle etichette:
la verità è che non era affatto necessaria una nuova norma incriminatrice (di condotte che sono già vietate e pesantemente sanzionate dalla legge) ma il rave-party di Modena è stato solo il pretesto per una violenta manganellata al diritto di riunione e di libera manifestazione del pensiero.
La norma è indeterminata al punto che, finché la Corte Costituzionale non ne dichiarerà l’illegittimità, finirà per essere usata per reprimere ogni manifestazione organizzata del dissenso: dalle università alle piazze, dalle scuole alle fabbriche.
Si tratta di una norma che punisce, per esempio, il diritto di manifestare degli studenti nelle scuole (le cd. occupazioni) e il diritto dei lavoratori di scioperare e manifestare occupando le fabbriche. A ben vedere il governo, col trattamento sanzionatorio, va persino oltre il testo unico di epoca fascista.
Si può affermare che “il presidente” Meloni ha finalmente preso le distanze dal fascismo, ma superandolo a destra.
L’autore: Andrea Maestri è avvocato, ex deputato e membro Commissione Giustizia della Camera