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Lavoro Intervista a Nicola Fratoianni, deputato Avs e segretario di Sinistra italiana

«Contro precarietà e basse tutele, ridurre l’orario è riprendersi la vita» Nicola Fratoianni – Cecilia Fabiani/Lapresse

La proposta di legge sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario è in stand by a Montecitorio. La riunione del comitato dei nove della camera, che si sarebbe dovuta svolgere ieri pomeriggio per fare il punto sul testo delle opposizioni, è stata però rinviata a questa mattina. Dunque, la maggioranza continua ancora a prendere e perdere tempo. «Chiediamo di avviare una sperimentazione con l’obiettivo di ridurre l’orario di lavoro definito ‘normale’ nel nostro ordinamento – dice Nicola Fratoianni, segretario di Si e deputato di Avs e primo firmatario del provvedimento – È quello che si sta facendo in molte parti del mondo, in Europa ovunque. È un modello che ha dato risultati definiti dalle imprese e dai lavoratori positivi, che si organizzi nella settimana corta o in altre forme di rimodulazione dell’orario. In questo modo aumenta produttività e migliorano le condizioni di vita».

Funzionerebbe anche in Italia?
Collochiamo questa discussione in un paese nel quale si lavora più che altrove. Si calcola che in media in Italia si lavorino 1734 ore all’anno. Serve una riforma, una volta tanto sarebbe il caso nobilitare questa parola che invece negli anni si è accompagnata alle pessime notizie su precarietà, al peggioramento delle condizioni materiali e delle tutele per lavoratori e lavoratrici. È arrivato il momento di fare una riforma vera, che cambi in meglio la situazione.

Perché partire proprio dall’orario di lavoro?
È un nodo che chiama la politica alla sua responsabilità di occuparsi dei desideri e della felicità delle persone. Il tempo è diventato uno dei beni più preziosi. Il fenomeno delle grandi dimissioni verificatesi in tutto il mondo dopo il lockdown e la pandemia ci dice molto della necessità di garantire a lavoratori e lavoratrici uno spazio da dedicare alla cura, agli affetti, ai desideri. È un obiettivo rivoluzionario che parla a redistribuzione della ricchezza e riduzione delle disuguaglianze ma che porta con sé anche l’idea di una società nella quale non si debba vivere per lavorare ma lavorare per vivere. Siamo già in ritardo, la Spagna ad esempio ha abbassato per legge a 37,5 ore il monte massimo lavorativo.

La destra vorrebbe cestinare questa proposta, come ha fatto per il salario minimo…
La destra di governo è la destra dell’ipocrisia. Si erano annunciati come destra sociale, dovevano occuparsi del popolo. Ma questa destra si occupa delle élite e dei privilegi, dice no al salario minimo alla faccia delle milioni di persone che lavorano e vengono sottopagate. Adesso si preparano ad affossare questa proposta, senza tenere conto dei dati. Questa è la destra che umilia il lavoro aumentando la catena di appalti e subappalti, che incrementa la precarietà e che fa la guerra ai sindacati. Faremo questa battaglia in aula e nel paese.

L’occupazione è data in crescita mentre le stime sul Pil si riducono e la produzione scende. Che tipo di lavoro si sta diffondendo?
Siamo al ventiduesimo mese consecutivo di crollo della produzione industriale. E ci troviamo di fronte a un gigantesco spostamento della forza lavoro dall’industria ai settori a bassa qualificazione. Questo modello economico continua a svilire il lavoro e questo è il risultato, l’effetto delle scelte di questo governo muto sulla politica industriale e nemico di lavoratori e lavoratrici.

Ieri Giorgia Meloni ha attaccato duramente il sindacato.
L’attacco al sindacato è il più terribile dei riflessi di ordine di questa destra, che tira fuori tutte le sue matrici. È un attacco dettato dall’insofferenza, che è violento come il Ddl Sicurezza o gli attacchi al diritto di sciopero. L’idea che i sindacati debbano rinunciare alla loro funzione generale, e ad avere un’idea di società, è terribile. L’attacco a sindacato e alla Cgil in particolare è la cartina di tornasole della natura di questa destra.

È anche un colpo preventivo in vista della campagna referendaria che si sta aprendo?
Sì. E noi abbiamo la responsabilità di mettere in campo tutte le energie disponibili per invogliare la partecipazione e per tornare ad allargare la sfera dei diritti. Per noi di Avs saranno cinque sì convinti, dal lavoro alla cittadinanza. Perché si è cittadini per legge e perché si ha una dignità nel lavoro. La campagna referendaria è l’occasione per tenere assieme una prospettiva, puntiamo a vincere e a indicare un’alternativa alla destra.

Dopo giorni di latitanza, la presidente del consiglio ricompare con toni così aggressivi. È anche un tentativo di distrarre gli italiani dai problemi su migranti e Corte penale internazionale?
Meloni si nasconde quando persino per lei l’imbarazzo è troppo forte, come per il caso Elmasry o per quello gravissimo degli spyware. Poi riappare, additando l’ennesimo nemico e raccontando dei suoi record. Ma vediamo solo record negativi, come i 5.7 milioni di poveri o il livello, unico in Europa, di disoccupazione giovanile. Eccoli, i record che tenta di occultare. Così come cerca di occultare le responsabilità del governo che ha scelto di mettersi dalla parte di chi vuole picconare il diritto internazionale. Anche per questo abbiamo deciso, come opposizioni, di presentare una mozione di sfiducia al ministro della giustizia Carlo Nordio.