L’attacco del sindacato: «Comparto stremato. A causa anche delle scelte della Regione»
A quasi due anni dallo scoppio della pandemia, nel pieno di una ulteriore ondata di contagi, l’organizzazione del Sistema sanitario nazionale (Ssn) messa in campo da moltissime Regioni «mostra ancora molte delle problematiche già presenti prima del Covid, aggravate dagli esiti dei ventidue mesi che abbiamo alle spalle».
Lo sottolinea la Fp Cgil delle tre province dell’Ausl Romagna, che in una nota inviata alla stampa denuncia: «Il continuo convertire e riconvertire strutture, il passaggio da reparti puliti a reparti Covid in un giorno, la permanente difficoltà della medicina generale, attestano come si sia guardato alla pandemia come a un evento di forte impatto ma di breve periodo, cosa evidentemente smentita dai fatti, con il risultato che sono evidenti i danni derivanti dal mancato svolgimento delle attività ordinarie. Visite e interventi ordinari sempre più difficilmente potranno proseguire a fronte della sempre più critica situazione lavorativa degli operatori».
«A tutto questo – continuano i sindacati – è chiamato ancora una volta a far fronte un personale, sia della dirigenza che del comparto, oramai stremato e disilluso, in quantità colpevolmente insufficiente anche a causa delle scelte effettuate dalla Regione Emilia Romagna, che non sempre ha assunto nelle quantità consentite dai provvedimenti emergenziali e che fino a pochi giorni fa non si è fatta scrupolo a comunicare di non rinnovare contratti precari che stavano scadendo. Ricordiamo, inoltre, tutti gli operatori non vaccinati sospesi e mai sostituiti e tutti i casi di operatori sanitari che si stanno nuovamente positivizzando (ad oggi ben 876), e che da eroi sono tornati ad essere fantasmi per l’opinione pubblica. Ferie e riposi che saltano, doppi turni per portare avanti le attività dei reparti, sia covid che non covid, ecco i sacrifici costanti degli operatori dell’Ausl Romagna. Operatori che spesso si trovano a dover affrontare gli attacchi di pazienti no vax, che rifiutano cure e assistenza».
«Mancano i professionisti, tra cui in particolare infermieri e oss – dichiara Fp Cgil –. Per i primi continuiamo a pensare sia necessario prevedere una sospensione del numero chiuso per l’accesso alle facoltà universitarie, ma forse è giunto il momento di pensare a misure straordinarie simili a quelle che sono state adottate per favorire, data l’emergenza, l’ingresso dei medici specializzandi nelle strutture. A fronte di tutto ciò, le misure adottate con gli ultimi provvedimenti dal Governo continuano a spostare ingenti quantità di denaro pubblico in direzione di un privato che, anche in questa occasione, pare rispondere meno del dovuto alle necessità del Paese, e quando lo fa, basti vedere l’indegna speculazione delle farmacie sul costo delle mascherine Ffp2 prima e dei tamponi ora, pare rispondere ad altre logiche. È forte la preoccupazione che le scelte reali che si stanno via via adottando, anche in previsione della traduzione operativa dei progetti del Pnrr, possano portare, con la condivisione di buona parte della politica e di tante rappresentanze lobbistiche, ad una progressiva cessione di quote rilevanti di gestione del servizio sanitario nazionale in direzione di chi dimostra di considerare la salute dei cittadini come una variabile da declinare in funzione dei margini di profitto che se ne possono ricavare. Uno scenario avverso che rende indispensabile innalzare ulteriormente il livello di presidio e di mobilitazione».