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Bracconaggio alle porte di Faenza? Pare proprio di sì, stando alla denuncia dell’associazione Angeli di Romagna. Nella zona di San Mamante e via Roncona – scrive il presidente Cristian De Benedetto – si spara di giorno e di notte. Un attento monitoraggio ha consentito di rubricare nell’arco di due mesi (luglio e agosto scorsi) ben 16 notti in cui si è sparato. “Siamo in grado di fornire una documentazione dettagliata con date, orari e luoghi in cui è avvenuto”. Della questione si sta occupando la Forestale di Brisighella.

Ad essere presi di mira sono i cinghiali, sotto accusa per i danni che arrecano alle colture agricole. Ma può essere questa una buona ragione per sparare ovunque e a qualsiasi ora?

Il calendario venatorio 2016-17 – afferma ancora l’associazione – prevede che non si possa sparare nei frutteti e nei vigneti senza autorizzazione dei proprietari e che in ogni caso non lo si possa fare contro le piante. Quanto ai cinghiali, le battute per l’abbattimento di capi devono svolgersi nel rispetto di precise regole.

Pur rilevando che i danni provocati dalla fauna selvatica sono in diminuzione, la Regione Emilia Romagna ha stanziato per il 2016 più di sei milioni di euro per indennizzare i produttori agricoli che tali danni subiscono.

Gli Angeli di Romagna evidenziano tuttavia precise contraddizioni. Si incolpano e si uccidono i cinghiali, ma nella stessa zona negli ultimi tre decenni sono stati abbattuti parecchi boschetti per un totale di 8-10mila piante. Lungo Rio Cosina, per un tratto di 500 metri, è stato fatto il deserto: dei circa 1.500 alberi ne sono rimasti in piedi 11. Si altera quindi l’ambiente – anche in modo illegale – e si sottraggono spazi agli animali, sia per il rifugio che per il nutrimento. E si distrugge una biodiversità utile anche ai produttori agricoli.

Una residente nella zona in questione, la signora Maria Rossini, ha di fatto “adottato” una femmina di cinghiale con i suoi cuccioli, curandola e nutrendola, dopo che una pallottola l’aveva colpita a una mammella. Le femmine adulte non possono essere cacciate fino al 30 settembre, ma evidentemente qualcuno l’ha fatto. La notizia è apparsa con grande evidenza anche sulla stampa locale.

Che agricoltori, cacciatori e ambientalisti abbiamo idee molto diverse non è una novità, ma ciò non esime nessuno dal rispetto delle leggi e dei regolamenti.