Si apre la mostra della laguna che prosegue fino al 9 settembre. In programma l'opera di Garrone sugli sbarchi, i film su Pinochet e Ferrari, il ritorno di Stéphane Brizé. Dall'Iran il grido di resistenza. E tante cineaste corrono per il Leone d'oro
l Festival di Venezia arriva a cifra tonda: è l'edizione numero 80. Si apre oggi, 30 agosto, al Lido di Venezia la kermesse diretta da Alberto Barbera, che andrà avanti fino a sabato 9 settembre, il giorno in cui si assegna il Leone d'oro al miglior film. La mostra della laguna, per citare un vecchio programma televisivo, come tradizione comprende il glamour e i tappeti rossi, confermati malgrado lo sciopero di Hollywood (tra i giganti previsti è saltato solo Challengers di Guadagnino). Si attendono i maestri come David Fincher, Roman Polanski, Woody Allen. Ma è tradizione anche dare spazio ai temi sociali, che si fanno specchio del presente e riflettono lo spirito del tempo: donne, lavoro, diritti, guerra, resistenza contro le dittature. Di queste tracce è pieno il cartellone.
Il ritorno di Stéphane Brizé
Partiamo dal concorso, ovvero la sezione principale e il biglietto da visita del Festival. Qui si danno appuntamento alcuni tra i maggiori registi mondiali, il cinema americano si intreccia a quello europeo e italiano. Uno dei maggiori cineasti del lavoro è atteso al Lido: Stéphane Brizé. Dopo la trilogia dedicata totalmente all'occupazione (La legge del mercato - In guerra - Un altro mondo), torna in campo col nuovo Hors-Saison, la storia d'amore tra due persone già adulte, Guillaume Canet e Alba Rohrwacher, che non sarà prettamente un film lavoristico ma di sicuro piantato nel contemporaneo. Lo dice il regista: "Avevo realizzato diversi film che affrontavano i devastanti meccanismi finanziari delle multinazionali, quando è sopravvenuto il Covid. In quanto individui che esistono in gran parte attraverso la propria funzione sociale, probabilmente siamo stati tutti profondamente scossi dalla sconcertante precarietà dell’esistenza. I personaggi riflettono quella vertigine".
L'odissea dei migranti
Il grande film sui migranti sarà Io Capitano di Matteo Garrone. Il tema viene affrontato in modo frontale, di petto: la storia racconta il viaggio avventuroso di Seydou e Moussa, due giovani che lasciano Dakar per raggiungere l’Europa. Affronteranno il deserto, i centri di detenzione in Libia, la tragedia delle morti in mare. Con la crisi dei migranti attualmente in corso sulle coste italiane, un titolo più che mai attuale che farà discutere. Completano il parco degli italiani Comandante di Edoardo De Angelis con Favino (film di apertura), Lubo di Giorgio Diritti, Enea di Pietro Castellitto, Finalmente l'alba di Saverio Costanzo, Adagio di Stefano Sollima.
Pinochet e Ferrari
Tutto il cinema di Pablo Larraín gira intorno alla riflessione sulla dittatura nel suo Paese, il Cile. Torna in concorso stavolta con El Conde (Il conte), che propone una riscrittura inedita di Augusto Pinochet: il dittatore viene dipinto come un vampiro che vive nascosto in una villa fatiscente e ha ormai 250 anni, perché la creatura non può morire. Una provocazione horror, ma anche sulla carta un'idea geniale: e se i dittatori fossero tutti vampiri? Non si fatica troppo a immaginare Putin con i canini sporgenti...
Enzo Ferrari è un simbolo immortale nell'Italia e nel mondo. Colui che ha rivoluzionato l'idea di auto sportiva e ha "inventato" la formula uno. Lo vedremo in Ferrari di Michael Mann, con l'imprenditore interpretato da Adam Driver, uno dei film più attesi della stagione. Nella certezza che sarà lontano dal classico biopic, perché affidato al regista di Heat - La sfida e Insider, uno dei maggiori cineasti viventi che segue il progetto da molti anni.
I film delle donne
Poi le registe donne. Tante animano i dieci giorni lagunari, non per una triste questione di quote rosa, ma perché il cinema delle registe sta crescendo esponenzialmente negli ultimi anni, si impone a livello commerciale e autoriale, vince premi. Chi dice che esistono pochi film femminili sbaglia, basta cercarli in sede di selezione. Ecco allora in concorso la grande polacca Agnieszka Holland con Il confine verde, che racconta i rifugiati dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione europea e restano impantanati nel confine tra Bielorussa e Polonia, appunto. La cineasta nera americana Ava DuVernay arriva con Origin, storia della scrittrice Isabel Wilkerson, vincitrice del Pulitzer, che si preannuncia come ulteriore tassello del cinema black del nostro tempo.
Sofia Coppola, già Leone d'oro per Somewhere, sbarca al Lido con Priscilla, la storia della moglie di Elvis Presley che mostrerà il volto femminile dietro al mito. La belga Fien Troch va in competizione con Holly, parabola su un'adolescente difficile, mentre Małgorzata Szumowska firma con Michał Englert l'intrigante Kobieta Z...: attraverso lo sguardo di una trans si mette in scena il passaggio della Polonia dal comunismo al capitalismo. Fuori concorso una maestra del nostro cinema: Liliana Cavani, 90 anni, che presenta il nuovo film L'ordine del tempo liberamente ispirato al libro di Carlo Rovelli.
Ad assegnare il Leone d'oro sarà la giuria presieduta da Damien Chazelle, il regista di La La Land e ultimamente di Babylon. Inutile dire che c'è parecchia curiosità rispetto ai gusti che porteranno alle scelte finali: premierà il cinema hollywoodiano da cui proviene oppure un grande tema del presente? Staremo a vedere.
La resistenza dell'Iran
Tra le sezioni collaterali, ci piace segnalare le Giornate degli Autori, che scelgono il tema del viaggio in cerca di un’identità. Succede per un regista italiano che va fino a Cuba per girare il suo primo film (Tommaso Santambrogio con Los océanos son los verdaderos continentes). Accade anche a un autore che dalla Germania torna alla sua terra, l’Iran, per girare un film e si trova immerso nella cronaca del Paese (The Sun will rise di Ayat Najafi). In questo titolo il regista Ayat Najafi ci accompagna in un teatro di Teheran con Aftab Mishavad, in un film-documento che segue le vicissitudini di una compagnia teatrale nell’Iran della polizia morale istituita dal regime, e il tentativo di mettere in scena la Lisistrata di Aristofane. Fuori dal teatro intanto avviene la rivoluzione: la giovane generazione iraniana manifesta per la propria libertà e si trova a un punto di non ritorno. Così il regista: “Ci sono film che ti auguri di non dover mai fare. E ci sono film che sono sempre stati nei tuoi sogni. Questo è entrambe le cose. È stato girato in condizioni davvero difficili (...). È stato reso possibile dalle persone libere e dalla loro voglia di libertà”.
Il cinema riparte?
Insomma, passati gli anni difficili del Covid c'è una forte voglia di cinema. Lo dimostrano gli incassi estivi di Barbie e Oppenheimer, che a prescindere dal giudizio hanno riportato il pubblico nelle sale. Nell'epoca delle piattaforme e degli schermi piccoli, se il cinema e ciò che ruota intorno - soprattutto i lavoratori - avranno una ripartenza vera e stabile, sarà anche la Mostra di Venezia a deciderlo con la forza del suo carisma.
Nelle foto dall'alto: Io Capitano di Matteo Garrone, Ferrari di Michael Mann, El Conde di Pablo Larraín, Holly di Fien Troch, The Sun will rise di Ayat Najafi
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