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Gli occhi sbarrati e lo sguardo vitreo di chi si vede sottratto in extremis all’abisso che ha inghiottito altre vite umane sono solo l’ultima immagine di una tragedia alla quale non ci è dato di assuefarci.

Ci sentiamo responsabili di questo esercito di poveri, vittime di guerre e fame, di deserti e torture.

È la storia sofferta di uomini e donne e bambini che – mentre impedisce di chiudere frontiere e alzare barriere – ci chiede di osare la solidarietà, la giustizia e la pace.

Come Pastori della Chiesa non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato.

Rispetto a quanto accade non intendiamo, però, né volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi.

Non possiamo lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determinino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto.

Animati dal Vangelo di Gesù Cristo continuiamo a prestare la nostra voce a chi ne è privo.

Camminiamo con le nostre comunità cristiane, coinvolgendoci in un’accoglienza diffusa e capace di autentica fraternità.

Guardiamo con gratitudine a quanti – accanto e insieme a noi – con la loro disponibilità sono segno di compassione, lungimiranza e coraggio, costruttori di una cultura inclusiva, capace di proteggere, promuovere e integrare.

Avvertiamo in maniera inequivocabile che la via per salvare la nostra stessa umanità dalla volgarità e dall’imbarbarimento passa dall’impegno a custodire la vita. Ogni vita. A partire da quella più esposta, umiliata e calpestata.

La Presidenza della CEI

Roma, 14 luglio 2018

Eminenza Reverendissima Mons. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI

Eccellenze Reverendissime, Vescovi delle Chiese Cattoliche in Italia,

vi scriviamo per riflettere con voi su quanto sta attraversando, dal punto di vista culturale, il nostro Paese e l’intera Europa.

Cresce sempre più una cultura con marcati elementi di rifiuto, paura degli stranieri, razzismo, xenofobia; cultura avallata e diffusa persino da rappresentanti di istituzioni.

In questo contesto sono diversi a pensare che è possibile essere cristiani e, al tempo stesso, rifiutare o maltrattare gli immigrati, denigrare chi ha meno o chi viene da lontano, sfruttare il loro lavoro ed emarginarli in contesti degradati e degradanti. Non mancano, inoltre, le strumentalizzazioni della fede cristiana con l’uso di simboli religiosi come il crocifisso o il rosario o versetti della Scrittura, a volte blasfemo o offensivo.

I recenti richiami - in primis dei cardinali Parolin e Bassetti - al tema dell’accoglienza sono il punto di partenza; ma restano ancora poche le voci di Pastori che ricordano profeticamente cosa vuol dire essere fedeli al Signore nel nostro contesto culturale, iniziando dall’inconciliabilità profonda tra razzismo e cristianesimo. Un vostro intervento, in materia, chiaro e in sintonia con il magistero di papa Francesco, potrebbe servire a dissipare i dubbi e a chiarire da che parte il cristiano deve essere, sempre e comunque, come il Vangelo ricorda. Come ci insegnate nulla ci può fermare in questo impegno profetico: né la paura di essere fraintesi o collocati politicamente, né la paura di perdere privilegi economici o subire forme di rifiuto o esclusione ecclesiale e civile.

E’ così grande lo sforzo delle nostre Chiese nel soccorrere e assistere gli ultimi, attraverso le varie strutture e opere caritative. Oggi riteniamo che l’urgenza non sia solo quella degli interventi concreti ma anche l’annunciare, con i mezzi di cui disponiamo, che la dignità degli immigrati, dei poveri e degli ultimi per noi è sacrosanta perché con essi il Cristo si identifica e, al tempo stesso, essa è cardine della nostra comunità civile che deve crescere in tutte le forme di "solidarietà politica, economica e sociale” (Art. 2 della Costituzione).

Grati per la vostra attenzione e in attesa di un vostro riscontro, vi salutiamo cordialmente.

 

PER INFORMAZIONI

don Giorgio Borroni, Novara - 348 8120572 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

don Rocco D’Ambrosio, Roma - 339 4454584 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

don Francesco Fiorino, Marsala (Tp) - 393 9114018‬ - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

prof.ssa Cristina Simonelli, Verona - 333 2274992 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

prof. Sergio Tanzarella, Caserta - 349 8119835 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 
PER ADERIRE:
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COMUNICATO STAMPA
#Maglietterosse

Erano in tanti, ieri, a Castel Bolognese per rispondere all'appello di Libera "Una maglietta rossa per fermare l'emorragia di umanità". Un appello a cui hanno aderito in moltissimi tra cui Legambiente, Arci, Acli, Medici Senza Frontiere, Amnesty International Italia, AC, Uisp, Fiom Cgil, Articolo 21, Un ponte per, Giustizia e Libertà, Anpi....

L’iniziativa partita da alcune cittadine/i è stata rilanciata dalla sezione Anpi di Castel Bolognese.

Tanti con la maglietta rossa e alcuni anche senza, perché l'unica cosa veramente importante- dicono i partecipanti – è esserci per affermare che non si può assistere alla morte di un essere umano senza intervenire per salvarlo..

Alcune persone hanno mandato una foto con la maglietta rossa, per dire che erano presenti, anche se non fisicamente, ma comunque presenti con il pensiero; altre ancora hanno mandato messaggi per sostenere un'iniziativa di cui condividevano lo spirito e l'intenzione: quella di dire NO AD UN MONDO RAZZISTA E INDIFFERENTE e affermare con forza la necessità di dire SI AD UN MONDO MULTICULTURALE E SOLIDALE.

Alcune auto di passaggio sulla via Emilia- hanno suonato il clacson per simpatia, mentre da un'auto è arrivato un "viva il duce'. “Questo è servito solo a confermare – ribadiscono i partecipanti- che è necessario non trascurare la minaccia ed il rischio di un ritorno ad un "potere forte" che sta già cercando di esercitare il proprio ruolo politico contro chi, in questo momento, ha più bisogno di sostegno e di solidarietà”.

“Usare strumentalmente un "pericolo emigrazione" per inventare e creare dal nulla minacce sociali che non sono supportate da nessun dato reale, è inqualificabile e insopportabile.

Tutto quello che ci sta succedendo attorno, e di cui non possiamo essere spettatori indifferenti, evidenzia a chiare lettere che siamo entrati in un momento storico in cui la responsabilità individuale ha un valore da cui non si può prescindere.” dicono gli organizzatori.

Castel Bolognese, 8 luglio 2018


PER CONTATTI
Licia Tabanelli
cell.
333.4314776

email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.





Giorgio Gatta

Tel. e Fax 0546.561451
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Mi scusi se oso scriverLe una "Lettera aperta", secondo uno stile che inaugurai molti anni fa quando avevo qualche titolo per farlo (non foss'altro Presidente di Pax Christi, Movimento cattolico internazionale per la pace); la Lettera più nota (o...famigerata, ma Lei è troppo giovane per ricordarla) fu quella all'on. Berlinguer, l'allora Segretario del Partito Comunista Italiano.

Scrivo questa lettera sul tema scottante degli immigrati (e la scrivo da un edificio diocesano che ne ospita). Lo  faccio non come antica autorità religiosa al Presidente di un Governo "laico" (anche se un autorevole membro del Suo Governo ha sbandierato, sia pure in campagna elettorale, simboli apertamente religiosi, anzi cristiani, quindi compromettenti) soprattutto dopo i costanti, appassionati appelli di Papa Francesco e le autorevoli istanze dei responsabili della CEI.

Lo faccio come cittadino dell'Italia che, nella Costituzione, garantisce il diritto d'asilo a quanti, nel loro paese, sono impediti di esercitare le libertà democratiche; lo faccio come cittadino dell'Europa, che, nella Carta dei diritti fondamentali, afferma: “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata".

Ci siamo resi conto che Lei, al recente vertice Ue, ha fatto sentire fortemente la voce dell'Italia; ma siamo stati delusi dalla sordità della maggioranza dei rappresentanti dell'Europa (me lo lasci notare, anche delle nazioni tradizionalmente più "cristiane") e dell'incapacità dell'insieme di mantenere le tradizioni "umane" del nostro Continente e dell'ispirazione iniziale della sua unità. Mi lasci dire che siamo - parlo di tanti di cui ho colto il pensiero - altrettanto delusi che, nella difficoltà di ottenere consensi più ampi, l'Italia rimanga su posizioni di chiusura, forse (ma solo “forse” se guardiamo al nostro passato coloniale o ci proiettiamo sul nostro futuro demografico) comprensibili sul piano della contrattazione, non su quello del riferimento a vite umane. Siamo tanti a non volerci sentire responsabili di navi bloccate e di porti chiusi, mentre ci sentiamo corresponsabili di Governi che, dopo avere  sfruttato quei Paesi e continuando a vendere loro armi, poi reagiscono se si fugge da quelle guerre e da quelle povertà; non vogliamo vedere questo Mediterraneo testimone e tomba di una sorta di genocidio, di cui diventiamo tutti in qualche modo responsabili.

Non ignoriamo che i problemi sono immensi, dai rapporti con Paesi  che noi - Europa tutta - abbiamo contribuito a divenire ciò che essi spesso sono (costruttori di lager e tutori di brigantaggi), a quelli con i Paesi di partenza degli immigrati (con cui già i Governi precedenti avevano progettato iniziative, sempre fermate al livello di progetti).Vorremmo davvero che l'Italia, consapevole della sua tradizione  di umanità (prima romana, poi cristiana)  non accettasse di divenire corresponsabile di una tragedia, che la storia ha affidato al nostro tempo e da cui non possiamo evadere.

Al di là di un'incomprensibile indifferenza o di un discutibile privilegio ( "prima gli italiani" - quali italiani? -  o "prima l'umanità"?!), credo che, nell'interesse della pace, aspirazione di ogni persona e di ogni popolo, l'Italia possa e debba essere - per sè e per tutta l'Europa - pioniera di accoglienza, controllata sì, ma generosa.

Con ogni augurio e molta solidarietà.

Albiano d’Ivrea, 2 luglio 2018                        + Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea

Approvato a larghissima maggioranza il nuovo accordo sulla gestione della ristrutturazione degli stabilimenti Cisa -Allegion di Faenza. L'ipotesi di accordo, raggiunta al Ministero dello Sviluppo economico qualche giorno fa, ha visto una marcia indietro dell'azienda che, a fronte del non raggiungimento del numero di 130 dimissioni incentivate, aveva dichiarato di non voler onorare la clausola sociale sottoscritta nel precedente accordo che escludeva i licenziamenti.

La data del 30 settembre per le dimissioni volontarie è stata prolungata fino al 31 dicembre, e poi al 31 marzo 2017, seppur con un incentivo ridotto.

Sarebbe stato ben strano, e inaccettabile, che l'azienda, a fronte degli impegni stabiliti nel primo accordo, e poi da una gestione del processo di ristrutturazione pieno di problemi, ritardi, cambiamenti di destinazione delle delocalizzazioni, volesse rivalersi unicamente sui lavoratori, solo perché mancherebbero poche unità al raggiungimento del numero di riduzione del personale indicato.

Tuttavia, anche se oggi la questione è stata tamponata, restano le preoccupazioni soprattutto sulla parte propositiva del vecchio accordo. Le macchine di produzione escono dalla fabbrica, ma le nuove linee di produzioni per le serrature elettroniche, il famoso "Centro di eccellenza per la ricerca e lo sviluppo" tardano a vedersi. E' su questi, e su altri investimenti, che si determinerà se c'è un futuro per una presenza qualificata della Cisa a Faenza.