È stato un bagno di folla e un evento mediatico, ma con forti riflessi politico-ecclesiali, il viaggio del papa a Verona, in occasione dell’Arena di Pace 2024. L’incontro, presentato da Amadeus in un ennesimo corto circuito tra «sacro e profano», è stato solo il culmine di un processo di approfondimento, dialogo e confronto di numerose realtà ecclesiali su Migrazioni; Ecologia integrale e stili di vita; Lavoro, economia e finanza; Diritti e democrazia; Disarmo. E un modo per misurare la forza e il radicamento che la Chiesa può ancora mostrare su temi che in modo inedito la vedono ormai molto distante sia dai governi che da parte dell’opinione pubblica occidentale. La guerra in Ucraina e a Gaza ne sono stati esempi particolarmente dirompenti, come già in precedenza il tema dei migranti.
Sotto papa Francesco – ma il processo era cominciato già da prima di lui – il rapporto tra il pontificato e l’opinione pubblica laica e cattolica è molto cambiato. Dopo secoli in cui il papa è stato percepito come una figura ieratica e distante, si è passati in pochi decenni da Pio XII che si faceva riprendere solo dopo aver attentamente studiato ogni gesto o parola, a Francesco, che risponde in diretta a domande di ogni tipo e parla a braccio anche della sua vita privata. Questo processo di «umanizzazione», già intrapreso Wojtyla, Bergoglio lo ha particolarmente accentuato; e oltre che omologare definitivamente la Chiesa a una dimensione «pop» cui era (forse) ormai impossibile sottrarsi, l’attuale pontefice ha però veicolato anche contenuti sociali e messaggi politici, specie legati al tema della giustizia, della pace e del disarmo. Anche il programma della visita del papa è stato intensissimo. Decollato dall’eliporto del Vaticano, Bergoglio di buon mattino è atterrato nel piazzale adiacente allo Stadio Bentegodi. Di lì in auto alla Basilica di San Zeno, dove ha incontrato in chiesa preti e consacrati e, in piazza, bambini e ragazzi. Quindi il trasferimento all’Arena per presiedere l’Incontro «Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno». Il papa è arrivato mentre don Luigi Ciotti parlava di no alla guerra e alle armi. E sul palco ha ricevuto la bandiera della pace dal missionario comboniano padre Alex Zanotelli, una vita spesa a difesa degli ultimi e tra i massimi riferimenti della Chiesa progressista.
Bergoglio ha poi risposto ad alcune domande poste dagli operatori e dai rappresentanti dei movimenti popolari presenti. Il tono è sempre quello che mescola il senso comune a uno sguardo in parte tradizionale e in parte progressista sull’attualità contemporanea, specie su guerre e diritti. Come in questo passaggio: «La cultura fortemente marcata dall’individualismo rischia sempre di far sparire la dimensione della comunità, dei legami vitali che ci sostengono e ci fanno avanzare. E questa in termini politici è la radice delle dittature. E inevitabilmente produce delle conseguenze anche sul modo in cui si intende l’autorità». Chi ricopre un ruolo di responsabilità rischia così «di sentirsi investito del compito di salvare gli altri come se fosse un eroe. Questo avvelena l’autorità». L’intervento del papa è stato tutto segnato dal no alla guerra e dal sì alla comunità: «Sono sempre più convinto che il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È soprattutto nelle mani dei popoli. Voi, però, tessitrici e tessitori di dialogo in Terra Santa, chiedete ai leader mondiali di ascoltare la vostra voce, di coinvolgervi nei processi negoziali, perché gli accordi nascano dalla realtà e non da ideologie. La pace si fa con i piedi, le mani e gli occhi dei popoli». Il papa ha stretto a sé in un abbraccio l’israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sairah, al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello; i due, ora amici e collaboratori, sono stati salutati dall’arena con una standing ovation.
Dopo l’Arena, il papa ha raggiunto la Casa Circondariale di Montorio, per un incontro con gli i detenuti, gli agenti di Polizia Penitenziaria, gli operatori e volontari. «Conosciamo la situazione delle carceri, spesso sovraffollate, con conseguenti tensioni e fatiche. Vi sono vicino e rinnovo l’appello affinché si continui a lavorare per il miglioramento della vita carceraria», ha detto il papa, che con i detenuti ha anche pranzato, per poi recarsi in auto allo stadio per la messa di Pentecoste coi giovani