Il partito secolarista Chp supera l’Akp a livello nazionale. Un sorpasso storico. Imamoglu: «Avete aperto la porta per il futuro. Ha vinto la democrazia»
ISTANBUL — «Abbiamo vinto, è finita l’era del’uomo solo al comando». È raggiante Ekrem Imamoglu , il sindaco di Istanbul che, con il 99% delle schede scrutinate, ha ottenuto più del 50% dei consensi, venendo riconfermato come primo cittadino e battendo quindi Murat Kurum, il candidato sostenuto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, fermo al 40%. Quando sale sul palco la piazza esplode in un grido liberatorio, lo acclama come il vincitore di una guerra lunghissima. «I 16 milioni di cittadini di questa città hanno vinto —grida —, donne, giovani, curdi, cristiani, siriani, ebrei e le persone di tutti i credi hanno vinto». La folla gli chiede di togliersi la giacca e la cravatta, un gesto che ormai fa in tutti i comizi. Si arrotola le maniche. Ora è uno del popolo. «Quello di oggi —ha detto— è un messaggio per il presidente Erdogan e per il governo. I soldi ora devono essere spesi per la gente, basta sprechi».
Ieri sera, non appena la vittoria di Imamoglu è apparsa chiara, la gente si è data appuntamento nella piazza Sarachane, nel quartiere di Fatih, roccaforte del partito islamico. Un fiume di persone, giovani, famiglie con i bambini in braccio, le bandiere rosse con la mezzaluna in mano, si è riversato per le strade ballando e cantando in un’esplosione di felicità che non si vedeva da tempo. Quando lui è arrivato sul palco hanno il suo nome «Ekrem Imamoglu», «Ekrem Imamoglu». Le luci dei telefonini, i fuochi d’artificio, le lanterne in cielo hanno creato un’atmosfera da fiaba. «La Turchia è nata secolare e tale rimarrà». «Erdogan dimettiti», hanno gridato.
«Il quadro mi sembra meraviglioso, siamo molto felici. Il 40% delle schede è stato scrutinato e siamo in testa». Con queste parole il sindaco uscente Ekrem Imamoglu, uno degli esponenti di punta del partito kemalista Chp, spina nel fianco del presidente Recep Tayyip Erdogan, si era rivolto ai giornalisti nel quartier generale del partito ad Istanbul alle 19,45 ora locale (le 18,45 in Italia). A differenza di 5 anni fa, il Chp ha vinto anche nella maggior parte dei distretti della
metropoli sul Bosforo, riconquistando dopo 30 anni la centralissima Beyoglu e persino Uskudar il distretto natale di Erdogan dove ha vinto una donna.
Opposizione in piazza anche ad Ankara dove il primo cittadino uscente della capitale Mansur Yavas ha chiuso la partita con un vantaggio di trenta punti sul suo avversario Turgut Altinok. Vittoria secolarista nella roccaforte Izmir, la terza città del Paese e in altre grandi città come Adana e Mersin. Una sorpresa è stata la sconfitta dell’Akp a Bursa, altro grande centro industriale del Paese dove Erdogan ha sempre vinto nelle ultime elezioni. Al presidente turco rimangono i centri principali della costa del Mar Nero e buona parte dell’Anatolia centrale, dove comunque il Chp ha strappato alcune province all’Akp e il partito nazionalista di opposizione Iyi si è imposto a Nevsehir. Altre sorprese in Anatolia sono arrivate dagli ultrazionalisti della Grande Unione, Buyuk Birlik, che con un partito che non arriva al 2% conquistano un centro importante come Sivas, mentre il partito religioso Refah ha strappato all’Akp di Erdogan la provincia di Yozgat.
Ieri notte, alle 12,30, il Sultano, come lo chiamano i suoi detrattori ha ammesso la sconfitta: «Non siamo riusciti a ottenere il risultato che volevamo alle elezioni locali. C’è del buono in tutto ciò che accade. Il popolo ha preso la sua decisione. La nostra commissione elettorale suprema annuncerà i risultati. Esamineremo le conseguenze di questa flessione». I dati parlano chiaro. L’Akp ha perso il primato dei consensi a livello nazionale attestandosi al 35,49% contro il 37,74 del Chp. Un sorpasso che si può certamente definire storico.
La riconquista della capitale economica del Paese, persa nel 2019 dopo quasi mezzo secolo di governo incontrastato, è stata in questi mesi il chiodo fisso del presidente turco che ha mobilitato l’intero esecutivo a sostegno del candidato sindaco, dando così una valenza nazionale al risultato.
Il voto si tenuto in 81 comuni sparsi su tutto il territorio nazionale, con 61 milioni di aventi diritto al voto. Ma il budget della megalopoli, con 516 miliardi di lire turche (14,70 miliardi di euro), fa impallidire le altre città, compresa Ankara che ha a disposizione 92 miliardi di lire turche.
«Chi governa Istanbul governa la Turchia» ama ripetere il Sultano che qui è nato ed è stato primo cittadino dal 1994 al 1997. «Mostreremo rispetto per la volontà popolare, ma sono certo che nessuno permetterà che altri cinque anni vengano sprecati», ha detto ieri durante l’ennesimo comizio nella città sul Bosforo, trasmesso in diretta dalla tv di Stato Trt.
Ieri ad Istanbul, nel quartiere di Cihangir, il seggio elettorale sito nella scuola Firuzaga Ilkokulu non era pieno come al solito. Si dice per colpa dei bagordi notturni post ramadan. In Turchia l’afffluenza alle urne è di solito molto alta, nel 2019 nella città sul Bosforo aveva raggiunto il 90% ma con nove elezioni in dieci anni i cittadini potrebbero cominciare a dare segni di stanchezza. Fuat, 42 anni, è venuto al seggio con la madre Dondu, 72 anni, che indossa un velo nero sul capo. Lui ha votato per Imamoglu: «Speriamo che prima o poi cambi anche il governo nazionale, non ne possiamo più». La donna, invece, è una ferma sostenitrice dell’Akp perché si fida solo di Erdogan, come anche Hussein, 41 anni: «Imamoglu non ha fatto niente, almeno il presidente ha delle idee e poi se vince Kurum saremo in sintonia con il governo nazionale». La fiducia nel presidente turco è grande. Adem, 60 anni, è convinto che Erdogan si ritirerà alla fine di questo mandato e non cercherà di forzare la Costituzione per rimanere in pista. «Lui è quanto di meglio potessimo avere - dice - Il più importante di tutti. Dopo Ataturk naturalmente».
Ci spostiamo in una scuola nel quartiere di Fatih, quartiere molto religioso dove l’Akp vince da sempre, Qui l’affluenza sembra molto più alta. E si vocifera che per la prima volta il candidato del Chp Mahir Polat potrebbe conquistare il distretto. La battaglia in corso arriva a dividere le famiglie. Ibrahim, 60 anni, ci spiega che ha votato per Imamoglu sindaco perché la posizione dell’Akp su Gaza è ipocrita: «Dicono che sono contro Israele ma poi ci fanno affari». Nel segreto dell’urna, però, il voto locale su Fatih è andato al candidato dell’Akp. Ali, il figlio, 30 anni, lo guarda divertito: «Papà ma avevo capito che avremmo appoggiato il Chp, non sapevo che avessi cambiato idea». La madre, velata di bianco, annuisce e si fa rossa. «Noi siamo curdi - spiega il ragazzo, dovremmo scegliere i Dem (il nuovo nome del partito filo curdo) ma non vogliamo disperdere il voto».
A differenza di quanto è accaduto nelle presidenziali dello scorso anno l’opposizione non è riuscita a formare un’alleanza per contrastare la coalizione tra l’Akp e i nazionalisti di Devlet Bahceli. Così l’Iyi Parti di Meral Aksener che i filocurdi Dem hanno schierato i propri candidati che, secondo i sondaggi, non andranno oltre il 3% dei voti ad Ankara ed Istanbul.