IL LIMITE IGNOTO. Anastasia Chivakina, del movimento "Mogli e madri": «Chi fugge non è un vero ucraino ma chi sta combattendo deve poter staccare»
Odessa, manifestazione delle "Mogli e madri dei soldati»
Sembra il momento della resa dei conti al fronte. In un video diffuso ieri su internet si vedono dei soldati russi giustiziare almeno due soldati ucraini appena usciti da una trincea, disarmati e in stato confusionale. È accaduto nei pressi di Robotyne, a sud di Zaporizhzhia. E si tratterebbe del secondo caso in pochi giorni di esecuzioni sommarie di uomini inermi dopo Avdiivka.
Robotyne è una delle roccaforti di Kiev lungo la linea del fronte meridionale, teoricamente protetta da una fitta rete di trincee e da campi minati. Sembra, tuttavia, che i russi siano riusciti a superare la prima linea di campi minati e che ora stiano puntando dritti verso la fortezza nemica. Intanto qui nell’est la situazione non accenna a migliorare per i difensori che sono costretti a fronteggiare i continui attacchi missilistici dei russi e temono una nuova avanzata verso Ugledar, del sud dell’oblast di Donetsk. A poca distanza, la strada che esce da Avdiivka è ricoperta da centinaia di corpi di soldati ucraini. Sono i militari che hanno tentato di mettersi in salvo quando la città era già praticamente persa, il che smentisce le dichiarazioni del nuovo Comandante in capo delle forze armate ucraine Syrskyi secondo il quale la «ritirata era stata ordinata per salvare la vita dei militari». In realtà, a quanto sembra, gli unici che sono riusciti a salvarsi sono quelli che sono scappati autonomamente e quelli che si trovavano già nelle retrovie.
È un momento duro per i militari ucraini al fronte. A Odessa avevamo incontrato Anastasia Chivakina, una ragazza di 22 anni che è tra le organizzatrici delle proteste delle «mogli e madri» dei soldati sul terreno.
Come è nato il vostro movimento?
In realtà non so chi e quando ha creato il gruppo Telegram dove abbiamo iniziato a parlare. All’inizio eravamo 50 persone di Odessa, ci siamo organizzate, ci siamo incontrate e abbiamo lanciato il primo sit-in pacifico. Con il tempo siamo arrivate a 2mila persone in 20 città ucraine e ora siamo circa 4mila. Non ci rendevamo bene conto di quante persone come noi aspettassero da mesi il ritorno dei propri cari dal fronte e del fatto che moltissimi si sentissero senza voce.
Lei chi sta aspettando?
Mio marito, Nikola. Dall’aprile del 2022 è in prima linea ed è tornato a casa due volte per dieci giorni… in due anni.
Ci può descrivere brevemente come funziona la rotazione adesso nelle truppe ucraine al fronte?
In realtà la rotazione è un problema enorme nel nostro esercito. Diciamo che non esiste una regola che riguarda tutti. Se sei capitato in una brigata o un’unità che lo permette puoi andare, altrimenti può darsi anche che tu non torni mai nelle retrovie.
Dunque voi per cosa protestate?
Noi chiediamo che ci siano dei limiti per il servizio al fronte. Abbiamo proposto la durata massima di 18 mesi, passati i quali i militari devono poter tornare a casa per potersi riposare, per poter fare un po’ di ‘riabilitazione’. Dovete immaginare che i soldati al fronte vivono in condizioni durissime e hanno bisogno di un’assistenza psicologica specializzata. La maggior parte dei ragazzi con cui parliamo ha un disperato bisogno di risposo, che qualcuno li sostituisca per un arco di tempo sufficiente. Ma sembra impossibile.
Nel vostro gruppo parlate anche di pace? Cioè protestate anche per spingere il governo a trovare un modo di finire la guerra?
Sinceramente noi non ne parliamo… è una cosa quasi impossibile in queste condizioni. Diciamo che ci concentriamo su una questione pratica, vorremmo la smobilitazione.
E come si può continuare la guerra con la smobilitazione?
Smobilitazione vuol dire che un militare che ha servito per un tot di mesi poi non può più essere richiamato per un lungo periodo. Cioè non possono obbligarti a lavorare nelle città o nelle retrovie e poi dopo 2 o 3 mesi risbatterti in prima linea. Così non stacchi mai, non riesci mai ad avere una vita normale.
I funzionari governativi o militari vi criticano per ciò che fate? Avete ricevuto pressioni?
I soldati ci hanno ringraziato fin da subito. Ma, soprattutto all’inizio, la gente si fermava per prenderci in giro. Qualcuno su internet ci accusava di fare del male al Paese. Noi, capisce? Vedi uomini che potrebbero stare al fronte ma girano in città tranquilli che ti trattano da sobillatrice. Anche l’opinione pubblica è contraria alle nostre proposte perché per loro la smobilitazione significa mobilitazione di altri, che spesso sono gli stessi che ci criticano. Però la guerra non può gravare solo sulle spalle di alcuni.
Non si sente tradita dal fatto che c’è una parte dell’Ucraina che non sta facendo abbastanza? Cosa pensa di quegli ucraini maschi che sono in età da leva e che magari sono nel resto d’Europa e non vogliono tornare a combattere?
La situazione è troppo sbilanciata, però molti dei nostri familiari sono andati volontari al fronte e noi per questo abbiamo iniziato da subito ad aiutare l’esercito. Vogliamo a fare tutto il possibile per loro, perché stiano ameno un poco meglio. Quegli uomini che erano in età di leva e sono scappati in Europa non sono dei veri ucraini, possono restarsene dove sono e non tornare più. Quelli che sono qui e si nascondono fanno bene ad avere paura perché se li trovano andranno al fronte chissà per quanto. Io li capisco in un certo senso. Ma è anche per questo che noi lottiamo, perché un soldato possa sapere quando potrà tornare a casa.
Vista la situazione e l’esperienza che sta vivendo suo marito, se potesse tornare indietro cercherebbe di sconsigliarli di arruolarsi?
Nikola si è arruolato volontario perché crede nella causa, crede che domani potremo vivere in ucraina da ucraini e in pace. Se non fosse per le mie condizioni di salute ci sarei andata anch’io