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GAZA. Hamas ha dato la sua risposta alla proposta di cessate il fuoco emersa al vertice di Parigi. Israele la esamina. Biden la descrive come «esagerata».
 

Rana Al Faqeh, del call center di emergenza della Mezzaluna rossa a Ramallah, ha provato in tutti i modi a restare in contatto con Hind Hamada, ha fatto di tutto per rassicurare la bambina che, terrorizzata, riferiva al telefono dell’avvicinarsi di un carro armato israeliano. Poco prima anche la mamma, Wissam, aveva provato a calmare la figlia che lei stessa aveva messo sull’auto di uno zio diretto, con la cugina 15enne Layan e altri due bambini, al rifugio dell’ospedale Ahli a Gaza city. «Il carro armato è accanto a me. Si sta muovendo», ha gridato Hind. Rana ha cercato di mantenere la calma. «È molto vicino?», ha domandato. «Molto» ha risposto Hind con un filo di voce. «Verrai a prendermi? Ho tanta paura». La bambina in quel momento era in vita, ferita alla mano come aveva detto alla mamma, ma circondata dai cadaveri dei suoi parenti uccisi, pensano alla Mezzaluna rossa, da una raffica sparata dal mezzo corazzato contro l’auto. Poi, dopo urla di paura registrate dal call center, da Hind è giunto solo il silenzio. Di lei non si è saputo più nulla, così come si sono perse le tracce di Yousef Zeino e Ahmed Madhoun, i due paramedici che non avevano esitato a salire sull’ambulanza per tentare di raggiungere la bambina anche se non era stato possibile localizzare con precisione l’automobile. «Dov’è Hind? Dove sono Yousef e Ahmed? Sono ancora vivi? Vogliamo conoscere il loro destino», ha scritto ieri la Mezzaluna rossa su X.

Hind Hamada

Hind era partita da casa sua, a Gaza City, il 29 gennaio. Quella mattina l’esercito israeliano aveva intimato ai palestinesi di evacuare le zone a ovest della città e di spostarsi a sud lungo la strada costiera. Si pensa che l’auto si sia trovata inaspettatamente faccia a faccia con i carri armati israeliani, finendo sotto il fuoco dei tank. Nella telefonata registrata, la prima a rispondere è Layan. La conversazione finisce con il suono degli spari e le urla. Quando la Mezzaluna Rossa richiama, è Hind a rispondere, con la voce soffocata dalla paura. La bambina è l’unica sopravvissuta nell’auto. «Nasconditi sotto i sedili. Non farti vedere da nessuno», le dice Rana. In quelle ore la Mezzaluna Rossa a Ramallah, si appellava all’esercito israeliano affinché consentisse alla loro ambulanza di soccorrere Hind. I paramedici a un certo punto hanno detto di essere quasi arrivati nella zona con la bambina. Poi la linea si è interrotta definitivamente. Né le squadre della Mezzaluna Rossa a Gaza, né la famiglia di Hind, sono stati in grado di raggiungere il luogo che si trova all’interno di una zona di combattimento attiva controllata dall’esercito israeliano.

La storia di Hind, divenuta tra i palestinesi il simbolo di tutti i bambini di Gaza, oltre 10mila uccisi dal 7 ottobre, è stata ignorata per giorni. Ora comincia a girare e il premier israeliano Netanyahu avrebbe potuto ordinare alle sue forze armate di lasciar passare i soccorritori, in modo da cercare e recuperare i corpi della bambina e dei suoi parenti e quelli dei paramedici della Mezzaluna rossa che si ritengono morti. Il primo ministro ha altro per la testa. Ha fatto sapere di aver accolto con sdegno la notizia dell’esercitazione condotta dalle forze armate in cui è stato simulato un rapimento effettuato da coloni israeliani a danno di civili. Per questo ha subito ordinato una inchiesta, riferisce The Times of Israel, perché non è «disposto ad accettare una tale mancanza di cuore nei confronti dei nostri fratelli e sorelle in Giudea e Samaria (la Cisgiordania occupata, ndr)». A dar manforte a Netanyahu e alla destra estrema è arrivato ieri in Israele l’ultraliberista presidente argentino Milei che ha confermato la sua fama di clone di Donald Trump affermando, appena atterrato, che sposterà l’ambasciata del suo paese da Tel Aviv a Gerusalemme ovest, la zona ebraica della città.

Oggi invece giunge a Tel Aviv il segretario di Stato Blinken, alla sua quinta missione in Medio oriente negli ultimi quattro mesi. Durante una conferenza stampa ieri a Doha, dopo la tappa in Egitto, Blinken ha detto che «c’è stato qualche movimento» riguardo la possibilità di una tregua a Gaza. E che gli Stati Uniti stanno esaminando il riscontro dato alla proposta concordata a Parigi da Usa, Israele, Egitto e Qatar per una «nuova pausa umanitaria». Dagli Stati Uniti, il presidente Biden ha parlato di una risposta di Hamas «un po’ eccessiva» ma che le trattative continuano. Il premier del Qatar, Mohammed Al Thani, ha confermato da parte sua che Hamas ha dato la sua risposta ma, ha precisato, «i particolari non possono essere discussi ora». Secondo indiscrezioni, il movimento islamico continua a chiedere la fine definitiva dell’offensiva israeliana a Gaza e del blocco israelo-egiziano sulla Striscia, la ricostruzione dell’enclave e il rilascio dei prigionieri politici palestinesi in cambio della liberazione degli ostaggi.

Al Cairo e Doha, Blinken ha discusso con il presidente El Sisi e i regnanti qatarioti più di ogni altra cosa degli ostaggi israeliani a Gaza e, all’interno dell’accordo di tregua, della loro liberazione. Gli ostaggi erano e restano il tema centrale nel dibattito in Israele. E le autorità militari, a commento di un articolo del New York Times, hanno confermato che, sulla base di notizie di intelligence, 31 dei 136 ostaggi sono morti. Non solo, hanno aggiunto che potrebbero essere deceduti altri venti sequestrati